In Ucraina, anarchici in uniforme?

In Ucraina, anarchici in uniforme?

«È tragico, ma non certo privo di insegnamenti, ricordare che durante le ultime due guerre mondiali la maggioranza della classe operaia, come le altre, ha marciato in ogni campo dietro la bandiera dei propri sfruttatori, nonostante la lotta eroica di un manipolo di lavoratori e intellettuali rivoluzionari».
Ngo Van

«Brigate anarchiche», «milizie libertarie», «battaglioni antiautoritari», «combattenti di estrema sinistra», «antifa», «libertari», eccetera – il vocabolario è piuttosto confuso e riflette la difficile comprensione del fenomeno. Ciononostante, la maggior parte dei principali media occidentali ha dedicato qualche riga o qualche minuto a un aspetto apparentemente esotico della guerra in Ucraina: la presenza di militanti anarchici e di estrema sinistra nelle file di coloro che combattono contro l’esercito russo. Questo sì che è insolito!

A partire dalla primavera del 2022, il discorso di questi combattenti è stato rilanciato in Occidente all’interno di circoli anarchici, libertari, antifascisti, squat e persino autonomi; lungi dall’apparire disorientati, questi ucraini parlano a «noi», presentano le loro azioni come un modello politico da seguire e chiedono il nostro sostegno finanziario; è dunque interessante e opportuno soffermarsi, anche criticamente, su ciò che ci dicono, ma anche sulle loro pratiche che, curiosamente, sono descritte solo in modo molto succinto e, il più delle volte, con un lessico sconcertantemente vago. È questo un modo per tracciare un quadro della militanza rivoluzionaria europea contemporanea, delle sue influenze e dei suoi limiti1.

COSA FARE DI FRONTE ALLA GUERRA?

«Innanzitutto non farsi trascinare dall’immediatezza degli eventi, dalla propaganda, dalle facili semplificazioni. Ci sono momenti in cui non si ha alcun controllo sul corso degli eventi. È meglio esserne consapevoli e non mascherare la nostra impotenza con atteggiamenti di facciata o, peggio ancora, salire su una barca che non è la nostra».
Louis Mercier-Vega

All’interno del movimento anarchico ucraino, le discussioni sulla guerra risalgono almeno al 2014; all’epoca, quando scoppiarono i combattimenti, alcuni attivisti si unirono volontariamente alle formazioni militari nel Donbass. Nei giorni precedenti l’invasione russa del 24 febbraio 2022, quando sembrava imminente, alcune decine di anarchici, libertari e attivisti simili della regione di Kiev si sono incontrati per discutere la situazione e decidere cosa fare. Il dibattito in corso da anni assunse allora una centralità del tutto nuova: bisognava prendere le armi contro le truppe russe se avessero varcato il confine o mantenere, malgrado tutto, le nostre posizioni antimilitariste, antistataliste, rivoluzionarie e internazionaliste2. Se la prima posizione è maggioritaria, probabilmente con un ampio margine, non è la posizione dell’intero movimento anarchico ucraino (alcuni scelgono, ad esempio, di realizzare azioni umanitarie a sostegno dei rifugiati o dei feriti – ci torneremo più avanti); tuttavia questa tendenza è diventata la più visibile, la più coperta dai media e, per molti lunghi mesi, praticamente l’unica le cui azioni e i cui discorsi sono stati rilanciati in Europa dai media militanti.

Chi sceglie di imbracciare le armi lo presenta spesso, innanzitutto, come un’ultima spiaggia, una necessità di preservare un quadro democratico percepito come più favorevole per l’attivismo futuro – la democrazia di Kiev, molto autoritaria, piuttosto che quella di Mosca, molto, molto autoritaria -; la presenza in Ucraina di molti attivisti russi e bielorussi che sono dovuti fuggire dalla repressione in Russia favorisce senza dubbio questa valutazione. Tuttavia, non si tratta semplicemente di una questione di sicurezza individuale, poiché è molto più rischioso andare a combattere che, ad esempio, fuggire all’estero; la posizione ideologica dominante è infatti quella antifascista3.

Ma gli attivisti sottolineano spesso anche l’opportunità che può rappresentare la partecipazione alla difesa nazionale nella diffusione di idee antiautoritarie tra la popolazione, e in particolare tra i soldati, al fine di influenzare gli avvenimenti attuali e la futura scena politica ucraina; il modello, spesso assunto, è quello dei gruppi di estrema destra che, grazie alla loro partecipazione alla guerra nel Donbass, hanno acquisito prestigio e influenza all’interno della società (ma è questa l’unica spiegazione del loro successo?)4.

Come affrontare quindi le truppe russe? L’opzione era di fatto una sola: arruolarsi nell’esercito. Un attivista ricorda: «Potremmo resistere all’invasione con armi indipendenti dall’esercito statale nelle condizioni attuali? La risposta è decisamente no. […] Prima di tutto, al momento non ci sono strutture o risorse sufficienti da parte nostra per ipotizzare seriamente la costituzione di una forza armata indipendente. Allo stesso tempo, lo Stato ucraino ha forza e volontà sufficienti per sopprimere qualsiasi forza totalmente autonoma. In questa situazione, la guerriglia non statale è possibile solo nei territori occupati dall’esercito russo5».

La soluzione, già auspicata da alcuni attivisti da diversi anni, è quindi semplice: unirsi alle Forze di Difesa Territoriale (TDF), che riuniscono unità militari con personale professionale ma composte da riservisti volontari (con reclutamento regionale) e, eventualmente, da cittadini mobilitati. Non si tratta di «civili in armi», come alcuni hanno sostenuto, ma di unità di riservisti come quelle presenti in tutti gli eserciti del mondo, le cosiddette unità di seconda categoria che svolgono compiti marginali e che danno il cambio alle unità combattenti in prima linea, composte principalmente da soldati professionisti (le cose cambieranno nel corso del conflitto).

Secondo i volontari militanti, l’antimilitarismo e la critica allo Stato dovevano essere messi da parte per tutta la durata del conflitto; questo era il principio della sacra unione, dove tutti, per un certo periodo, perseguivano gli stessi obiettivi. Condannati a contorsioni semantiche, hanno giocato con le parole per convincersi che non stavano difendendo né lo Stato né gli interessi della borghesia nazionale, ma solo «il popolo», un’entità un po’ vaga e chiaramente interclassista: «Gli interessi della società ucraina e dello Stato ucraino attualmente si sovrappongono su un punto e cioè respingere la brutale invasione, ma non su una miriade di altri punti. Per questo motivo, qualsiasi tentativo di organizzare la resistenza in maniera separata non sembra trovare al momento alcuna comprensione da parte della popolazione. Vediamo però che l’attuale situazione delle forze armate ucraine lascia comunque ampio spazio a diversi gruppi politici per combattere gli occupanti6».

L’ultima frase si riferisce ovviamente ai vari movimenti di estrema destra che hanno unità specifiche identificabili, riconosciute, rispettate e perfettamente integrate nell’organigramma delle forze armate ucraine; la più famosa di queste è la brigata Azov. Alcuni anarchici sperano di poter creare legalmente un’unità di questo tipo, di avere un certo grado di autonomia e di poter svolgere un minimo di propaganda all’interno dell’esercito.

RESISTENZA?

Nel febbraio 2022, questi attivisti crearono una struttura per coordinare e fornire supporto logistico alle varie iniziative che cercavano di opporsi all’invasione russa: il Comitato di Resistenza, che a volte viene indicato come Black Headquarters [Quartier Generale Nero].

I gruppi che partecipano si presentano come anarchici, come RevDia o Black Flag Ukraine [Bandiera Nera Ucraina], ma ci sono anche piccoli gruppi e individui di estrema sinistra o antifascisti, ad esempio i tifosi antifascisti dell’ex club Arsenal di Kiev, Hoods Hoods Klan, che sono abituati agli scontri di strada7 ; alcuni si uniscono al comitato ma mantengono un relativo grado di autonomia (ad esempio nella raccolta di fondi), come nel caso di Ecological Platform8 [Piattaforma Ecologica], un gruppo di eco-anarchici di Lviv.

Nel maggio 2022, il Comitato di Resistenza ha adottato un Manifesto che dà un’idea di ciò che unisce questi attivisti9. Ciò che sorprende è che la guerra non viene inserita in un contesto più ampio, come le rivalità economiche e geo-strategiche internazionali o la crisi del capitalismo. La vicenda sarebbe prettamente russo-ucraina, ma al di là della banale disputa territoriale, avrebbe una dimensione completamente diversa: quella dello scontato confronto tra Libertà e Autorità… tra Bene e Male, si potrebbe essere tentati di intendere. L’Ucraina viene presentata come una terra dove, per secoli, sono affluiti «spiriti liberi» per combattere il dispotismo, come i cosacchi, gli insorti di Opryshki10 e i makhnovisti. Considerando l’imperialismo di Putin, il putinismo e la dominazione imperiale russa come unici responsabili della guerra, si tratta ora di liberare il popolo da ogni autoritarismo – una lotta che sarà condotta in Ucraina da un movimento popolare di massa:
«
L’Ucraina e tutta l’Europa orientale devono essere liberate dalla dittatura. Libertà, solidarietà e uguaglianza devono diventare i principi fondamentali dell’organizzazione sociale nella regione. […] Aspiriamo a influenzare il futuro dell’Ucraina e dell’intera regione, a proteggere le libertà che già esistono e a contribuire alla loro estensione».

