Rigettate ancora le misure cautelari richieste per l’inchiesta “Diana” (12 settembre 2023)

Rigettate ancora le misure cautelari richieste per l’inchiesta “Diana” (12 settembre 2023)

In attesa di leggere le motivazioni, rendiamo noto che il Tribunale del Riesame di Trento, lo scorso 12 settembre, ha rigettato le 12 misure (9 carcerazioni e 3 divieti di dimora a Rovereto e Trento) richieste per altrettanti compagni e compagne del Trentino.

Per farsi un’idea dell’inchiesta “Diana”: Ennesima inchiesta per 270 bis in Trentino: richieste (e non concesse) 12 misure cautelari (https://ilrovescio.info/2023/08/04/ennesima-inchiesta-per-270-bis-in-trentino-richieste-e-non-concesse-12-misure-cautelari/).

[Tratto da https://ilrovescio.info/2023/09/17/trento-rigettate-ancora-le-misure-richieste-per-linchiesta-diana/ e ripubblicato in https://lanemesi.noblogs.org/post/2023/09/18/rigettate-ancora-le-misure-cautelari-richieste-per-linchiesta-diana-12-settembre-2023/]


Ennesima inchiesta per 270 bis in Trentino: richieste (e non concesse) 12 misure cautelari

Nel mese di aprile scorso, i PM Raimondi e Ognibene avevano chiesto 9 misure cautelari in carcere e 3 divieti di dimora a Trento e a Rovereto per altrettanti compagni e compagne. Dal momento che il GIP ha rigettato le richieste, la Procura ha fatto ricorso: di qui la notifica ad alcuni indagati e indagate dell’udienza del riesame, fissata per il 1° agosto e rinviata al 12 settembre per difetto di notifica agli altri indagati. Questa ennesima inchiesta per «associazione sovversiva con finalità di terrorismo» – chiamata, per quel che si capisce, «Diana» – è stata aperta nel 2019, ma prende le mosse da un procedimento per «apologia del terrorismo» avviato dalla Procura di Brescia (in merito a un testo uscito sulla pubblicazione anarchica “Beznachalie”) e passato alla Procura di Trento. L’inchiesta trentina si è estesa poi a ritroso fino al 2013, anno in cui è uscito il primo numero di “Beznachalie”.

Procedendo in una direzione che assomiglia sempre di più a quella delle “leggi scellerate” con cui a fine Ottocento il governo francese aveva dichiarato “malfattori” gli anarchici in quanto tali, questa nuova inchiesta mira innanzitutto a considerare espressione di un «sodalizio terroristico» «l’ideazione, la predisposizione, la redazione, la stampa e la diffusione, anche con strumenti informatici e telematici, delle pubblicazioni denominate “Beznachalie”, “I giorni e le notti”, “Dietro le quinte”, nonché del sito web www.ilrovescio.info». I «luoghi di concertazione del programma criminoso, di raccolta e gestione fondi, di appoggio logistico e ricovero dei sodali» sarebbero gli spazi anarchici “El Tavan” di Trento e “La nave dei folli” di Rovereto, nonché alcune case private.

I «reati-scopo» di tale «sodalizio» sarebbero la contraffazione di documenti per favorire la «clandestinità ovvero la latitanza dei compartecipi», la realizzazione di attentati, l’organizzazione di manifestazioni non autorizzate e violente, la «imposizione e diffusione delle proprie idee politiche di destabilizzazione con violenza e intimidazione anche nei confronti di aziende private».

