È uscito il numero 6 del giornale anarchico in lingua tedesca “Kanaille” (Germania, 7 novembre 2022)

È uscito il numero 6 del giornale anarchico in lingua tedesca “Kanaille” (Germania, 7 novembre 2022)

Di seguito riportiamo la traduzione in italiano del testo introduttivo al sesto numero del giornale anarchico in lingua tedesca “Kanaille”, diffuso ad inizio Novembre 2022

Indice:

  • La crisi deve diventare un disastro?
  • Stato sociale, sussidi o come la politica cerca di mantenere il controllo nella crisi
  • La crisi di tutte le crisi – la scarsità di energia e la fine della nostra civilizzazione
  • Né a destra né a sinistra – scegliamo la rivolta
  • Recensione di “Catastrofismo, gestione dei disastri e servitù sostenibile”
  • “Esitazione significa morte” – Come il movimento tedesco per il clima sta lavorando per salvare il mondo
  • Müntzer e il moderno commercio di indulgenza coloniale verde
  • Lo chiamano progresso
  • You will find me if you want me in the garden
  • Contro tutti i nazionalismi
  • L’Internazionale anarchica e la guerra
  • La tartaruga nella ragnatela di stronzate e di rifiuti
  • Inflazione spiegata facile. La Borsa o il male?

“Apocalypse now!” sembra diventare il leitmotiv di un’epoca che si avvia materialmente verso una ristrutturazione su scala gigantesca. Il desiderio di fine del mondo diventa una reazione specifica della metropoli a una nuova era piena di contraddizioni insopportabili che altro non sono che un presagio di tali sconvolgimenti. Già una volta – durante gli anni Venti – quello che è stato interpretato e vissuto come il “declino dell’Occidente” si è in realtà concretizzato in una crisi globale dell’accumulazione del capitale che, come è noto, non ha inaugurato la fine del mondo, bensì un’ulteriore fase dello sviluppo capitalistico, i cui punti di partenza sono stati il fascismo e una guerra devastante.

Le “Revolutionären Zellen” [Cellule Rivoluzionarie] scrissero queste righe nel 1983 in un articolo intitolato “Guerra – Crisi – Movimento per la Pace. Nel pericolo e nel bisogno, le vie di mezzo portano alla morte”, che è stato recentemente ripescato dagli archivi e fatto circolare per via dell’attuale scenario mondiale. A distanza di quaranta anni non è difficile notare alcuni parallelismi con la situazione odierna e, a quanto pare, gran parte del testo non ha perso la sua attualità.

Alla luce del Corona, delle catastrofi ambientali, delle guerre e dell’inflazione, lo “spirito del tempo” è decisamente tornato ad essere quello del catastrofismo. Un fenomeno a cui è difficile sottrarsi, data la marea di notizie di disastri che scorrono sui nostri schermi. I governi ovviamente sanno bene come sfruttare tutto ciò a loro vantaggio. L’arte di gestire i disastri è per loro una disciplina indispensabile per assicurarsi il potere. Uno dei testi contenuti in questo giornale tratta proprio di questo.

Il capitalismo, come spesso accade in tempi di crisi, è nel bel mezzo di un processo di ristrutturazione che comporta pesanti conseguenze, dovute alla digitalizzazione dell’economia e alla modernizzazione dei mercati del lavoro. L’inflazione, causata da guerre, limitazioni alle forniture, scarsità di risorse e speculazioni in borsa, sta solo dando il via alla prossima crisi finanziaria ed economica globale, i cui effetti sono ancora difficili da calcolare. In compenso, l’industria degli armamenti è di nuovo in piena espansione, con 100 miliardi di fondi speciali destinati alla “Bundeswehr” [l’esercito tedesco], e con essa la frenesia nazionale che è sempre andata a braccetto con i vari deliri guerrafondai. In molti luoghi il fascismo sta di nuovo bussando alle porte o è già saldamente in sella al potere, magari con una nuova veste, ma sempre con gli stessi vecchi slogan. Si guardi ad esempio l’esito delle recenti elezioni in Italia. La nostra risposta non può che essere “Contro ogni nazionalismo”. Queste dinamiche sono affrontate nell’omonimo testo.

Dato che ci piace sempre porre la nostra attenzione ai tempi che corrono, questo numero di Kanaille è dedicato alla crisi. Tuttavia, non vogliamo impegnarci nel tipo di discorso sulla crisi che sta attualmente dominando il dibattito pubblico. Le nostre parole non intendono minimamente contribuire ad una limitazione dei danni. Sarebbe ipocrita. Siamo fermamente convinti che la distruzione dell’esistente e lo sconvolgimento di tutte le condizioni siano inevitabili per spianare la strada e sperimentare la vita. Indipendentemente da ciò che può apparire. Il contributo “You will find me if you want me in the garden” può forse essere una piccola ispirazione per le possibilità che si presentano nel qui e ora.

Sarebbe sbagliato però concentrarsi solo sui responsabili della crisi attuale. Altrettanto importanti per la sopravvivenza del sistema sono i suoi falsi critici, che stanno già lavorando instancabilmente per assicurarsi un posto nella politica di domani. Come analizzato all’interno del testo “Esitazione significa morte”, gettare uno sguardo sul movimento per il clima può essere molto rivelatore in questo senso. Mentre i Fridays for Future si attengono ancora alle manifestazioni per un futuro migliore e, nonostante l’atmosfera apocalittica, non sono ancora stati sostituiti da un revival del punk e dal suo “No Future” un po’ meno ottimista, le organizzazioni sorelle del movimento per il clima sono già un passo avanti e praticano la disobbedienza civile con titoli molto più drammatici e stracolmi di enfasi tipo “Last Generation” [Ultima Generazione] o “Revolt Against Extinction” [Rivolta Contro l’Estinzione].