L’obiettivo è quello di unire «gli sforzi dei combattenti contro l’autoritarismo in una lotta efficace per i nostri ideali e valori».
Gli stessi autori chiariscono di condannare «
lo squilibrio di potere e di ricchezza nella società» e di essere a favore «dell’uguaglianza di genere, della protezione dell’ambiente e della lotta contro ogni tipo di discriminazione»: «ci opponiamo a tutte le forme di oppressione tra gli esseri umani, alle relazioni di dominazione-sottomissione, alle disuguaglianze sociali. Tutti gli oppressori devono essere sconfitti. La tirannia deve essere sostituita dalla cooperazione libera e paritaria tra tutti i membri della società».

Al di là del suo aspetto discorsivo, il Manifesto si propone di essere pragmatico e delinea una serie di riforme essenziali per la società ucraina del futuro: cancellazione del debito estero dell’Ucraina, cancellazione dei crediti per gli ucraini a basso e medio reddito, istituzione di un sistema di assemblee autogestite su base locale e professionale, facilitazione dell’accesso alla casa e alla proprietà, servizi sanitari e trasporti pubblici gratuiti, l’assistenza sociale per le persone a basso reddito, la creazione di strutture femminili autonome in tutti gli enti municipali del Paese, la creazione di forze di difesa delle donne (contro la violenza sulle donne), la sensibilizzazione sulle questioni ecologiche (ad esempio, sostenendo lo sviluppo delle energie rinnovabili) e così via.
Una serie di proposte sono dedicate più specificamente alle questioni della difesa: estensione dell’autodifesa locale, diritto di accesso e possesso delle armi, concessione della cittadinanza ucraina ai combattenti volontari stranieri, creazione di unità femminili all’interno dell’esercito regolare, legami più stretti tra il sistema educativo e l’industria militare in termini di tecnologie all’avanguardia e formazione specialistica, possibilità di formazione militare all’interno dei ranghi delle
Forze di Difesa Territoriale, riduzione della burocrazia e creazione di pasti speciali per i soldati vegani.
Come sempre in questo genere di testi, gli autori, non potendo nascondere le evidenti contraddizioni, ricorrono a pericolose acrobazie argomentative; sul rapporto con lo Stato e il governo al potere, viene così precisato che «
se lo Stato ucraino partecipa oggi a questa lotta, ciò non significa che noi siamo diventati suoi sostenitori»… Lo Stato e gli anarchici parteciperebbero alla resistenza, ciascuno al proprio livello e secondo i propri mezzi e, di fatto, gli antiautoritari non difenderebbero lo Stato, il Paese o la nazione, ma solo «il popolo»…
Nel luglio 2022, lo stesso gruppo, ora noto come Collettivi di Solidarietà, pubblicò un nuovo testo, più breve, più pragmatico e meno politico
11.

«Sulla base dei nostri valori antiautoritari, abbiamo deciso di resistere attivamente all’aggressione russa. Sosteniamo il diritto del popolo ucraino all’autodifesa e consideriamo l’invasione russa un atto imperialista. Nonostante la natura multidimensionale di ogni evento mondiale, le ragioni principali di questa guerra sono la politica imperiale della Federazione Russa, la convinzione della missione storica da parte delle élite russe e il tentativo di stabilire il controllo su quella che ritengono essere la loro sfera di influenza. Le ragioni non vanno ricercate né negli interessi economici dell’oligarchia russa [sic] né nelle ‘precauzioni di sicurezza russe’, tanto meno negli intrighi della Nato».
«
Il nostro obiettivo è una società libera e giusta, i nostri valori principali sono l’uguaglianza sociale, economica e di genere».
«
La ricostruzione del Paese deve andare a beneficio del popolo e non basarsi su dogmi neoliberisti».
«
Sosteniamo i movimenti antiautoritari e anticoloniali in tutto il mondo. Oggi gli attivisti antiautoritari in Ucraina stanno acquisendo un’esperienza che potrebbe essere utile per rovesciare dittatori e regimi autoritari sia nei Paesi post-sovietici che in altre regioni (ad esempio in Iran12)».

Come si può notare, questi testi di riferimento, che denunciano le «tendenze autoritarie della nostra società» e insistono sulla difesa degli animali e sulla lotta al cambiamento climatico, non sono appesantiti da nessuno dei mantra della classica prosa anarchica contro il capitalismo, l’esercito o lo Stato (e ancor meno contro la democrazia); al contrario, sono dominati da una visione molto pragmatica del cambiamento sociale che si potrebbe definire socialdemocratica, tinta di temi politici alla moda.

L’evocazione di «valori antiautoritari» è sufficientemente vaga per piacere di questi tempi a molti attivisti e simpatizzanti di estrema sinistra, antiglobalizzazione o ecologisti. In realtà, al di là dell’apparente vaghezza ideologica, le posizioni del gruppo, i testi e le testimonianze e persino il profilo dei combattenti mostrano che, se c’è una coerenza politica, non è l’anarchismo ma, più banalmente, l’antifascismo, la volontà di partecipare a un fronte interclassista e trasversale per difendere la democrazia ucraina contro il pericolo autoritario della Russia13 – un’unione sacra che rimanda tutte le altre lotte a un periodo indeterminato (la pace)… mentre il governo approfitta del conflitto per attaccare i sindacati e accelerare lo smantellamento dello Stato sociale ucraino14. Poiché la guerra è percepita esclusivamente come un confronto ideologico e morale, il fatto che l’Ucraina sia il luogo di grandi e contraddittorie scommesse economiche tra Russia, Unione Europea e Stati Uniti, o che i proletari russi e ucraini non abbiano gli stessi interessi delle rispettive borghesie, sembra per gli autori semplicemente impensabile.

La partecipazione «libertaria» alla resistenza all’esercito russo si è strutturata molto presto in due rami, uno militare e l’altro civile, il secondo dei quali si è concentrato sul supporto logistico e mediatico del primo. Da quel momento in poi, al di là della scelta politica iniziale, la posta in gioco era la vita dei militanti al fronte e tutto doveva essere subordinato al loro sostegno.

UN SUPPORTO MATERIALE CIVILE

Come spesso accade nelle guerre, i soldati non sono sufficientemente equipaggiati e devono comprarsi questo o quell’equipaggiamento, in genere molto costoso, che gli manca o che può fornire loro un po’ di comfort. Nonostante i miliardi di dollari e di euro versati dall’Occidente, il soldato ucraino si trova in questa situazione: del resto il Paese è uno dei più corrotti al mondo. Aiutare i militari ad equipaggiarsi è il compito degli attivisti civili, che preferiscono lavorare dietro le quinte. Ciò si sta rivelando molto costoso e il finanziamento si basa esclusivamente sulle donazioni dei simpatizzanti occidentali, motivo per cui si presta molta attenzione alla propaganda: sviluppare una narrazione politica adeguata è essenziale, perché la mera descrizione delle pratiche militari sul campo potrebbe non essere sufficiente a dare un’immagine «antiautoritaria» dei combattenti, che perderebbero ogni specificità.

Nel febbraio 2022, alcuni attivisti hanno quindi creato una struttura ad hoc a Kiev, Operation Solidarity, il cui scopo principale è quello di individuare le esigenze (questo o quell’equipaggiamento) dei «combattenti (principalmente attivisti antiautoritari e di sinistra)», effettuare gli acquisti in Ucraina o all’estero e poi organizzare la consegna15. Può trattarsi di abbigliamento, attrezzature leggere, forniture mediche, apparecchiature per la visione notturna, droni civili o talvolta persino veicoli; qualsiasi tipo di equipaggiamento, tranne le armi16. Per dare un’idea, tra febbraio e settembre 2022, i combattenti sono stati riforniti di «5 autovetture, 20 elmetti, 30 giubbotti antiproiettile, 50 kit di pronto soccorso, 5 droni, 30 walkie-talkie, più di 100 set di abbigliamento, mirini ottici, attrezzature, elmetti militari antirumore», per non parlare del cibo adatto ai soldati vegani17. In un rapporto sulle attività di maggio e giugno 2023 pubblicato su Telegram, il gruppo ha annunciato di aver consegnato due droni Mavic, 1 paio di occhiali per la visione notturna (molto popolari ma molto costosi), visori, 1 silenziatore, 3 tablet, 4 generatori, 1 orologio con GPS, 8 radio civili Motorola, 2 walkie-talkie digitali Baofengs, 13 batterie esterne, schede di memoria, 1 computer portatile per un operatore di droni, 1 elmetto e accessori, 1 tuta anti schegge, borse, tappetini per sedili, 2 gilet balistici e 6 portapiastre (gilet antiproiettile), 2 piastre, 3 cuffie tattiche, 2 binocoli, 2 cannocchiali da puntamento, 18 bombole di gas, 51 lacci emostatici CAT, 16 medicazioni toraciche, 10 kit di pronto soccorso IFAK, 42 bende israeliane, 11 bende emostatiche, 100 coperte termiche, ecc.

