Dichiarazione di Lello Valitutti al processo Scripta Manent (Torino, aprile 2018)

Dichiarazione di Lello Valitutti al processo Scripta Manent (Torino, aprile 2018)

Iniziamo la pubblicazione di una serie di testi sul processo Scripta Manent, recentemente giunto alle ultime udienze riguardanti solo i compagni Anna Beniamino e Alfredo Cospito in relazione all’accusa di strage contro la sicurezza dello Stato (art. 285 c. p.), mentre tutte le altre condanne erano già state definite dalla corte di cassazione nel luglio 2022. Al termine dell’udienza del 26 giugno 2023 la corte d’assise d’appello di Torino ha stabilito l’entità delle condanne per i compagni: 17 anni e 9 mesi per Anna e 23 anni per Alfredo. Giunge così al termine il procedimento repressivo. Non giungono invece al termine l’urgenza della solidarietà e la necessità di stimolare l’approfondimento critico, quindi di ravvivare quella fiaccola dell’anarchia che continua a infiammare le nostre coscienze e a tormentare i sogni di padroni e governanti.

Il testo che pubblichiamo — ringraziamo i compagni che l’hanno conservato, dato che era da qualche tempo di difficile reperibilità — è una dichiarazione del compagno Lello Valitutti risalente all’aprile 2018, durante il processo di primo grado, svoltosi nell’aula bunker interna al carcere torinese “Le Vallette”. Al termine del processo 13 compagni sono stati condannati per istigazione a delinquere (art. 414 c. p.) con l’aggravante della finalità di terrorismo, in buona parte per il progetto di Croce Nera Anarchica, altri per i siti internet Culmine, Iconoclasta, Parole Armate, RadioAzione e Anarhija. Il compagno autore di questa dichiarazione è uno tra questi, condannato al termine del processo d’appello e in cassazione a 2 anni di carcere per istigazione a delinquere in relazione alla pubblicazione dell’ultima edizione di “Croce Nera Anarchica” (2014-’17) e alla gestione dell’omonimo sito internet (2014-’19), e assolto per l’accusa di associazione sovversiva con finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico (art. 270 bis c. p.).

Quella di istigazione a delinquere è un’accusa che “ritorna” periodicamente e sistematicamente contro gli anarchici (specialmente nelle ultime operazioni repressive) e non solo, espressione della solita “mentalità” sbirresca e giuridica che vede (come avvenuto ad esempio con il provvedimento di trasferimento in 41 bis per Alfredo Cospito) istigazioni e ruoli “orientativi” — quindi gregarismo e subordinazione — anche laddove non ve ne sono mai state. È questo il caso degli anarchici, che pongono da sempre alla base del proprio connubio teorico-pratico l’autonomia integrale di pensiero e di azione, negando con i fatti qualsivoglia istigazione. Iniziamo quindi con questa dichiarazione la pubblicazione di una serie di testi riguardanti il processo Scripta Manent, un procedimento di fondamentale importanza per comprendere la natura dell’offensiva repressiva dello Stato italiano in questi ultimi anni, auspicando che possano essere di stimolo alla riflessione. 


DICHIARAZIONE DI LELLO VALITUTTI AL PROCESSO SCRIPTA MANENT

Lello Valitutti, Dichiarazione durante un’udienza del processo Scripta Manent (Corte d’assise, tribunale di Torino, aula bunker interna al carcere “Le Vallette”, aprile 2018). Il testo che segue è la trascrizione della dichiarazione spontanea in udienza.

Vorrei chiarire con calma alcuni punti, scusate se sono un po’ didattico ma è importante. Loro hanno messo in campo un meccanismo di questo tipo: hanno detto “questa persona ha perso una gamba, ha perso un braccio, gli manca un occhio, quindi è diventata cattiva”. Cioè, hanno descritto questa fase attuale del movimento anarchico come se fosse una novità, ma è assurdo signori! Da quando esiste l’anarchia, dal 1800 fino ad adesso, il movimento anarchico ha sempre avuto tre correnti fondamentali: quella più legalista, quella insurrezionalista e quella degli anarchici individuali. È sempre stato così, non lo dico io, lo dicono i fatti, lo dice la storia. Loro hanno creato una finta situazione di eccezionalità, cercando di ingannare i giudici, e questo a me non piace, non piace per niente.

