Ancora, remiam finché la nave si schianti sui frangenti… A 110 anni dalla nascita di Belgrado Pedrini

Ancora, remiam finché la nave si schianti sui frangenti… A 110 anni dalla nascita di Belgrado Pedrini


“Schiavi”, di Belgrado Pedrini

Siamo la ciurma ignota
d’un galeon mortale,
su cui brontola il tuono
dell’avvenir fatale.

Mai orizzonti limpidi
schiude la nostra aurora,
e sulla tolda squallida,
urla la scolta ognora.

I nostri dì s’involano
fra fetide carene:
siam macri, emunti schiavi,
stretti in ferral catene.

Nessun nocchiero ardito,
sfida dei venti l’ira?
Pur sulla nave muda,
vespero ognun sospira!

Sorge sul mar la luna,
ruotan le stelle in cielo,
ma sulle nostre tombe,
steso è un funereo velo.

Torme di schiavi adusti,
chini a gemer sul remo,
spezziam queste carene,
o chini a remar morremo.

Remiam finché la nave
si schianti sui frangenti,
alte le rossonere,
fra il sibilar dei venti!

Cos’è, gementi schiavi,
questo remar remare?
Meglio cader da prodi
sul biancheggiar del mare.

E sia pietosa coltrice,
l’onda schiumosa e ria,
ma pera in tutto il mondo
l’infame borghesia.

Falci del messidoro,
picche vermiglie al vento,
sarete ai nostri labari
nell’epico cimento.

Su, su, gementi schiavi
L’onda gorgoglia e sale:
di già balena e fulmina
sul galeon fatale.

Su, su schiavi, all’armi, all’armi!
Pugnam col braccio forte;
griadiam, gridiam: giustizia,
e libertade o morte.

[Casa penale di Fossombrone, 1967. Prima stesura].


Profilo biografico di Belgrado Pedrini

Belgrado Pedrini nasce a Carrara il 5 maggio 1913, figlio di Guglielmo e Rosa Vannacci. Si avvicinò giovanissimo all’anarchismo attraverso la lettura delle opere di Nietzsche, Stirner, Bakunin, Kropotkin, Malatesta e Cafiero e, assieme ai compagni di Carrara, svolse svariate azioni contro il regime fascista che gli procurarono denuncie e condanne per propaganda clandestina. Nel 1937-38 venne rinchiuso nel penitenziario di Pianosa ove conobbe e strinse amicizia con numerosi detenuti antifascisti, tra i quali il socialista Sandro Pertini. Rimesso in libertà, rientrò nel carrarese impegnandosi nuovamente in un’intensa attività sovversiva. Una sera del 1942, in un’osteria, Pedrini, assieme ai compagni Giovanni Zava e Gino Giorgi, disarmò e schiaffeggiò cinque fascisti. Ricercati dalla milizia, i tre ripararono a Milano dove, nel novembre 1942, vennero sorpresi da una pattuglia di polizia ad attaccare dei manifesti invitanti gli italiani a sollevarsi contro la guerra. Dopo un lungo conflitto a fuoco, i tre riuscirono a dileguarsi e, su un treno merci, raggiunsero Genova prima e La Spezia poi. Attivamente ricercati dall’OVRA, e definiti dal giornale “Il Popolo d’Italia” come pericolosi «malfattori e sabotatori della resistenza morale delle forze armate», Pedrini, Zava e Giorgi vennero intercettati da alcuni agenti di PS in una pensione della città ligure. Ne scaturì un conflitto a fuoco che si protrasse per diverse ore e si concluse con l’arresto dei tre anarchici, gravemente feriti, e la morte di un poliziotto. Tradotti al carcere di La Spezia, nel 1943 vennero trasferiti in quello di Massa, in attesa del processo e della certa fucilazione. Nel giugno del 1944, alcuni partigiani della formazione “Elio” con una fulminea azione riuscirono a liberare i detenuti del carcere massese, sicché Pedrini decise di unirsi a loro nella lotta contro i fascisti e i tedeschi. Prese parte a numerosi combattimenti e a svariate azioni di sabotaggio svolte da detta formazione partigiana nel comprensorio apuano. All’indomani della liberazione, nel maggio 1945, Pedrini venne nuovamente arrestato per i fatti accaduti nel 1942 a La Spezia. Misconoscendo la valenza politica di tali avvenimenti, la magistratura repubblicana condannò Pedrini, nel maggio 1949, all’ergastolo, pena che venne poi commutata in trent’anni di reclusione. Continuamente trasferito da un carcere all’altro, a causa dei suoi tentativi di evasione e delle numerose rivolte fomentate, Pedrini si dedicò allo studio dei classici della letteratura e della filosofia. Brillante autodidatta, compose, tra un letto di contenzione e una cella d’isolamento, numerose poesie, tra cui “Schiavi” – scritta nel 1967 a Fossombrone – che, musicata, diventerà celebre all’interno del movimento anarchico col titolo de Il galeone. Riacquistata la libertà il 17 aprile 1975, grazie anche ad un’intensa campagna internazionale per la sua scarcerazione portata avanti dagli anarchici, Pedrini riprese immediatamente la sua attività sovversiva e, assieme ai propri compagni di fede – tra cui Giovanni Mariga, Zava e Gogliardo Fiaschi –, aprì a Carrara il Circolo Culturale Anarchico prima e il Circolo Anarchico “Bruno Filippi” poi. Redasse numerosissimi manifesti e volantini, s’impegnò nella ristampa dello scritto di Bruno Filippi L’iconoclasta (1978) e nella realizzazione di un giornale, “L’Amico del Popolo”, che vedrà la luce qualche mese dopo la sua scomparsa. Belgrado Pedrini morì a Carrara l’11 febbraio 1979.