Va notato che il collettivo aiuta anche i rifugiati/sfollati o le vittime dei bombardamenti (fornendo attrezzature, materiale medico, cibo, ecc.) e occasionalmente dona attrezzature ad alcuni ospedali, scuole o rifugi per animali. Poco meno di un terzo del denaro raccolto dal collettivo viene utilizzato a questo scopo – è difficile dire se questo dato sia cambiato nel tempo18.

Il principale intermediario in Europa occidentale sembra essere il gruppo ABC di Dresda19; il messaggio, molto vago, in Francia trova eco negli ambienti anarchici e di estrema sinistra, tra cui l’NPA e anche gli autonomi. I membri del gruppo ucraino si recano talvolta in Europa per presentare la loro azione; ad esempio, nel luglio 2023 partecipano agli incontri internazionali antiautoritari (sic) a Saint-Imier. La comunicazione, in particolare sui social network, è centrale nell’organizzazione e i soldati al fronte hanno persino creato un comitato mediatico per controllare i video e i testi che producono20.

La situazione può sembrare paradossale alla luce dei miliardi di dollari e di euro donati dai Paesi della Nato all’Ucraina, ma quasi ogni guerra vede nascere questo tipo di iniziative, e sono molte le ONG e le fondazioni benefiche che a Kiev e nel mondo vengono in aiuto dei combattenti ucraini e forniscono loro questo tipo di equipaggiamento; la più potente è Come Back Alive.

Un gran numero di unità dell’esercito, in particolare quelle composte da volontari raggruppati per interessi politici – di solito di estrema destra – utilizzano queste raccolte per migliorare l’equipaggiamento o il comfort dei loro combattenti (ad esempio, Support Azov), da cui la necessità di una comunicazione adeguata. I social network sono utilizzati in modo massiccio e, mentre le organizzazioni devono competere tra loro in termini di inventiva per attirare i donatori21, i soldati devono apparire i più cool e coraggiosi… almeno su TikTok22.

Il gruppo di civili che sostiene i combattenti antiautoritari ha riscontrato difficoltà già dopo pochi mesi. Operation Solidarity ha dovuto addirittura cessare le operazioni nel luglio 2022, a causa della «stanchezza» dei membri del gruppo, ma anche a causa di dissensi interni, alcuni dei quali banalmente legati a questioni di potere e di denaro23 … Il gruppo, tolti alcuni individui, è ripartito molto rapidamente con un nuovo nome, Solidarity Collectives, e senza dubbio con una nuova struttura amministrativa.

Con un nuovo testo di presentazione, il gruppo annuncia ora il suo sostegno a combattenti che sono «anarchici, difensori dei diritti umani, sindacalisti, anarchici ecologisti, anarcofemministi, punk rocker, rifugiati politici dalla Bielorussia e dalla Russia24». Non sorprende che nel corso del tempo il pubblico di riferimento si sia ampliato, includendo non solo gli attivisti anarchici. La logica organizzativa, molto classica, spinge i militanti a cercare costantemente di mantenere, se non aumentare, la loro attività e la quantità di fondi raccolti… indipendentemente dal numero di anarchici in divisa impegnati al fronte; e a questo proposito, non c’è nulla che dimostri che il numero di militanti che combattono aumenti ogni mese che passa, anzi: almeno quindici di loro sono stati uccisi in azione – spesso presentati dalla propaganda militante come «martiri», secondo un tipico vocabolario mediorientale importato dagli ex combattenti del Rojava – e non sappiamo nulla dei feriti o di coloro che si sono arresi. È anche molto probabile che il magro flusso di volontari (ucraini o occidentali) iniziato con l’invasione russa si sia esaurito nel tempo: in primo luogo perché l’esercito ucraino è ormai completamente strutturato secondo gli standard NATO e lascia sempre meno spazio all’improvvisazione, ma soprattutto perché i combattimenti sono sempre più atroci e mortali.

C’è tuttavia una linea rossa che il collettivo ritiene non possa essere oltrepassata e cioè il sostegno agli attivisti antiautoritari che combattono in unità non sufficientemente corrette dal punto di vista politico: sui social network circolano molte informazioni su attivisti che prestano servizio, per motivi di efficienza, in unità di estrema destra (si tratta in genere di unità d’élite, regolarmente chiamate dallo stato maggiore, molto ben equipaggiate e addestrate); Solidarity Collectives riconosce che almeno un anarchico che combatteva nella brigata Azov si è visto rifiutare il sostegno, ma che almeno altri quattro appartenenti al reggimento nazionalista Kastous-Kalinowski (composto da volontari bielorussi all’interno dell’esercito ucraino) hanno potuto beneficiarne, sebbene questa decisione non sia stata appoggiata all’unanimità dai membri del collettivo25.

Indossare un’uniforme non significa necessariamente combattere, perché si può essere attivi in un’unità medica – sia vicino ai combattimenti che nelle retrovie – ma i volontari «antiautoritari» più pubblicizzati sono ovviamente quelli che maneggiano le armi.

MILITARI ANARCHICI?

«Odio tutti gli ufficiali. […] Hai idea di quanto odio quell’uniforme e tutto ciò che rappresenta?».
Sam Peckinpah, Croce di ferro, 1977

Gli attivisti arruolati nell’esercito sono di solito sparsi in tutto il Paese, nelle brigate tradizionali per i più esperti o nelle Forze di Difesa Territoriale per gli altri. Queste ultime sono costituite da unità di fanteria leggera reclutate a livello regionale, composte da riservisti volontari supervisionati da professionisti. Non bisogna fraintendere: anche se si tratta di unità di seconda categoria, i compiti apparentemente marginali, ingrati e poco entusiasmanti che sono chiamati a svolgere sono molto utili da un punto di vista strettamente militare. Nel gennaio 2023, quando un esaltato giornalista francese parlò della «profusione di piccoli gruppi armati, per lo più anarchici», un membro del Comitato di Resistenza fu costretto a smorzare il suo entusiasmo: «Possiamo piuttosto parlare di diversi gruppi di compagni anarchici integrati nelle forze di difesa26». In realtà, sebbene questa incorporazione avvenisse talvolta in piccoli gruppi, più spesso avveniva su base individuale27.

L’unico vero controesempio, quello attorno al quale sono nate molte fantasie in Occidente, è stato il gruppo che è stato conosciuto come Plotone Antiautoritario28. Tali fantasie si basano su una grande vaghezza circa la natura materiale di questo gruppo, che molti intervistatori e giornalisti non si sforzano di dissipare. A quale unità appartiene? In che modo? Qual è la sua realtà amministrativa? In quali battaglie è stato coinvolto? Quali sono le sue attività quotidiane? Di quali armi disponeva? Dobbiamo incrociare tutti i testi disponibili per cercare di rispondere a queste domande.

Il plotone a quanto pare fu formato su iniziativa di un attivista antifa che si arruolò come volontario nel 2014 e che col tempo divenne ufficiale, poi capitano, in una delle brigate delle Forze di Difesa Territoriale dell’oblast di Kiev (fu ucciso in azione nel settembre 2022)29 e che partecipò agli incontri anarchici che precedettero e seguirono l’invasione russa. È stato senza dubbio lui a fare in modo che i volontari anarchici e antifa della regione di Kiev venissero raggruppati nello stesso plotone. Ansiosi di azione e di autonomia, si immergono in un contesto militare che per sua natura è pesantemente e schifosamente gerarchico. L’unità, ad esempio, non è libera di reclutare e a volte deve comunicare che non c’è più posto (messaggio Telegram dell’aprile 2022 sul canale RevDia) – questo è ancora più complicato per i volontari stranieri, che in teoria dovrebbero aggregarsi a unità specifiche (in particolare la Legione Internazionale). Non è libera nemmeno per quanto riguarda l’addestramento o, ovviamente, la scelta delle missioni che le vengono affidate. In un’intervista approvata dal comitato media del gruppo, un anarchico propone alcune idee per aggirare la burocrazia: «La lezione di questa storia è che più contatti e connessioni si hanno nelle istituzioni con cui si vuole trattare, maggiori sono le possibilità di superare o aggirare la burocrazia. Negli ultimi mesi sono giunto alla conclusione che noi, come rivoluzionari, non dovremmo esitare a stringere contatti con le istituzioni dello Stato. Finché siamo chiari sui nostri obiettivi politici, assumersi dei rischi utilizzando delle relazioni per perseguirli è più giustificato che impedirvi di usare gli strumenti che potrebbero aiutare il movimento a guadagnare terreno30». Descrivere questo plotone, come hanno fatto alcuni autori francesi, come dotato di una «certa autonomia» è quantomeno fantascientifico.

