Recensione alla seconda edizione di “Pestifera la mia vita”, di Claudio Lavazza

Recensione alla seconda edizione di Pestifera la mia vita, di Claudio Lavazza

Si tratta della nuova edizione, aggiornata alla situazione odierna del compagno Claudio Lavazza, della Prima edizione italiana (2011) curata dalla Biblioteca popolare Rebeldies di Cuneo, in coedizione Cassa anti-rep Alpi Occidentali-Cuneo, Cassa di Solidarietà anticarceraria-Latina, El Paso-Torino e Porfido-Torino. L’edizione originale Autobiografia de un irreductible, esce nel 2010 per le “Ediciones Autonomas” di Madrid.

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Recensione alla seconda edizione di Pestifera la mia vita, di Claudio Lavazza

Claudio Lavazza
Pestifera la mia vita
Tipografia L’Impatience, Marsiglia, 2021, 323 pagg.

Si tratta della nuova edizione, aggiornata alla situazione odierna del compagno Claudio Lavazza, della Prima edizione italiana (2011) curata dalla Biblioteca popolare Rebeldies di Cuneo, in coedizione Cassa anti-rep Alpi Occidentali-Cuneo, Cassa di Solidarietà anticarceraria-Latina, El Paso-Torino e Porfido-Torino. L’edizione originale, Autobiografia de un irreductible, esce nel 2010 per le “Ediciones Autonomas” di Madrid.

Le autobiografia, le memorie, i ricordi … cioè quel settore particolare della Storia (e della letteratura, se si vuole), quindi quelle rimembranze degli autori che riflettono e ricostruiscono da sé il proprio tragitto esistenziale (o parte di esso), in quanto presuppongono la seria ed approfondita riflessione sugli avvenimenti vissuti personalmente, ben più delle biografie redatte da altri rappresentano senza dubbio dei reperti su cui dovrebbe costruirsi la Storia reale delle vicende umane. Salvo una capacità dell’autore di costruire di sé una figura fantasmagorica, tanto falsa da riuscire ad imbrogliare tutti i possibili lettori, o, nel caso di memoria vocale, i possibili uditori.

Ovviamente le apologetiche ricostruzioni non entrano nel conto, proprio perché tali.

A caratterizzare la autobiografia di Claudio è la continuità, che emerge dalla prima fino all’ultima pagina, della sua straordinaria onestà, per sé stesso e per il lettore, che ben lungi dal considerare di volta in volta le proprie singole scelte, e nel complesso il proprio percorso vitale come “eccezionale”, straordinario (e per certi versi lo è), pone le une e l’altro come elementi per così dire necessitanti del suo specifico essere: proletario figlio di proletari che fin da piccolo rifiuta quel mondo che riserva per lui, per i suoi e per tutti quelli della loro stessa classe condizioni di vita che della vita sono, invece, la rinuncia, lo sberleffo, la riduzione ad appendici di un sistema automatizzato che produce e riproduce i meccanismi dello sfruttamento, dell’alienazione dell’esistenza nel suo complesso.

« … Mi è nato il desiderio di lasciare un’impronta del mio passaggio, perché sono convinto dell’importanza dei libri come memoria storica per non dimenticare … non servirebbe però a niente questo mio lavoro, se ci si limitasse alla semplice e piacevole lettura per vincere la noia, e di poco aiuterebbe la crescita individuale e collettiva, se da questi scritti non si cogliesse un insegnamento costruttivo per non tornare a ripetere gli stessi errori … ma non di soli errori è costellata la mia esperienza di lotta …».

All’origine, un bambino a cui è negato il totale, pieno affetto quotidiano dei genitori, impiegati dal lunedì al fine settimana a produrre per un padrone grande o piccolo che, dietro il pizzo orario del prodotto del loro lavoro realizza quel fatidico profitto che sta a monte ed a valle del processo capitalistico. Un bambino che scorge la differenza di attenzione dei suoi tra la domenica e gli altri giorni, e che scorge la loro pena non nel loro carattere personale, nell’accidia delle loro personalità bensì in ciò che sono costretti a sopportare nei giorni lavorativi.

Ecco un punto su cui, in questa nuova lettura del libro di Claudio, mi son trovato a riflettere, e che immediatamente mi porta a considerare l’importanza che ricopre la sensibilità dell’individuo nel valutare le cose che il “vivere” in questa infame società ci pone di fronte. Certo, l’ambiente sociale in cui l’individuo è immerso può favorire o reprimere questa sensibilità, acuirla o soffocarla a seconda delle coordinate culturali dominanti. In questo senso, Claudio ha cercato e trovato, per sua volontà, per sua scelta (il suo voler partecipare a quel “movimento di classe” di cui apprendeva nel suo piccolo e isolato paese “di periferia”) l’ambiente che presupponeva fosse in grado di soddisfare parte almeno delle sue riflessioni e insoddisfazioni.

Un tragitto, il suo, che ben lungi dall’essere “evoluzione naturale della cose”, è stato invece frutto della sua spiccata personalità, della sua ferrea e costante volontà di cercare e percorrere, andandogli incontro e non aspettando di incontrarlo per fatalità.

Ecco un caso di approccio al movimento rivoluzionario che non è il frutto di una qualche preparazione scolastica, o acquisizione di “cultura dottrinaria”; al contrario, la preparazione e l’acquisizione di quegli elementi dottrinari e specifici delle molteplici varianti che costituivano quel calderone del movimento del e post Sessantotto, in cui Claudio si è infine identificato, è venuto nella partecipazione attiva alle lotte del periodo.

Questa forte personalità, manifestata fin dalla fanciullezza, è la costante che si percorre in tutto il libro, e caratterizza tutti gli avvenimenti e le scelte operate in oltre 40 anni di operatività. Il carattere così fortificato «… alla fine mi son deciso, non si torna più indietro» è il paradigma dell’autobiografia di Claudio Lavazza. Che non significa, certo, che non si facciano errori, « … ma non di soli errori è costellata la mia esperienza di lotta»; semplicemente, le scelte una volta ponderate, devono essere pur fatte …

La riproduzione di documenti, gli avvenimenti della lotta ampiamente descritti, evidenziano la ponderazione delle scelte che si trova ad effettuare Claudio, sia che si tratti di realtà fuori dalla galera, che di quelle affrontate nella lunga carcerazione.

La situazione attuale del nostro compagno, come ben risaputo, è gestita dallo Stato francese, che vuole fare di Claudio un ostaggio su cui vendicarsi per le beffe subite in passato, e farne un parafulmine attuale delle svolte sempre più autoritarie che, al pari di tutti gli Stati d’Europa e non, si trova ad operare, necessitato dal riassetto nazionale ed internazionale delle inedite forme di sfruttamento ed oppressione che garantiranno nel prossimo futuro l’estrazione del profitto ed il dominio.

La nuova edizione di Pestifera la mia vita, è ricca di spunti per i compagni e le compagne che sentono nelle proprie vene la rabbia per l’ingiustizia sociale che Claudio ha individuato fin da bambino e combattuto per tutta la sua esistenza.

Che possa essere nuovamente libero fra noi, la nostra lotta ne guadagnerà.

Costantino Cavalleri
Settembre 2022