Questo profilo biografico è tratto dal sito internet del Circolo Culturale Anarchico “G. Fiaschi” di Carrara (https://circoloanarchicogfiaschi.wordpress.com/profili/belgrado-pedrini/). La stessa nota biografica, con alcune differenze, è presente anche nel Dizionario biografico online degli anarchici italiani, ospitato nel sito internet della Biblioteca Franco Serantini di Pisa (https://www.bfscollezionidigitali.org/entita/14360-pedrini-belgrado). Riportandola in “La Nemesi” (https://lanemesi.noblogs.org/post/2023/05/05/ancora-remiam-finche-la-nave-si-schianti-sui-frangenti-a-110-anni-dalla-nascita-di-belgrado-pedrini/) è stato inserito il nome della madre di B. Pedrini, presente solo nella stesura pubblicata nel Dizionario biografico online degli anarchici italiani, e corretto il nome di G. Fiaschi.


Bibliografia sintetica

Opere di Pedrini

  • B. Pedrini, “Noi fummo i ribelli, noi fummo i predoni…”. Schegge autobiografiche di uomini contro, Edizioni Anarchiche “Il Baffardello”, Carrara, 2001, 128 pp.
  • B. Pedrini, Versi liberi e ribelli. Poesie, Edizioni Anarchiche “Il Baffardello”, Carrara, 2001, 71 pp.
  • B. Pedrini, “Noi fummo i ribelli, noi fummo i predoni…”. Schegge autobiografiche di uomini contro. Versi liberi e ribelli. Poesie, Edizioni “El Rùsac”, Rovereto, 2014, 174 pp.

Articoli su Pedrini

  • M. Genovese, “Più dell’ergastolo”, pubblicato in “ABC”, 21 novembre 1974, pp. 64-65.
  • Lello, “Belgrado Pedrini, un ricordo…”, pubblicato in “Croce Nera Anarchica”, n. 3, 2017, p. 32 (PDF: “Croce Nera Anarchica”, n. 3, 2017).

La presente bibliografia è certamente incompleta, specialmente per quanto riguarda gli articoli o le opere in cui B. Pedrini è menzionato, oltre che integralmente mancante per i numerosi articoli, volantini e manifesti redatti dal compagno o a cui collaborò in particolar modo a seguito della scarcerazione. Invitiamo a segnalare le mancanze.


Belgrado Pedrini, un ricordo…

Belgrado lo chiamo per nome, tutti i compagni li chiamo per nome e ignoro quasi tutti i cognomi, figuriamoci poi con un nome come Belgrado. L’ho conosciuto come membro di Azione Rivoluzionaria.

Sapevo chi era Belgrado e grosso modo quello che aveva fatto e il prezzo che aveva pagato: naturalmente ero molto bendisposto nei suoi confronti, malgrado ciò, conoscerlo è stata una graditissima sorpresa. Solo il pensare che dopo trent’anni di galera, senza esitare, si era buttato di nuovo nella lotta armata rischiando nuovamente tutto, faceva di lui una persona straordinaria. La sua umiltà, la sua modestia mi hanno profondamente colpito. Lui era un compagno ricco di esperienza e io un ragazzo, ma lui non ha fatto mai pesare né a me né agli altri tutto ciò. Era sempre il primo a svegliarsi e con grande pazienza aspettava gli altri, mai saccente ma sempre pronto a dire con grande chiarezza e semplicità le cose giuste. Se ho mai immaginato un angelo: questo era Belgrado. Ero al suo fianco in situazioni veramente difficili: fra le quali il tentativo di sequestro per finanziare Azione Rivoluzionaria ed è sempre stato pronto ad aiutare, ad incoraggiare e a dare l’esempio facendo la cosa giusta. Pensavo che mi sarebbe piaciuto, invecchiando, diventare come lui, ma ognuno ha la sua natura. Oltre alla modestia e all’umiltà quello che colpiva in lui era la sua forza, la sua chiarezza, il suo straordinario coraggio rivoluzionario e la sua innata bontà verso i compagni. Colpiva con naturalezza, senza se e senza ma, i potenti e le loro strutture: per lui la lotta armata era una continuazione della resistenza. Lui era rivoluzionario, non cercava di esserlo, e questa sua qualità lo rendeva unico. L’ultima volta che l’ho visto è stato quando è venuto a trovarmi in ospedale, ancora una volta ha dimostrato di non avere paura e di considerare la solidarietà più importante della prudenza. Belgrado non è stato una vittima, ma è stato un compagno cosciente e coerente che ha sempre fatto quello che riteneva giusto.

Caro Belgrado, noi cerchiamo di fare il possibile per distruggere il potere, lo dobbiamo a te e a tanti altri compagni indimenticabili, ce la mettiamo tutta, ma non siamo te.

Che la terra ti sia lieve compagno amato.

Lello

[Pubblicato in “Croce Nera Anarchica”, n. 3, 2017, p. 32].


«Nell’inferno della vita entra la parte più nobile dell’umanità. Gli altri stanno sulla soglia e si scaldano»

Nel 2016 è stato collocato da parte di compagni, a Carrara (in piazza delle Erbe, all’angolo con via del Mercato), un mosaico del compagno Paolo Neri raffigurante Belgrado Pedrini. L’opera riprende il più noto ritratto fotografico di B. Pedrini, includendo anche un brano tratto dalla poesia “Schiavi”. Accanto al mosaico è posta una targa riportante la scritta: «Belgrado Pedrini, anarchico. Nell’inferno della vita entra la parte più nobile dell’umanità. Gli altri stanno sulla soglia e si scaldano».