QUANTI SONO?

Nel giugno 2022, il sito web Mediapart riportò che c’erano tra i 100 e i 150 anarchici e antifascisti sparsi in varie unità dell’esercito; queste cifre includono i non combattenti che servono come personale medico31. La maggior parte sono militanti ucraini, a cui si aggiungono alcuni russi e bielorussi, ma anche un piccolo numero di occidentali, alcuni dei quali hanno prestato servizio nelle forze curde YPG durante la guerra civile siriana.
Ma cosa c’è di particolare nel tanto pubblicizzato plotone antiautoritario? Sebbene venga spesso citato, attivisti e comunicatori rimangono molto vaghi sulla sua composizione e sui suoi numeri…

Innanzitutto, sebbene la maggior parte dei commentatori lo chiama genericamente brigata, battaglione, ecc., con un tropismo per le parole brigate o milizie (che fanno tanto Spagna del 1936), spesso al plurale e come se fossero sinonimi, i responsabili delle comunicazioni all’interno di questo gruppo usano il termine plotone. Ora, questa definizione non è insignificante, e loro lo sanno bene; negli eserciti occidentali, un plotone (platoon in inglese) è un’unità di combattimento molto piccola, composta da 20-50 uomini32. In un’intervista del maggio 2022, un membro del gruppo ha parlato di 50 combattenti33; Operation Solidarity sostiene di aver sostenuto più di 200 combattenti in tutta l’Ucraina tra febbraio e giugno 2022, anche se specifica che il plotone ne rappresenta solo un terzo34. Per quanto riguarda le foto di gruppo, molto popolari tra gli attivisti che posano in uniforme con le armi intorno a una bandiera nera, non si vedono mai più di 25 persone insieme. Conoscendo la propensione dei militanti ad ingigantire certe cifre, possiamo concludere che il plotone antiautoritario comprendeva alcune decine di uomini (anarchici, hooligans, antifa, ecc.), probabilmente una cinquantina a un certo punto, in ogni caso, è evidente, numeri molto piccoli35. Per farsi un’idea di cosa tutto ciò significhi, è necessario sapere che nel febbraio 2022 l’esercito ucraino comprendeva 250.000 uomini, tra cui 70.000 combattenti delle Forze di Difesa Territoriale; entro la fine del 2023, gli uomini in uniforme saranno quasi un milione (tra cui forse 15.000 non di nazionalità ucraina)36 .

COSA FA QUESTO GRUPPO?

La maggior parte di questi attivisti volontari non manca di coraggio fisico e aspira a prendere parte al combattimento il prima possibile. Alcuni si sono uniti o sono diventati membri di unità di prima linea, cosa che non è avvenuta per il plotone antiautoritario, soprattutto perché la ritirata russa dell’aprile 2022 ha allontanato il fronte da Kiev. Fino al suo scioglimento, avvenuto nell’estate del 2022, il gruppo non era impegnato al fronte. La brigata a cui appartiene il plotone è un’unità di fanteria leggera priva di attrezzature pesanti (davanti alle quali gli attivisti non avrebbero mancato di farsi fotografare), e lo stato maggiore le affida compiti che molti considerano marginali, ripetitivi e noiosi, ma che sono quelli svolti dalle Forze di Difesa Territoriale più lontane dal fronte. Il plotone era altresì coinvolto in iniziative di sostegno ai civili vittime dei combattimenti o dei bombardamenti, ma prendeva parte anche ad azioni più marziali, come la caccia ai militari russi infiltrati, alle spie o ai militanti filorussi (un’attività che, nei primi mesi del conflitto, ha generato paranoia tra la popolazione e ha portato a un gran numero di denunce); si trattava di un lavoro di posti di blocco, pattugliamenti e controlli poco gratificante e che non stimolava gli aspetti virtuosi degli individui37. Nel descrivere le loro attività, gli antiautoritari parlano di «individuare ed estirpare gli infiltrati nemici38» , di controllare «le segnalazioni dei residenti locali su sabotatori o spie39»; «abbiamo combattuto sabotatori, paracadutisti, sorvegliato punti critici, creato posti di blocco40». Sebbene queste operazioni non fossero molto prestigiose, non erano sempre prive di rischi. Alcuni membri del plotone hanno comunque preso parte ad alcune operazioni vicino alle zone di combattimento, ad esempio per aiutare «le unità delle forze armate ucraine a effettuare ricognizioni con i quadricotteri41».

In un’intervista pubblicata nel maggio 2022, un membro del plotone ha dichiarato: «Come unità, non siamo ancora stati coinvolti in un combattimento diretto. Tuttavia, all’inizio della guerra, pattugliavamo l’area in cui si presumeva fossero presenti gruppi di diversivi nemici. I membri dell’unità hanno anche aiutato le unità in prima linea con la logistica e l’intelligence (utilizzando i droni). Sono riusciti a individuare una delle postazioni nemiche, che è stata poi colpita dal fuoco dell’artiglieria. E hanno aiutato a evacuare i civili dalla zona di combattimento. Nel corso di queste attività, i nostri compagni sono stati colpiti da colpi di mortaio42.»

All’inizio di luglio, il morale degli uomini del plotone era piuttosto basso, perché erano ancora «quasi per nulla coinvolti nell’azione». Gli uomini più esperti (ex combattenti del Donbass o della Siria) li hanno rassicurati e hanno spiegato, giustamente, che «la guerra è fatta di fasi e situazioni molto diverse. Il combattimento in sé occupa l’1% o meno del tempo totale. La capacità di aspettare, di essere pazienti e di gestire i ‘tempi morti’ è un’abilità utile da sviluppare e interiorizzare per ogni partigiano43». Peccato… perché, in seguito all’afflusso di equipaggiamenti dalla Nato, furono altre le unità delle Forze di Difesa Territoriale che, una volta «potenziate», vennero inviate al fronte per tutto il 2022 – a volte con grande disperazione dei loro membri che, soprattutto negli oblast occidentali, si erano offerti volontari, credendo che sarebbero stati tenuti lontani dai combattimenti.

E LA GERARCHIA ALL’INTERNO DEL GRUPPO?

Come di frequente nel caso del plotone antiautoritario, non abbiamo informazioni precise e sintetiche sul funzionamento del gruppo, ma solo frammenti sparsi di interviste (e le varie traduzioni non sempre rendono facile la comprensione). Secondo gli standard Nato, il plotone è la più piccola unità che può essere comandata da un ufficiale, di solito un tenente coadiuvato da sottufficiali (al di sotto si parla di sezioni o squadroni). L’ufficiale a capo del plotone antiautoritario era nominato (imposto) dalle autorità militari (non è accertato che sia stato l’ufficiale antifa artefice di questa avventura), così come i sottufficiali (forse scelti tra i ranghi tra i più esperti). Per rendere più sopportabile il rapporto gerarchico, i membri del plotone hanno eletto un certo numero di vice (senza grado), che hanno fatto da intermediari tra le truppe e i loro superiori, trasmettendo ad esempio critiche o lamentele. Un attivista ha dichiarato: «Non abbiamo condizioni specifiche che ci differenziano da qualsiasi altra suddivisione delle Forze di Difesa Territoriale. Tuttavia, abbiamo uno spazio abbastanza libero per organizzare la nostra vita interna, che viene organizzata in modo abbastanza democratico, anche se conforme ai requisiti di una certa gerarchia militare44».

E un altro: «Il comando del battaglione non è intervenuto quasi mai nel nostro ordine interno. Non abbiamo organizzato la nostra struttura secondo l’immagine idilliaca di una milizia perfettamente anarchica in cui tutte le cariche sono elette e subordinate all’assemblea generale. In parte ciò è dovuto al fatto che l’unità è composta da una varietà di persone, non tutte anarchiche45».

L’unica specificità degna di nota è la pratica quotidiana, a livello di sezione, del teqmil, che è una vera e propria «sessione di critica e autocritica, durante la quale vengono discusse le decisioni del comando e il processo di formazione». Anche in questo caso, si tratta di un’importazione delle pratiche del PKK e delle YPG46.