Nello specifico, si tratta dei documenti falsi per cui Agnese e Stecco sono stati condannati a 2 anni e Rupert a 1 anno e 10 mesi nel processo «Renata»; di quelli trovati a Juan in occasione del suo arresto (per cui Agnese è stata condannata a 2 anni nel primo grado della “operazione senza nome”); del «sostegno operativo» alla latitanza di Juan (per cui Manu è stato condannato a 10 mesi dopo esser stato detenuto per oltre un anno); delle azioni dirette contro il tribunale di sorveglianza di Trento (avvenuta nel 2014 e per cui Juan è stato condannato a 3 anni e 6 mesi nel primo grado dell’“operazione senza nome”), contro la sede della Lega di Villorba (Treviso) del 2018 (per cui Juan è stato condannato a 28 anni in primo grado e a 14 in secondo grado) e contro un Frecciargento a Bolzano nel 2015 (un tentato incendio che i PM vorrebbero attribuire a un compagno in base alle tracce di DNA rinvenute sull’ordigno incendiario, e per cui si indaga per «atto con finalità di terrorismo»); la manifestazione al Brennero del 2016 contro le frontiere (per la quale, in due diversi tronconi processuali, sono stati distribuiti in appello oltre 130 anni di carcere); il tentativo di leggere in una radio commerciale un comunicato contro la strage avvenuta nelle carceri nella primavera del 2020 (per cui Massimo è stato condannato a 1 anno e 1 mese nel primo grado dell’“operazione senza nome”); il tentativo di bloccare una trivella del TAV a Trento nel gennaio del 2022 (per cui esiste un altro procedimento penale in corso). A parte l’episodio del Frecciargento, quindi, si tratta di fatti già oggetto di altri processi o procedimenti. L’intento della Procura è quello di riutilizzare gli stessi episodi per giustificare quel 270 bis sempre caduto nelle inchieste precedenti. Intento che raggiunge i contorni di una vera e propria metafisica della repressione: i reati-scopo esprimono e sostanziano l’associazione sovversiva, la quale, però, nella sua dimensione «ontologica» (proprio così), prescinde dai singoli atti. Puro intelletto terroristico (per questo la centralità delle pubblicazioni), il quale, anche quando non si traduce in atti di eversione, comunque li istiga o ne fa l’apologia.

L’aspetto più pericoloso – oltre all’attacco alle pubblicazioni in quanto tali – è senz’altro la definizione di «terrorismo» impiegata da DIGOS e PM: «intimidire la popolazione e costringere i poteri pubblici a compiere o astenersi dal compiere un qualsiasi atto». Si tratta dell’ormai noto art. 270 sexies, introdotto dal “pacchetto Pisanu” nel 2005. Come è già stato detto e ridetto, «intimidire la popolazione» è un’attività che caratterizza lo Stato e non certo gli anarchici, mentre «costringere i poteri pubblici a compiere o astenersi dal compiere un qualsiasi atto» è quello che si prefigge ogni lotta. Fermare il TAV non è forse costringere governo e RFI ad astenersi dal realizzare l’opera? Bloccare un porto non è forse voler costringere il governo a ritirare il green pass oppure a non inviare armi in Ucraina? L’eventuale esplosione di rabbia sociale contro l’abolizione del reddito di cittadinanza non avrebbe lo scopo di costringere il governo ad astenersi dall’applicare dei provvedimenti già presi? E pretendere che un compagno esca dal 41 bis?

Benché questa definizione di «terrorismo» recepisca – con una formulazione ancora più generica e più adattabile – una definizione-quadro adottata in ambito europeo, l’Italia è l’unico Paese in cui essa viene sistematicamente usata contro il movimento anarchico (e non solo, come vedremo). L’estensione quantitativa e qualitativa del suo uso è un chiaro indicatore di ciò da cui non si può più prescindere: siamo in guerra.