Dopo cosa succede: quando passa il tempo il movimento anarchico si ricompatta sempre. Gaetano Bresci, viva il tirannicida, era un compagno anarchico che adesso tutte le correnti anarchiche riconoscono come tale, come un grande compagno, perché con il tempo cosa prevale? L’unità dell’idea anarchica, l’essenzialità dell’idea anarchica, prevale sulle divisioni. E questo non lo dico io, ma lo dice la storia, lo dice molto oggettivamente e molto chiaramente.

Quindi la ricostruzione fatta, è fatta per ingannare, è fatta apposta per confondere la gente, in mancanza di altro devono buttare un po’ di fumo, devono cercare di ingannare la gente. Su questo non c’è nessun dubbio: io lo so con certezza che in molti paesi di quelli che vengono considerati occidentali, democratici, un episodio come quello della perizia calligrafica, in cui il Pubblico Ministero ha nascosto deliberatamente alla corte un documento dei RIS [Reparto Investigazioni Scientifiche dei carabinieri] che avrebbe invalidato la perizia delle sue perite sarebbe stato sufficiente per annullare il processo e prosciogliere gli imputati. È questo quello a cui stiamo assistendo costantemente, continuamente.

Esistono, è vero, delle differenze tra gli anarchici, ma sono differenze di discussione. Quando noi anarchici parliamo di uguaglianza non intendiamo che tutta la gente deve essere uniformata ed uguale. Per noi uguaglianza vuol dire che qualsiasi individuo ha il diritto, e anche il dovere, di esprimere tutto quello che ha dentro di sé, di tirar fuori la sua originalità. Perché noi siamo convinti che in ogni anarchico ci sia qualcosa di unico, qualcosa di bello, qualcosa che va messo nella società. In questo modo noi combattiamo, è in questo modo che noi lottiamo, rispettandoci l’un l’altro seppure con idee differenti, con idee non uguali, ma sempre nell’ambito dell’anarchia. Questo è l’anarchia, questo è l’essenza dell’anarchia. Non sono i pettegolezzi, non è il prendere documenti di critica giusta per controbattere, per discutere, per farli diventare come documenti di rottura. Io ho parlato dieci giorni fa con Alfredo Bonanno, che è un mio buon amico, ho parlato con Massimo Passamani, che è un mio buon amico, e secondo quello che scrive lo storico, scusate, il commissario, secondo il commissario avrebbero dovuto essere miei nemici.

Questa è la realtà di un movimento vivo: c’è critica reciproca ma c’è anche tanta, tanta solidarietà. Questa è la solidarietà anarchica, in questo spirito, è rispettare le differenze, è aiutarsi perché si è anarchici. Anche se non si è d’accordo con come vive l’anarchia una persona, se è un anarchico che lotta noi lo rispettiamo, e come tale siamo in sintonia con lui. Deve lottare, perché se non lotta non è un anarchico, è quello che vuole lui, non mi interessa. Noi non abbiamo un direttorio, non abbiamo una segreteria di partito, non abbiamo nessuno che ha il monopolio della verità anarchica, grazie al cielo, ci mancherebbe anche quello. Quindi, ognuno vede l’anarchia come preferisce, ognuno la vive secondo quello che la sua coscienza ritiene giusta.

Questa è una premessa per introdurre alcuni fatti che aiutino i giurati a capire quello che succede in quest’aula. Vedete, il commissario, si chiama Quattrocchi, è andato indietro fino al 1978, parlando di un documento di Azione Rivoluzionaria. Ha parlato solo di quello, non ha parlato di nessun altro documento. Evidentemente si è dimenticato di dire che nel 1978 io ho passato sei mesi moribondo in carcere, e altri sei mesi moribondo in ospedale. E vi porto un articolo, ve lo darò, un articolo di giornale che comprova questo. Avevano deliberatamente deciso che dovessi morire in quel carcere, mi hanno fatto arrivare al coma irreversibile per darmi la libertà provvisoria, e se non fosse intervenuto Domenico, papà di un compagno, mi avrebbero lasciato morire. Vi porterò tutti gli articoli che volete per dimostrare questo. E sapete perché? Perché il commissario si è dimenticato di andare indietro altri nove anni.