Nonostante gli ideali libertari dichiarati, il gruppo non era immune da «lotte di potere nascoste, conflitti di ambizione e conflitti personali in generale47». Le difficoltà incontrate hanno anche ravvivato le rivalità tra i gruppi politici (o i membri dei gruppi), evidenziando le differenze che erano state oscurate dall’entusiasmo iniziale.
Non sorprende che l’esercito ucraino abbia inizialmente consentito metodi organizzativi specifici e un certo grado di flessibilità, purché ciò non ostacolasse la catena di comando o lo svolgimento dei compiti, ma al contrario li rendesse più fluidi. All’inizio del conflitto, molte unità si sono formate su basi specifiche, di natura etnica, nazionale (cecena, bielorussa, russa, georgiana), politica (dalla destra a tutte le varianti dell’estrema destra ucraina) o per volontà di oligarchi o dirigenti d’azienda
48 , e hanno gareggiato nella ricerca di prestigio e sostegno finanziario; nell’emergenza, sono stati quindi accettati accomodamenti convenienti. Chiaramente, in questo ambiente, il battaglione che ha il vantaggio di includere un plotone di militanti anarchici difficilmente riceverà un incarico di prestigio… Tuttavia, non si tratta di una punizione, poiché basterebbe inviare questo plotone nel settore più letale del fronte per sbarazzarsi della questione una volta per tutte.
Lo stato maggiore ucraino, che da diversi anni cerca di mettere ordine in tutto questo (in particolare in tutte le unità volontarie nazionaliste formatesi nel 2014) e di allinearlo agli standard della NATO, ha visto il suo compito complicato dall’invasione russa, ma con il passare dei mesi la gerarchia militare ha ripreso in mano la situazione.

FINE E SEGUITO

Nel luglio del 2022, a causa di queste difficoltà, dell’onere amministrativo e burocratico e del basso morale delle truppe49, il plotone antiautoritario cessò di esistere come tale; i suoi membri si fusero con il resto dell’organico o furono dispersi tra le diverse unità dell’esercito50; alcuni, in particolare i volontari stranieri, erano già riusciti a lasciare il plotone per il fronte51. I canali Telegram mostrano che alcuni militanti sono ora presenti in varie zone del fronte; circa trenta hanno preso parte all’offensiva del settembre 2022 a est di Kharkiv52 , ma da allora circa quindici sono stati uccisi in azione. Nell’ottobre 2022, Solidarity Collectives affermava ancora di sostenere circa 70 antiautoritari53; ormai erano soli o in piccolissimi gruppi sparsi in varie unità e attività, in mezzo a centinaia di migliaia di soldati su oltre 1.000 km di fronte, raccontando la loro vita quotidiana sui social network: quattro sono membri delle forze speciali (probabilmente all’interno del 23° battaglione della brigata presidenziale Hetman Bohdan Khmelnytsky); un altro è diventato un cecchino; sei (tra cui cinque dell’ex plotone) prestano servizio all’interno di un’unità di mortai delle Forze di Difesa Territoriale; altri cinque o sei sembrano far parte di una sezione di ricognizione aerea (droni che segnalano obiettivi all’artiglieria) della 92ª brigata meccanizzata, un gruppo guidato da un sergente, una donna soprannominata Swallow, che si presenta come anarco-femminista e sostiene di promuovere pratiche orizzontali (elezioni dei leader, cooperazione di base, rifiuto della gerarchia, ecc.).

Tutti prestano servizio in unità dove l’opinione dominante va da un patriottismo apolitico a varie forme di nazionalismo, o peggio. Tuttavia, gli anarchici e gli antifa che vengono spesso interpellati sui loro associati descrivono generalmente i loro nuovi colleghi come molto inclusivi, tolleranti e fraterni, soprattutto preoccupati di portare avanti una causa comune (sconfiggere i russi). Un attivista bielorusso spiega: «In trincea, quando i droni ti sorvolano, quando un cecchino ti punta contro o quando i colpi ti piovono in testa senza interruzione, in questa trincea chiunque può essere il tuo migliore amico, può essere un fascista, può essere chiunque, non ha alcuna importanza54». Un altro «antiautoritario», che ha combattuto in un’unità nazionalista, ha addirittura sottolineato che, in trincea e in caserma, il contatto con gli altri ha fatto evolvere i «fascisti», che sono diventati meno settari e più aperti, comprendendo che, alla fine, i loro nemici politici di un tempo erano semplicemente «persone come tutte le altre55». Un fenomeno psicologico dal quale gli attivisti di sinistra credono di essere miracolosamente immuni. Questo tipo di reazione è in realtà piuttosto classica: si tratta di quella fratellanza d’armi che, in combattimento, unisce uomini che a priori dovrebbero essere separati da tutto, e senza la quale la sopravvivenza è impossibile – un meccanismo descritto in migliaia di libri sulle guerre del XX secolo. Un cameratismo virile e un rispetto che va oltre la comprensione dei civili e dei renitenti alle armi, che spesso permane anche dopo il conflitto56. Roger Caillois lo descrive magnificamente in L’Homme et le Sacré: «La gente attribuisce al battesimo del fuoco virtù sovrane. Si immagina che esso faccia dell’individuo il servo impassibile di un culto tragico e l’eletto di un dio geloso. Tra coloro che insieme ricevono questa consacrazione o che condividono i pericoli della battaglia fianco a fianco, nasce la fratellanza delle armi. Da quel momento in poi, questi guerrieri sono uniti da legami indissolubili. Questo conferisce loro un senso di superiorità e di complicità contro coloro che sono rimasti fuori dal pericolo o che non hanno avuto un ruolo attivo nella battaglia. Perché non basta essere stati esposti, bisogna aver colpito. Questa incoronazione è duplice. Significa osare non solo morire, ma anche uccidere. Un barelliere non ha alcun prestigio. […] Assistiamo qui a quella situazione caratteristica delle società di uomini che, nelle civiltà primitive, entrano in carica dopo prove dolorose e i cui membri godono di diritti speciali all’interno della comunità57».

È più che probabile che il numero degli antiautoritari nell’esercito stia diminuendo, se non altro, come abbiamo visto, a causa dei morti e dei feriti; visto l’andamento dei combattimenti, probabilmente non ci sono molti volontari pronti a sostituirli – le prime settimane di guerra, che sembravano costellate di azioni di guerriglia e di romantici agguati a stupidi russi, hanno lasciato il posto ad abominevoli combattimenti di trincea e a duelli di artiglieria. In tutta la società ucraina, l’entusiasmo e il patriottismo dei primi giorni di guerra hanno lasciato il posto alla paura di essere arruolati; da qui un enorme movimento di fuga, diserzione e insubordinazione che si sta sviluppando nel 2023 e che il governo sta lottando per reprimere. Da un messaggio Telegram apprendiamo che Solidarity Collectives ora sostiene i sindacalisti che si sono arruolati volontariamente nell’esercito, così come quelli che sono stati mobilitati – che, per definizione, non sono volontari! C’è da chiedersi veramente come reagiscano oggi, di fronte a una coscrizione obbligatoria sempre più esigente, quegli attivisti che prima esaltavano le virtù della lotta in prima linea, ma che si ritenevano più utili nelle retrovie. L’immagine delle brigate anarchiche che respingono le orde totalitarie russe è stata oggetto di fantasie in Occidente, ma la realtà con cui ci si scontra, quella del plotone antiautoritario o di alcuni individui diventati soldati, è molto meno fiammeggiante. Va detto che dall’inizio della guerra non è mai esistita un’unità militare anarchica, al massimo un’unità dell’esercito in cui si sono riuniti alcuni volontari libertari e antifa.

Perché questo «fallimento»? Diversi attivisti lo vedono come colpa della sfortuna, e in particolare della sostituzione del comandante del loro battaglione nella primavera del 2022: il nuovo ufficiale, molto meno simpatico del precedente, non avrebbe permesso ai suoi uomini di esprimere pienamente il loro potenziale libertario, in particolare non affidando loro missioni di combattimento…

Altri ritengono che in passato si siano sprecati molto tempo ed energie dietro alle idee antimilitariste, determinando una chiara mancanza di preparazione e organizzazione – una spiegazione che sembra loro ovvia quando si confrontano con le numerose unità di estrema destra, che sono ben equipaggiate, beneficiano di un forte reclutamento, sono efficaci, molto mediatiche e popolari… e si rammaricano che, nel 2014, gli anarchici non abbiano seguito il loro esempio in termini di organizzazione58! Ciò richiama le lezioni che Nestor Makhno intendeva trarre dalla guerra civile russa sulla questione del fine e dei mezzi, su questa infinita mancanza di organizzazione dei libertari di fronte ai loro avversari59… Sì, ovviamente, se gli anarchici fossero i più strutturati, i più organizzati militarmente, meglio equipaggiati, meglio addestrati e più efficienti, potrebbero forse vincere sui campi di battaglia. Ma sarebbero ancora anarchici? La rivoluzione non sarà un pranzo di gala, tutt’altro. Ma non sarà nemmeno uno scontro militare, una serie di vittorie dell’esercito dei proletari/attivisti su quello dei capitalisti, rimandando all’infinito la trasformazione radicale della società. Sarà, nei fatti, l’abolizione dello Stato, del valore, del lavoro salariato, delle classi (e quindi del proletariato), del genere, eccetera, l’abolizione delle relazioni sociali esistenti e la creazione di nuove – un processo che talvolta viene definito comunizzazione60.