Sul piano generale

Solo negli ultimi due mesi, ci sono state notifiche d’inchieste, anche con perquisizioni e talvolta misure cautelari, a Milano, Trieste, Bologna, Potenza, Torino, Palermo e Perugia. Al di là dei singoli episodi contestati, è evidente che la Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo sta facendo il giro delle Procure con un messaggio esplicito: «Toglieteli di torno, con qualsiasi pretesto». Ma altrettanto evidente è il salto qualitativo: per un compagno è stata chiesta la misura cautelare in carcere per un intervento fatto durante un corteo contro il 41 bis a Torino; le inchieste di Bologna e di Potenza dicono chiaro e tondo che la campagna in solidarietà con Alfredo è di per sé «terroristica» in quanto vuole costringere lo Stato a compiere un atto che non vuole compiere: revocargli il 41 bis. Che tale intento venga perseguìto scrivendo sui muri, affiggendo striscioni, danneggiando una qualche multinazionale, interrompendo una messa, salendo su di una gru, incendiando dei cassonetti in mezzo alla strada o dei furgoni di una ditta implicata nel business penitenziario è in fondo secondario. Infatti a Perugia si è di recente aperta un’indagine per «istigazione alla violenza e apologia del terrorismo» per un lenzuolo con una scritta in solidarietà ad Alfredo e contro il 41 bis. La stessa logica viene applicata ben al di là dell’ambito anarchico. Infatti un paio di settimane fa alcuni militanti di “Antudo” sono stati perquisiti e indagati per «apologia del terrorismo» e per «atto con finalità di terrorismo» per aver pubblicato sul loro sito un video e un comunicato di rivendicazione relativi ad un’azione contro Leonardo-Finmeccanica. Colpire il maggior produttore di armi italiano non significa forse voler costringere lo Stato ad astenersi dal portare avanti le sue politiche di guerra? E chi diffonde le ragioni di tali pratiche di lotta non compie, per ciò stesso, apologia del terrorismo? Non serve certo un disegno per capire dove porta una tale logica inquisitoriale.

Sul piano locale

Si tratta almeno della quinta inchiesta per «associazione sovversiva con finalità di terrorismo» contro compagne e compagni in Trentino in meno di vent’anni, parlando di quelle di cui siamo a conoscenza in quanto notificate agli indagati. Se a questo aggiungiamo lo stillicidio di processi e condanne per altri reati, i compagni in carcere, ai domiciliari o uccel di bosco, le sorveglianze speciali e il fatto che alcuni compagni e compagne passano da una misura all’altra senza soluzione di continuità praticamente dal 2019, l’operazione «Diana» persegue e prosegue una strategia specifica: farla finita con la presenza anarchica in Trentino, le sue idee, le lotte che esprime o di cui è parte, i suoi spazi, le sue pubblicazioni. E non ci sembra un caso, ad esempio, che mentre sono cominciati a Trento sia i lavori per il TAV sia blocchi e contestazioni, in un’inchiesta per «terrorismo» venga inserita un’iniziativa pubblica di contrasto a una trivella e si vada a ripescare, grazie all’uso poliziesco-giudiziario della genetica, il tentato incendio di un Frecciargento avvenuto il 25 aprile del 2015. (Visto che a DIGOS e PM dà così fastidio che si pubblichino i comunicati di rivendicazione, queste le parole diffuse all’epoca dagli anonimi sabotatori: «In ricordo dei sabotaggi partigiani. Libertà per i compagni in carcere. Ciao Guccio. Non sempre la fortuna aiuta gli audaci»). Tra l’altro, il primo tentativo (fallito) di applicare il 270 sexies è stato quello della Procura di Torino nei confronti dei compagni e della compagna arrestati e condannati per l’azione incendiaria contro il cantiere chiomontino del TAV nel 2014 (il cosiddetto processo del «compressore»).

La morale dell’obbedienza

Negli stessi giorni in cui veniva notificata l’inchiesta «Diana» (con cui volevano sequestrare in carcere e togliere dalle lotte ben 12 compagni e compagne), i PM Raimondi e Ognibene ponevano sotto sequestro giudiziario una porzione del cantiere TAV a Trento Nord (senza che questo fermasse il prosieguo dei lavori complessivi). Un provvedimento interno a un’indagine per «disastro ambientale» – per ora nei confronti dell’amministratore delegato e di un altro responsabile di RFI – aperta in seguito all’esposto fatto da alcuni No Tav. Benché i lavori del TAV continuino tutt’attorno, il sequestro di alcune aree inquinate dall’ex Sloi e dall’ex Carbochimica (in particolare a causa del piombo tetraetile e di vari solventi chimici) e la realtà di un possibile avvelenamento di massa che diventa «ipotesi di reato» hanno sbugiardato le continue rassicurazioni di RFI e le palesi complicità di Provincia e Comune di Trento. Gli stessi magistrati che riconoscono formalmente la fondatezza degli allarmi contro il TAV, colpiscono chi da quegli allarmi trae la logica conseguenza sul piano etico e pratico: costringere con l’azione governo e imprese a non realizzare l’opera. Qual è la morale della storia? A noi sembra questa: se di fronte a un disastro ambientale si fa appello alla magistratura si è dei «cittadini»; se ci si organizza per bloccare o peggio ancora sabotare i mezzi del disastro si è «terroristi» – di più: si è «terroristi» anche se si difendono o soltanto si diffondono le ragioni dell’azione diretta. Si chiama morale dell’obbedienza.