Nel 1969 abbiamo assistito a una montatura che tutti voi dovreste conoscere. E su questo mi scuso, perché mi è stato fatto notare che ormai Piazza Fontana è una cosa lontana, e non tutti se la ricordano come me la ricordo io. Non so se i signori giudici si ricordano di Piazza Fontana, è stato un attentato avvenuto a Milano il 12 dicembre del 1969, era un venerdì pomeriggio, alle 16:20 e qualcosa, alla Banca dell’Agricoltura situata in Piazza Fontana, a fianco del Duomo di Milano è esplosa questa bomba e cosa è successo? È partita la caccia agli anarchici.

Ora, vi dico bene, noi non siamo vittime, né vogliamo esserlo: non han scelto a caso chi perseguitare. Hanno preso Pinelli, Giuseppe Pinelli e Pietro Valpreda, ma li hanno presi perché erano combattenti valorosi, onore, onore a loro!

Erano combattenti, li hanno presi perché portavano una solidarietà attiva ai compagni spagnoli, che uniti, loro sì, in gruppi di affinità lottavano contro il regime di Franco. E li hanno presi perché portavano solidarietà ai compagni anarchici greci, loro sì, uniti in gruppi di affinità per lottare contro i colonnelli. È per questo che hanno scelto Valpreda e hanno scelto Pinelli. Dopo è stato dimostrato, oltre ogni ragionevole dubbio, che quelle bombe le avevano messe i fascisti, con l’aiuto dello Stato, con l’aiuto dei signori che adesso ci accusano, sono sempre loro gli apparati dello Stato!

Per questo non sono molto contento con loro, per questo mi arrabbio con loro: io li ho visti agire. Quando è morto Giuseppe Pinelli, io ero nella stanza vicino, il rumore della sua caduta, sul selciato della questura di Milano, ce l’ho qua! Lo sento ancora quel rumore!

Era un mio fratello, un mio compagno, e l’hanno assassinato come fosse un cane!

Pietro Valpreda ha avuto la vita rovinata, io ho parlato con Pietro fino a poco prima che morisse, è morto di un cancro, guarda caso. E mi diceva “Lello, non son più stato io. Io non son più Pietro Valpreda, io sono quello della bomba”. Anche se era innocente.

Hanno cercato di criminalizzare il nostro movimento, accusandoci di una cosa infame: non siamo noi quelli che mettono le bombe in mezzo alla gente, noi amiamo la gente, noi difendiamo i poveri. Sono loro che continuano a mettere le bombe fra la gente. È una fabbrica italiana che fornisce agli Emirati Arabi le bombe con le quali bombardano lo Yemen uccidendo civili. È il nostro ministro degli interni che ha fatto un patto criminale con la Libia per far sterminare i migranti. Sono loro gli assassini della gente, non noi!

Noi usiamo quella che voi chiamate violenza, che noi chiamiamo autodifesa proletaria! Per cercare di bloccare questa spirale di morte e di distruzione che il potere porta in tutto il mondo.

Quindi accusarci di Piazza Fontana è stata una cosa veramente infame. Io ero lì nella stanza vicina, e perché ero nella stanza vicina ho potuto testimoniare, senza dubbio, che il commissario Calabresi era nella stanza quando è morto Pinelli. I particolari di questi fatti, se volete, cliccate su internet, trovate la mia testimonianza, tantissime volte, e trovate i fatti come si sono svolti. Parliamo di 49 anni fa.