CONCLUSIONE

«È da un punto di vista anarchico, e senza false lealtà o considerazioni opportuniste, ma anche con modestia e comprensione, che dovremmo cercare di imparare dalla rivoluzione spagnola. Sono convinto che l’ammirazione cieca, acritica, indebolirà il nostro movimento molto più di una sincera ammissione degli errori del passato».
Maria Luisa Berneri

«Sto facendo scorta di parole… perché sarà un lungo inverno e non sapremo cosa dirci».
Leo Lionni

Abbiamo discusso qui le azioni intraprese in Ucraina dal febbraio 2022 da alcuni individui che si dichiarano anarchici, antiautoritari o antifa; vale la pena ricordare che essi non rappresentano la totalità dei militanti di questi movimenti nel Paese. In molti Paesi, dopo un periodo più o meno lungo in cui ha prevalso un’indulgenza accondiscendente condita da un certo imbarazzo, nei media militanti cominciano a emergere dibattiti e critiche. Anche in Ucraina, qualcuno non capisce bene quali siano le radici rivoluzionarie che questi volontari in uniforme rivendicano61.

La scelta di arruolarsi nell’esercito e di sostenere lo sforzo bellico contro l’invasione russa è stata indubbiamente compiuta dalla maggior parte degli anarchici ucraini, ma il dibattito c’è stato, e le posizioni antimilitariste e internazionaliste non sono mancate. Di fronte alla deriva autoritaria del governo ucraino, chi vuole denunciare apertamente la sacra unione, la guerra, tutti gli eserciti (e quindi la coscrizione), tutti gli Stati e il capitalismo rischia di subire una dura repressione sotto la legge marziale. Di conseguenza, non si possono aprire sedi o siti web, chiedere sostegno o realizzare azioni, e si è condannati a rifugiarsi in altri Paesi o a entrare in clandestinità rischiando grosso. Alcuni individui cercano ancora di essere attivi in modo tradizionale e non spettacolare, cioè con cautela62 . È il caso, ad esempio, del gruppo Assembleia di Kharkiv, che svolge attività umanitarie per le persone vittime del conflitto, continua ad affrontare questioni sociali (urbanistica, ecologia e corruzione), principalmente da una prospettiva locale, e partecipa a suo modo a scambi di informazioni su Telegram per evitare l’arruolamento63. Torneremo sugli oppositori ucraini alla guerra e all’esercito in maniera più dettagliata in un prossimo articolo.

A questo punto ci si potrebbe interrogare sulla rilevanza delle attività di una cinquantina di militanti annegati in mezzo a quasi un milione di uomini in uniforme, il cui impatto sul corso degli eventi è inesistente. Di fatto, semmai questa attività ha un impatto, è senza dubbio quello sul contesto delle pretese rivoluzionarie dell’Occidente. Attraverso i social network, è a questi attivisti di estrema sinistra, antifa, anarchici e autonomi che gli antiautoritari ucraini si rivolgono spesso per ottenere sostegno finanziario e copertura mediatica; concerti, serate di sostegno e vendite di magliette vengono infatti organizzati in spazi militanti. Viene propagandato, senza osare criticarlo, il discorso degli attivisti ucraini a favore della difesa nazionale, che, va ricordato, viene presentato come innovativo e pragmatico, e dovrebbe ispirare i rivoluzionari occidentali a prepararsi per la guerra che verrà. Ma cosa vorrebbe dire? Per essere conformi dovremmo aderire all’equivalente delle Forze di Difesa Territoriale, ovvero, in Francia, alla guardia nazionale, la cui formazione nel 2016 è stata denunciata dai militanti come un segno dell’abominevole militarizzazione della società e della sua deriva fascista64? A sentire alcuni antifa ucraini, per un giovane militante francese dovrebbe essere interessante arruolarsi in questa guardia nazionale e, anche a costo di entrare in contatto con i «fascisti» (che, come abbiamo visto sopra, si rivelano quotidianamente dei bravi ragazzi), imparare a maneggiare le armi e a combattere… Ma in questo caso, e soprattutto se vogliamo che il «popolo francese» sia in grado di «difendersi» allo stesso modo del «popolo ucraino», allora forse dovremmo fare una campagna per aumentare le risorse e le dimensioni di questa guardia, o addirittura per ripristinare il servizio militare!

Cos’altro dovremmo imparare da questi attivisti ucraini? La necessità di pragmatismo? La necessità di una maggiore organizzazione per essere più efficaci? Il primato dell’azione sulla riflessione e del militare sul politico? Gli aspetti positivi del nazionalismo (che potrebbe essere «liberatorio e creativo», come ha già dimostrato il Rojava)65? L’obsolescenza dell’antimilitarismo e dell’internazionalismo in tempo di guerra? L’obsolescenza dell’antifascismo quando si combatte a fianco dei fascisti per lo stesso obiettivo (la difesa della democrazia)? La necessità di sospendere ogni critica sociale in caso di guerra (in attesa del ritorno della pace o della vittoria del Bene sul Male)? L’idea di usare la macchina governativa quando non siamo abbastanza forti per abbatterla? Una serie di idee che abbiamo già conosciuto nei momenti peggiori della storia del movimento operaio. Per rispondere solo a due punti: è piuttosto sorprendente voler mettere da parte l’opinione politica non appena si verifica una crisi, perché è proprio in questo tipo di situazione che può risultare interessante66! Quanto alla necessità di «fare qualcosa» in ogni occasione, essa ha più a che fare con questioni esistenziali personali e riflessi militanti che con un qualsiasi obbligo morale.

In Europa, pochissimi gruppi e organizzazioni hanno assunto posizioni rivoluzionarie classiche; la maggior parte ha optato per una denuncia della guerra condita da un timido sostegno alla «resistenza ucraina»; alcuni esponenti della sinistra, dell’anarchia e dell’autonomia hanno persino scelto di appoggiare o promuovere un’iniziativa che era a priori di natura militarista e aveva evidenti toni patriottici… I disertori, i ribelli e gli antimilitaristi ucraini che rifiutarono di essere mandati al macello furono il più delle volte dimenticati67 ; se è vero che questi ultimi non potevano certo farsi notare dai media, era impossibile ignorarne l’esistenza fin dai primi giorni dell’invasione. Questo dimostra ancora una volta quanto, anche a «sinistra», un’uniforme, un fucile d’assalto e/o un’esperienza di combattimento – virilità in dosi massicce – possano affascinare e garantire una parvenza di credibilità politica. Questo sostegno, il più delle volte virtuale, non rivela in genere una rottura o un allontanamento dall’attivismo quotidiano, ma piuttosto una banale continuità… Riproponiamo qui alcune frasi tratte dal nostro articolo scritto nel maggio 2022, che già menzionava brevemente gli attivisti a favore della difesa nazionale: «Ripetiamo che il nostro obiettivo qui è quello di criticare non tanto il modo in cui le persone reagiscono al bombardamento della loro città o del loro Paese, ma, casomai, il discorso che possono rivolgere a noi e, soprattutto, il discorso che noi facciamo su di loro.

C’è ormai una tendenza consolidata negli ambienti militanti a vedere un “potenziale” rivoluzionario ovunque, soprattutto se la regione è lontana ed esotica… un punto di vista che qui è particolarmente tirato per i capelli. Ma al di là di questo riflesso, gli spettri che infestano la questione ucraina, in modo molto ammaliante e forse più apertamente che in altri “teatri operativi”, non sono altro che il militarismo, il nazionalismo e il concetto di “Sacra Unione“, varianti morbose dell’interclassismo. Si tratta di ideologie che, come la storia ha tristemente dimostrato, possono spazzare via anche i militanti più esperti e teoricamente solidi, se le circostanze lo permettono.

Il fatto è che noi non siamo bombardati, non ci sono combattimenti nelle nostre strade e non rischiamo di essere uccisi ogni minuto. Quindi non abbiamo scuse, non abbiamo scuse per perdere la testa. Possiamo godere di un ambiente relativamente confortevole in cui riflettere con calma sugli eventi attuali. Faremmo male a non approfittarne, perché questo scenario potrebbe scomparire prima di quanto pensiamo68».

Come sarà l’Europa tra dieci, quindici o vent’anni? Che ne sarà delle relazioni franco-tedesche o dell’influenza russa? Chi lo sa? Tutto ciò che possiamo vedere è una generale rimilitarizzazione e un certo numero di Paesi che cercano di creare l’esercito più potente del continente (Germania, Polonia e Ucraina). Molti si stanno finalmente rendendo conto che la partecipazione della Francia a un conflitto ad alta intensità, anche sul proprio territorio, non è solo uno scenario distopico… Ma, contrariamente a quanto molti sembrano credere, la guerra che devasterà il cuore dell’Europa potrebbe non essere tra la Nato e la Russia.

In ogni caso, se dovesse accadere un tale disastro, la narrazione ufficiale e mediatica sarebbe inevitabilmente quella del Bene («noi») contro il Male («i nostri» nemici)69; ma come reagiremmo allora?