Dal nostro lato della barricata, ogni giorno di obbedienza, ogni giorno di pace sociale è un giorno in più di guerra e di repressione.

anarchiche e anarchici di Trento e Rovereto

[Tratto da https://ilrovescio.info/2023/08/04/ennesima-inchiesta-per-270-bis-in-trentino-richieste-e-non-concesse-12-misure-cautelari/ e ripubblicato in https://lanemesi.noblogs.org/post/2023/08/04/ennesima-inchiesta-per-270-bis-in-trentino-richieste-e-non-concesse-12-misure-cautelari/]


Alcune azioni sepolte tra le carte di Questura

Non è vero che leggere le carte di Questura non serve a niente. Nella “Informativa Diana Bis” della Digos di Trento – ben 326 pagine, parte di altre centinaia di pagine che compongono l’intero fascicolo dell’“Operazione Diana” – si trova un elenco di azioni dirette avvenute in Trentino e in altre zone d’Italia, delle quali, stando alla polizia politica, non sarebbero comparse rivendicazione nei “siti d’area”. Le riportiamo così come descritte dai questurini, per sottrarre questi gesti di ribellione ad un ingiusto oblio.

31 luglio 2019, Rovereto: è stata danneggiata, verosimilmente dall’esplosione di un ordigno tipo bomba carta, una vetrina dell’Agenzia interinale “Ranstad” ubicata in Piazza Indipendenza n.2, angolo via Bezzi. Sulla stessa vetrata è stato rinvenuto un documento di rivendicazione, dal titolo: “Lo sfruttamento si può colpire – In ricordo di Willem e di Mikhail – In solidarietà con gli anarchici prigionieri – Forza e coraggio ai compagni appena condannati a Firenze”.

14 ottobre 2019, Rovereto: le tre vetrate che compongono la porta d’ingresso principale dell’Agenzia di Assicurazioni “Generali” sono state infrante da alcuni sassi e, sul muro adiacente, è stata tracciata la scritta “Qui si finanzia il furto di terre in Africa”. Nella stessa notte, ignoti hanno imbrattato con vernice rossa e arancione la facciata e deturpato l’ingresso dell’ente di ricerca tecnologica della Provincia Autonoma di Trento “FBK”, tracciando altresì la scritta “No ricerca bellica” su di un totem pubblicitario dello stesso ente.

10 dicembre 2019, Trento: una decina di soggetti travisati hanno danneggiato le vetrine della sede dell’Agenzia di lavoro interinale “Adecco” e le vetrate dell’Istituto di Credito “Sparkasse” di viale Verona.

8 settembre 2020, Rovereto: sono stati danneggiati – con l’introduzione di silicone – i blocchetti delle serrature del negozio “Happy Nails” e sulla vetrata è stata tracciata la scritta: “Per te e il tuo amico Salvini”. Ulteriormente, sulle serrande del “Bar Caffè Bontadi”, le cui serrature sono state sigillate con del silicone, sono state tracciate le scritte “Salvini merda” e “Per voi e l’amico”. In proposito, si precisa che, il 3 settembre precedente, l’On.le Matteo SALVINI – in occasione del tour elettorale promosso dalla Lega a sostegno dei candidati Sindaco della coalizione di centro-destra – si è fermato presso il predetto esercizio commerciale “Happy Nails”, ove è stato accolto dalla proprietaria Elisa MANFRINI, candidata a Rovereto per le elezioni del Consiglio Comunale nelle liste della Lega Nord, spostandosi poi alla “Caffetteria Bontadi”, ove si è svolto il comizio.