Da 49 anni non mi hanno mai lasciato in pace. È giusto, no? Io testimonio contro un poliziotto, ci mancherebbe altro. Loro fanno così. Perché io penso che voi abbiate un problema, credo io, che avrei anch’io nei panni vostri. Voi pensate: ma perché mai la polizia dovrebbe prendersela con qualcuno che non è colpevole, perché mai un pubblico ministero dovrebbe accanirsi contro gente che non è colpevole? Lo fanno sempre! Contro gli anarchici, l’han fatto tante volte, lo fanno costantemente, e lo fanno sempre con chi testimonia contro di loro. È una vergogna che continua, e continuerà sempre. Pensate che mi hanno fatto arrestare negli Stati Uniti, un paese che io non chiamerei comunista, e il giudice nordamericano ha rifiutato l’estradizione. E io, da buon cretino, ho firmato di tornare in Italia solo per scontare quattro anni della pena. È stato un escamotage perché se no stavo in carcere in immigrazione e non riuscivo a uscire. Il governo italiano ha fatto un accordo, ce l’ho qua, poi ve ne do una copia, se vi interessa, in cui si impegnava tassativamente a non perseguitarmi per gli altri dieci anni di pena, se io fossi rientrato volontariamente in territorio nazionale. È scritto tre o quattro volte nel trattato che ho con me. Sapete cosa hanno fatto, nel ‘93? Mi hanno fatto restare in Brasile. Hanno violato un trattato, non vergognandosi, ce l’ho qua. Questo ha fatto il governo italiano, ha violato un trattato, non vergognandosi di fare la figura che poi ha fatto. Queste sono le cose che succedono in questo paese, e questo processo cos’è? È il proseguimento di questa mentalità, è il proseguimento di questo modo di fare.

Senza offendere nessuno, che non mi piace offendere inutilmente, affermo, con serenità: io sono un anarchico, da cinquant’anni sono anarchico, e sono molto, molto orgoglioso di essere anarchico. Anche se sono in carrozzina, anche se sto male, io sono una persona contenta, soddisfatta di quello che ha fatto. Sono stato contento di militare in Azione Rivoluzionaria, e se posso pentirmi di qualcosa, è che potevamo fare di più. Chiedo sempre scusa ma è andata come è andata, ma io sono contento di esserci stato. Io ho conosciuto, quando sono stato in prigione in Italia nel ‘91 – che poi mi hanno liberato, mi hanno dato il passaporto, mi hanno fatto uscire e mi hanno arrestato in Brasile – in carcere alcuni compagni delle Brigate Rosse, sono molto orgoglioso di questo. Erano compagni eccezionali, speciali. Ho passato con loro alcuni mesi veramente straordinari. Anche di questo sono orgoglioso.

Io sono convinto che gli anarchici debbano dare per la giustizia, non con le parole ma con i fatti. Ne sono convinto da cinquant’anni e lo sono anche adesso. E continuerò ad esserlo sempre. Mi volete mettere in galera? Fatti vostri! Potete prendere il mio corpo e sbatterlo dove volete, ma il mio spirito, la mia dignità, la mia testa, resterà intatta. E sarò sempre orgoglioso di essere anarchico e di combattere le ingiustizie e chi le commette. Questi ragazzi che voi accusate oggi, insieme a me, sono il meglio che c’è in Italia. Non vi rendete conto che è un miracolo che in un mondo dove tutti pensano solamente a fare i soldi, pensano solamente ai loro interessi, ci sia ancora qualcuno che pensa a lottare per i propri ideali? È un miracolo! È un miracolo che mi commuove! È un miracolo che mi ha sempre commosso quando mi sono accorto che esisteva! E io voglio bene a questi ragazzi, non gli fate del male, perché non meritano. Dovete avere il coraggio di prendere le vostre decisioni perché questo non è un processo, questa è una cosa spietata per eliminare chi dà fastidio.

Non ci volete fuori? Daremo fastidio in galera, non preoccupatevi. Non abbiamo paura. Continueremo a lottare, finché avrò un fiato di vita, continuerò a lottare contro di voi. Continuerò ad attaccare le ingiustizie e a combattere la violenza del potere con l’autodifesa rivoluzionaria.

Viva l’anarchia!

Lello Valitutti

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