Immaginate che, in un futuro non molto lontano, in una Francia ormai in guerra, vi imbattiate in vecchi compagni che vi spiegano che dovete sostenere l’esercito francese, che giovani militanti coraggiosi si sono arruolati volontariamente, che non dovete criticare il governo in questo momento difficile, che gli scioperanti sono francamente degli irresponsabili, ecc, perché oggi «non è la stessa cosa»… – anche se in realtà è sempre la stessa cosa, sempre due borghesie che si contrappongono, mandando a morte i rispettivi proletari. Alla luce della storia del movimento operaio70 e di certe posizioni attuali, non ci sarebbe nulla di sorprendente in questo scenario; molti si smentiranno e pochissimi lo accetteranno (denunciare questo fatto oggi non fa ben sperare per le nostre decisioni di domani). Ma è proprio necessario iniziare oggi? Al contrario, non possiamo approfittare del «lusso» della pace di cui ancora godiamo per riflettere prima di prendere posizione?

I fangosi compromessi del 1914 avevano almeno permesso (per un certo periodo) la definizione di chiare linee di demarcazione politica e l’emergere di gruppi di rivoluzionari (inizialmente in minoranza), mentre un assalto proletario di inaudita potenza scuoteva la vecchia Europa. Il periodo attuale conferma che è ben oltre le minoranze con pretese rivoluzionarie che si giocherà tutto.

In un prossimo articolo torneremo su sviluppi più speranzosi, guardando al modo in cui i proletari cercano, quotidianamente e senza ideologia, di sfuggire alla macelleria in corso nell’Ucraina orientale e meridionale.

Tristan Leoni, gennaio 2024

Note

1 Questo articolo va visto come una seconda parte. Nel maggio 2022, abbiamo scritto del conflitto che sta devastando l’Ucraina in un lungo articolo, «Addio alla vita, addio all’amore… Ucraina, guerra e auto-organizzazione», pubblicato su ddt21.noblogs.org e tradotto in diverse lingue. Contiene alcune riflessioni iniziali sui combattenti anarchici, sui quali all’epoca erano disponibili poche informazioni. Da allora, la stampa militante ha dedicato loro molti articoli, interviste e documentari, ma sempre in modo parziale, sintetico e spesso agiografico. Per quanto ne sappiamo, nessuno (e soprattutto non i loro più ferventi ammiratori) ha tentato di presentare la storia e le attività di questi attivisti in maniera semplice e concisa. Ci accontentiamo qui di riunire le informazioni sparse che si trovano nei vari documenti disponibili e di assemblare alcuni pezzi per dare un’idea di quella che dovrebbe essere l’immagine finale.

2 Usiamo questo termine nella sua accezione classica che, in caso di guerra, designa il rifiuto di sostenere una parte contro l’altra (entrambe capitaliste per definizione), l’antimilitarismo, il disfattismo rivoluzionario e l’appello alla fraternizzazione dei proletari impegnati (contro le rispettive gerarchie e borghesie).

3 Vale forse la pena di ricordare che l’antifascismo è solo una strategia politica e che, per sua natura, non è scontato; è stato fortemente criticato, soprattutto in Italia negli anni Venti, dalla sinistra comunista, che denunciava l’arruolamento del proletariato nella difesa di una democrazia per definizione borghese (il che non impediva ai suoi militanti di affrontare fisicamente i fascisti). Il principale teorico di questa corrente, Amadeo Bordiga (1889-1970), disse notoriamente: «L’antifascismo è il peggior prodotto del fascismo».

4 Si veda ad esempio Miriam González, «I combattenti anarchici nella guerra d’Ucraina: “Combattiamo contro l’imperialismo russo”», galiciaconfidencial.com, 28 agosto 2023.

5 Ilya Leshiy, «Quattro mesi in un plotone antiautoritario in Ucraina», libcom.org, settembre 2022.

6 Ibidem

7 Tom Lord, «“Guerra difensiva come atto di resistenza popolare…”: intervista esclusiva con un combattente anarchico delle Forze di Difesa Territoriale dell’Ucraina», militantwire.com, 31 maggio 2022.

Sullo Hoods Hoods Klan, si veda Laurent Gueslin, «Ucraina: hooligans della sinistra estrema», La Libre Belgique, 7 giugno 2012; un documentario del Popular Front del giugno 2022, «Hooligan al fronte: Gli ultras del calcio antifascista ucraino combattono l’invasione russa».

8 Questo gruppo antispecista combatteva nei Carpazi contro la deforestazione, la costruzione di turbine eoliche e altri progetti. Pramen, «Una conversazione con gli anarchici di Ecoplatform che combattono in Ucraina», pramen.io, 27 dicembre 2022. È piuttosto singolare che attivisti così rispettosi degli esseri viventi si arruolino nell’esercito con l’intenzione di uccidere i soldati russi…

9 «Manifesto del Resistance Committee», maggio 2022.

10 Contadini fuorilegge insorti nelle regioni montuose della Galizia, della Transcarpazia e della Bucovina nel XVIII secolo, guidati da Oleksa Dovbush.

11 Il manifesto è disponibile in inglese all’indirizzo: solidaritycollectives.org

12 Poiché i regimi autoritari in Medio Oriente non mancano, non è irrilevante che gli autori abbiano solo questo esempio da fornire.

13 Un fronte antifascista che, paradossalmente, include un gran numero di organizzazioni e attivisti di estrema destra i quali, fino al febbraio 2022, erano etichettati come «fascisti» dagli antiautoritari, e combattuti come tali…

14 Ad esempio, la «“decomunizzazione delle assicurazioni” per offrirle al settore privato». Hélène Richard, «Lontano dal fronte, la società ucraina si è spaccata in due», Le Monde diplomatique, novembre 2023.

15 «L’organizzazione degli anarchici sul fronte ucraino. Intervista al Resistance Committee», lundi.am, 9 gennaio 2023.

16 Impact, «Ucraina: questi anarchici si organizzano di fronte alla guerra», 5 dicembre 2022.

17 Sul sito: solidaritycollectives.org

18 Secondo il sito web dell’organizzazione, operationsolidarity.org, tra febbraio e giugno 2022, 41.404 dei 59.680 euro spesi da Operation Solidarity sono andati per «cause militari».

19 La Croce Nera Anarchica è una rete anarchica internazionale fondata nel 1907 con l’obiettivo teorico di sostenere i prigionieri politici e sociali. Il gruppo di Dresda sembra aver optato per una posizione più originale.

20 «Voci dal fronte: Un anarchico russo lotta per l’Ucraina», freedomnews.org.uk, 31 marzo 2023.

21 Il fondatore dell’ONG Frontline Care spiega: «La parte più difficile del nostro lavoro è la creatività e il mantenimento dell’attenzione, non l’acquisto (di attrezzature) in sé, né il trasferimento e l’interazione con le unità». Daria Shulzhenko, «Donazioni in calo: i volontari diventano creativi per continuare a raccogliere fondi per le forze armate», kyivindependent.com, 1 novembre 2023.

22 L’influencer Xavier Tytelman, ad esempio, promuove unità in cui prestano servizio volontari francofoni, come il Team Berlioz e la Task Force Baguette. L’obbligo di dare un’immagine attraente ai mecenati esiste anche su scala completamente diversa; il ricercatore Cédric Mas osserva che «abbiamo un certo numero di operazioni militari, con uomini che muoiono, che vengono feriti, che perdono arti, che vengono effettuate solo per diffondere video e quindi per poter svolgere un’azione informativa»; ascoltato nel podcast «Da una guerra all’altra. Capire e interpretare l’offensiva ucraina», Le Collimateur, ottobre 2023.

23 «Dichiarazione del Solidarity Collectives», 4 luglio 2022.

24 Sul sito: solidaritycollectives.org

25 Il fatto che queste quattro persone fossero militanti esperti con una certa aura e prestigio mediatico (a differenza dell’anarchico di Azov?) potrebbe aver giocato a loro favore. Sulla questione della partecipazione di attivisti libertari a unità di estrema destra, si veda «Un lunedì sera a Kharkiv e Kramatorsk: chiarimenti strategici e prospettive politiche», Lundi matin, giugno 2023 o ancora Perrine Poupin, «L’irruzione della Russia in Ucraina. Intervista a un volontario della difesa territoriale di Kiev», mouvements.info, 29 marzo 2022. Sul reggimento Kastous-Kalinowski, si veda Pierre-Yves Baillet , «Intervista a Denys “KIT” Prokhorov, comandante del reggimento Kastuś Kalinoŭski», frogofwar.info, 8 dicembre 2022.

Va inoltre notato che i social network pullulano di informazioni, voci e senza dubbio anche di pure calunnie sulla collusione passata o presente con ambienti di estrema destra di alcuni importanti attivisti anarchici ucraini. È difficile sapere, a distanza e visti i limiti dei traduttori online, cosa stia realmente accadendo. In ogni caso, la serenità non è affatto all’ordine del giorno in questo ambiente.