Ovviamente, la questione fondamentale è anche quella di come agire. Ovunque si sentono proposte apparentemente sagge per attutire le conseguenze di una crisi. Esse sono rivolte principalmente alla politica, il cui compito, tuttavia, è proprio quello di gestire la catastrofe per far funzionare regolarmente il capitalismo. Quasi nessuno è disposto a mettere in discussione le cause che stanno alla base di tutto e a combatterle come tali. Ed il motivo è chiaro. Perché significherebbe rompere una volta per tutte con la narrazione del progresso. Abbiamo affrontato l’argomento in alcune riflessioni sugli attuali sviluppi tecnologici, volte a dimostrare che l’adesione al pensiero occidentale riguardante il progresso non fa altro che condurre sempre più in profondità in una spirale di dipendenza.

Nell’articolo “La crisi delle crisi” si approfondisce la questione dell’energia che, come nessun altro argomento dopo l’invasione russa dell’Ucraina, è diventata il simbolo della crisi e che, allo stesso tempo, ci mostra in tutta la sua chiarezza i doppi standard dei governanti. I russi sono malvagi, e va bene. Per il resto, la rinuncia individuale sembra essere ancora una volta la ricetta miracolosa. Come lo stesso Robert Habeck [attuale vicecancelliere e ministro dell’economia e della protezione climatica in Germania] vorrebbe farci credere con i suoi patetici consigli per il risparmio. Per tranquillizzare le cosicenze ci sono poi piccole briciole come il biglietto per i mezzi di trasporto ridotto a 9 euro e bonus di ogni tipo per distrarre dal fatto che molti saranno presto sommersi dai debiti, o peggio. Il testo “Sollievo nella crisi, ovvero come la politica cerca di mantenere il controllo nella crisi” esamina questa strategia governativa.

Ma qual è il nesso tra inflazione e guerra? Vale la pena osservare più attentamente piuttosto che credere ciecamente alle spiegazioni governative. Questo è ciò che intendiamo fare con la domanda: “Die oder das Bö(r)se?” [gioco di parole tra “die Börse”, che vuol dire “la borsa valori”, e “das Böse”, cioè “il male”. Letteralmente quindi “la borsa o il male?”]. Perché gli attuali aumenti dei prezzi sono molto più probabilmente dovuti alla speculazione sui mercati finanziari che a un’effettiva carenza di materie prime. Comunque il risultato non cambia. I poveri ne pagano il prezzo mentre i ricchi continuano a trarne profitti. Per inciso, il fondatore di Lidl, Dieter Schwarz, è attualmente il tedesco più ricco. Questo dovrebbe indurre anche quelli più indecisi a mollare qualsiasi remore e iniziare a foderarsi per bene le tasche. Il taccheggio organizzato, come alcune persone hanno già praticato in maniera impeccabile, è già un buon modo per prendere in mano la redistribuzione dall’alto verso il basso e rendersi un po’ meno dipendenti dalle elargizioni dello Stato.

Nel frattempo, dal suo ufficio, l’emetico Olaf [Olaf Scholz, cancelliere tedesco] canta “you never walk alone” e viene spontaneo chiedersi: ‘in che senso?’. Sì perchè risulta difficile immaginarlo a tremare dal freddo nella sua lussuosa villa alla periferia della città in nome di una buona causa. E infatti così non è. Ad ogni modo, ora che il governo sta cercando di ottenere nuovi contratti per il gas con l’Azerbaigian e il Qatar in nome della democrazia e dei diritti umani in modo politicamente corretto, non ci sarà più bisogno di starsene a gelare. In fondo cosa potrebbe andare storto. Se riescono a comprare una coppa del mondo, di certo non possono sbagliare. Le migliaia di lavoratori migranti schiavizzati fino alla morte nei cantieri del Qatar per conto della FIFA sono già dimenticate. Quanto pensano che siamo stupidi…? Eppure, se si chiede in giro, un numero spaventoso di persone è d’accordo con il metodo del governo e dei mass media. Il ricatto morale sta funzionando di nuovo e i governanti stanno usando esattamente gli stessi meccanismi già utilizzati con le misure per il sedicente contenimento del Coronavirus. Chi ci casca deve incolpare solo se stesso…

Per tutti gli altri che, come noi, non vedono l’ora che arrivi l’inverno di rabbia annunciato dal governo federale e stanno già preparando avidamente le taniche di benzina e le bottiglie di vino vuote in cantina, vale la pena di riflettere sulle possibilità e sulle prospettive delle proteste. Com’è possibile che oggi tanti si richiamino positivamente al popolo e alla nazione, mentre allo stesso tempo non si vede quasi più una coscienza di classe? Il mondo è cambiato ed è ora di abbandonare la logica della politica. Classificare le costellazioni per strada secondo un classico schema destra/sinistra non ci aiuterà comunque a capire gli eventi attuali. È chiaro che dobbiamo essere coinvolti. Ma possiamo aspettarci molto di più da momenti che vengono alla luce in modo diffuso, selvaggio e incontrollato, invece di pestar sempre lo stesso chiodo. Non ci saranno risposte facili, ma una cosa è certa: “Né a destra né a sinistra, noi scegliamo la rivolta”.

[Introduzione e contributi del giornale pubblicati in lingua tedesca su https://kanaille.noblogs.org/]