La stessa sera, due soggetti hanno danneggiato lo sportello bancomat di una filiale della Cassa Rurale di Rovereto in via delle Erbe n. 2, cospargendo la tastiera di sostanza gelatinosa blu, impedendo così l’utilizzo dell’ATM.

21 novembre 2020, Caprino Veronese (VR): in zona immediatamente a ridosso del confine con questa Provincia [Trento], sono stati dati alle fiamme i ripetitori di diversi gestori di telefonia mobile; nei pressi degli apparati danneggiati è stato rinvenuto un ordigno inesploso e rilevate le scritte “Stragista è lo Stato – Solidarietà con gli imputati Scripta Manent – Fuoco al coprifuoco – Forza Juan.

6 maggio 2021, San Godenzo (FI) – In una zona boschiva del Monte Falterona, è stato registrato un tentativo di incendio ai danni dei ripetitori RAI, MEDIASET e TIM. Sul posto sono stati rinvenuti una scatola da scarpe con all’interno una bottiglia di plastica contenente liquido infiammabile ed un innesco assemblato con diavolina, fiammiferi antivento ed una fascetta di plastica, oltre ad una tanica di benzina poco distante.

10 maggio 2021, Legnago (VR) – Alle ore 17 circa, è stato appiccato un incendio a un’antenna di proprietà della società telefonica ILIAD, ubicata nei pressi dello stadio “Sandrini”.

23 maggio 2021, Vicolungo (NO) – Ignoti hanno incendiato la cabina di un ripetitore della TIM, vergando, sul muro perimetrale della struttura, la scritta “Blocchiamo la rete 5G”.

31 maggio 2021, Imola (BO) – Ignoti hanno incendiato un ripetitore della TIM.

19 giugno 2021, Pistoia – In località montuosa Paradiso, è stato danneggiato un ripetitore della società WIND; gli autori, dopo aver tagliato la recinzione metallica ed essersi introdotti nel perimetro, hanno incendiato con liquido infiammabile il quadro della rete di isolamento, provocando l’interruzione del servizio.

5 luglio 2021, a Volano (TN), nei pressi di un traliccio TIM sono stati rinvenuti due rudimentali ordigni incendiari fissati alla struttura con nastro adesivo. Il gesto è stato rivendicato dagli autori con la seguente scritta, vergata sul muro di cinta che delimita l’area dell’impianto: “Juan libero – Tutti liberi“, seguita dal simbolo anarchico della “A” cerchiata.

Il 27 ottobre 2021, a Trento, è stato danneggiato un armadio telefonico con il taglio dei cavi elettrici ed è stata rinvenuta la scritta “Intralcia il controllo – sabota il green pass”.

L’8 novembre 2021, a Mori (TN), è stata danneggiata una centralina di smistamento del traffico telefonico della TIM, mediante il taglio di 10 cavi. Sull’anta della cabina è stata tracciata la scritta “Lasciamo passare la paura No green pass”.

3 marzo 2022 a Mori (TN): è stato posto in essere un attacco incendiario ai danni di un ripetitore telefonico WIND.

24 giugno 2022, Arco (TN): sono stati incendiati tre tralicci delle compagnie telefoniche Vodafone, Wind e Iliad. In tutti e tre i casi il fuoco è partito dalla base del traliccio, danneggiando prima le centraline e poi le antenne superiori.

10 novembre 2022, a Trento, è stata infranta una porta a vetri della sede della Deutsche Bank e sono stati imbrattati i muri con le scritte: “GUERRAFONDAI”, “CON ALFREDO IN SCIOPERO DELLA FAME” e “SOLIDALI CON ALFREDO IN SCIOPERO DELLA FAME”.

[Tratto (incluse le righe introduttive) da https://ilrovescio.info/2023/09/04/alcune-azioni-sepolte-tra-le-carte-di-questura/ e ripubblicato in https://lanemesi.noblogs.org/post/2023/09/05/alcune-azioni-sepolte-tra-le-carte-di-questura/]