26 «L’organizzazione degli anarchici sul fronte ucraino. Intervista al Resistance Committee», op. cit.

27 Quando ci si arruola nell’esercito, non si sceglie l’unità o il luogo di assegnazione con la stessa facilità con cui ci si iscrive a un club di scacchi o a una palestra di pugilato, ma la disorganizzazione dei primi giorni dell’invasione ha senza dubbio permesso un po’ di flessibilità.

28 Una brigata di difesa territoriale (circa 3.500 persone) comprende un numero variabile di battaglioni (a loro volta costituiti da compagnie composte da plotoni, che sono costituiti da sezioni). Le Forze di Difesa Territoriale dell’oblast’ di Kiev comprendono la 112ª e la 241ª brigata.

29 «Dopo la fine del battaglione antiautoritario, la continuazione della resistenza anarchica in Ucraina (intervista a Salam)», danslabrume.noblogs.org, agosto 2023.

30 Ilya Leshiy, op. cit.

31 Laurent Geslin, «In Ucraina, gli anarchici vanno al fronte per combattere l’invasione russa», Mediapart, 6 giugno 2022.

32 Nel nostro articolo del maggio 2022, abbiamo scritto la seguente nota: «Usiamo la parola uomini come sinonimo antiquato di soldati, perché le forze coinvolte sembrano abbastanza insensibili ai recenti sviluppi occidentali in materia di genere. Qui, anche se siamo in Europa, il modello è molto più tradizionale: i combattenti sono uomini (con forse qualche rarissima eccezione) e coloro che fuggono dai combattimenti sono donne, bambini e anziani». Alla fine del 2023, a causa della carenza di volontari, le cose stavano cambiando e le donne erano sempre più chiamate a dare il loro contributo. Torneremo su questo tema in un prossimo articolo.

33 Tom Lord, op. cit.

34 https://operation-solidarity.org

35 Sebbene sia particolarmente incongruo, alcuni non esitano a paragonare questo conflitto alla guerra di Spagna; va sottolineato che, tra il 1936 e il 1937, le milizie della CNT e della FAI contavano circa 50.000 combattenti (per una popolazione di 25 milioni di abitanti in Spagna nel 1936, rispetto ai 43 milioni in Ucraina nel 2021). L’Esercito Rivoluzionario Insurrezionale di Nestor Makhno contava oltre 100.000 uomini nel 1919.

36 Nella primavera del 2022, il reggimento Azov – la più famosa delle unità di estremisti di destra dell’esercito ucraino – contava tra i 3.500 e i 5.000 uomini. Nonostante le gravissime perdite subite, in particolare durante la battaglia di Marioupol, il flusso di volontari che cercavano di unirsi ad esso non accennava a diminuire e nel febbraio 2023 il reggimento è stato addirittura «promosso» ufficialmente al rango di brigata.

37 Su questo periodo di paranoia e sugli inevitabili eccessi e abusi che ne seguirono, si veda il nostro articolo del maggio 2022, op. cit.

38 Joshua Askew, «Ecco l’eterogeneo gruppo di anarchici e antifascisti che combattono la Russia in Ucraina», euronews.com, 10 giugno 2022.

39 «Voci dal fronte : Un anarchico russo lotta per l’Ucraina», op. cit.

40 Il comitato mediatico del plotone, «Plotone antiautoritario dell’Ucraina: siamo anarchici e cosa facciamo».

41 Ibidem

42 Tom Lord, op. cit.

43 Ilya Leshiy, op. cit.

44 Tom Lord, op. cit.

45 Ilya Leshiy, op. cit.

46 «Voci dal fronte : Un anarchico russo lotta per l’Ucraina», op. cit.

Tom Lord, op. cit.

47 Ilya Leshiy, op. cit.

48 Ad esempio, il 206° battaglione della 112° brigata delle Forze di Difesa Territoriale, creato per la difesa di Kiev, è equipaggiato e finanziato dall’ex presidente Petro Poroshenko.

49 Ilya Leshiy, op. cit.

50 «L’organizzazione degli anarchici sul fronte ucraino. Intervista al Resistance Committee», op. cit.

51 «Dopo la fine del battaglione antiautoritario, la continuazione della resistenza anarchica in Ucraina (intervista a Salam)» op. cit.

52 Canale Telegram del Solidarity Collectives e Pramen, op. cit.

53 Impact, «Ucraina: questi anarchici si organizzano di fronte alla guerra», 5 dicembre 2022.

54 Ibidem

55 «Dopo la fine del battaglione antiautoritario, la continuazione della resistenza anarchica in Ucraina (intervista a Salam)» op. cit.

56 Senza ciò, sarebbe impossibile comprendere il fermento politico e intellettuale del periodo tra le due guerre in Europa o, in Italia, l’incredibile episodio di Fiume (1919-1924), dove si scontrarono attivisti inclassificabili, proto-fascisti, monarchici e anarchici.

57 Roger Caillois, L’Homme et le Sacré, Gallimard, 1980, p. 229.

58 «Un lunedì sera a Kharkiv e Kramatorsk: chiarimenti strategici e prospettive politiche», op. cit.

59 Nestor Makhno, il cui movimento era stato schiacciato dai bolscevichi, non vedeva altra soluzione per le lotte a venire che ispirarsi al loro modello organizzativo. Queste idee furono sviluppate in un testo del 1926, la Piattaforma organizzativa dell’Unione Generale degli Anarchici.

60 Su questi temi, si veda Bruno Astarian, Activité de crise et communisation, 2010 (disponibile sul blog: hicsalta-communisation), e Gilles Dauvé, De la crise à la communisation, Entremonde, 2017.

61 Si veda ad esempio Alex Adler, «L’anarchismo britannico soccombe alla febbre della guerra», Iniziativa di solidarietà Olga Taratuta, n. 4, maggio 2023, pp. 7-19.

Si può evolvere, si può cambiare idea. Ma rinunciare pubblicamente a una causa per la quale ci si è battuti per anni non è facile, soprattutto perché si rischia di perdere amici e relazioni. Si preferisce nasconderlo a se stessi, fingere che sia il mondo a essere cambiato, che siano i nostri ideali a dover essere modernizzati e che sia necessario essere pragmatici.

62 In Francia, nell’agosto del 1914, i pochi militanti rivoluzionari che rifiutarono di rinunciare alla loro fede e di aderire alla Sacra Unione, continuando a sostenere l’antimilitarismo, l’internazionalismo e il disfattismo rivoluzionario, furono rapidamente inviati al fronte.

63 «Intervista al gruppo anarchico Assembly di Kharkiv», Le Monde libertaire, 4 settembre 2022.

64 In realtà, si trattava di un’assemblea amministrativa che riuniva le varie riserve esistenti. Cfr. Tristan Leoni, Manu Militari? Radiographie critique de l’armée, Le Monde à l’envers, 2018, p. 65-66.

65 «Naturalmente preferirei combattere in nome dell’anarchia piuttosto che della Nazione, ma questi sono solo simboli e parole che non cambiano la vera natura del movimento che attraversa l’Ucraina. In ogni caso, al momento, se devo scegliere tra “Viva il Re” e “Viva la Nazione”, scelgo la Nazione senza esitazione», in Perrine Poupin, op. cit.

66 Da questo punto di vista, i dibattiti tra gli anarchici durante la prima guerra mondiale non sono affatto superati, ma al contrario sono particolarmente attuali. Si veda l’opuscolo Gli anarchici contro la guerra, dal 1914 al 2022 sul sito web di Quatre.zone.

67 In Francia, l’Iniziativa Olga Taratuta è un gruppo che sostiene rifugiati, disertori e pacifisti provenienti da Russia, Bielorussia e Ucraina. Maggiori informazioni sul loro sito web: https://nowar.solidarite.online

68 Tristan Leoni, «Addio alla vita, addio all’amore… Ucraina, guerra e auto-organizzazione», op. cit.

69 In genere, quando gli attivisti scelgono la parte del Bene in un conflitto, è quasi sempre quella che è stata designata dai media borghesi dominanti (fatta eccezione per la Palestina); si legga Claude Guillon, Danni di guerra: Parigi-Pristina-Belgrado 1999 (L’Insomniaque, 2000, 128 p.). In generale, la gente non sostiene una parte se il conflitto non è ampiamente coperto dai media; le guerre che da anni devastano lo Yemen, il Congo e il Sudan ne sono un buon esempio.

70 Les Dix Derniers Jours di Jean-Claude Lamoureux (Les Nuits rouges, 2013, 152 p.) è una lettura imperdibile sui cambiamenti dell’ultimo minuto nel movimento operaio francese nell’estate del 1914.

PDF: In Ucraina, anarchici in uniforme?

[Pubblicato in francese in https://ddt21.noblogs.org/?page_id=3572 | Tradotto in italiano e pubblicato in https://lanemesi.noblogs.org/post/2024/05/02/in-ucraina-anarchici-in-uniforme/]