Qui siamo nell’esercito
Una cartografia non esaustiva del supporto europeo e italiano agli anarchici nell’esercito di Kiev
Il piano inclinato verso la terza guerra mondiale sembra sempre più scivoloso e imprevedibile. Dopo la controffensiva fallita dell’esercito Ucraino, e in attesa di una probabile offensiva russa in estate, l’Unione Europea e i singoli Stati dell’Europa occidentale corrono al riarmo accelerato aumentando la produzione di munizionamenti1 in vista di un sempre meno improbabile coinvolgimento diretto. Mentre la Romania si prepara a ospitare la più grande base NATO europea, progettata su misura per la guerra alla Russia2, vari Stati europei (tra cui Germania, Danimarca e Francia) hanno annunciato la volontà di rafforzare il servizio militare o di reintrodurre la leva obbligatoria3, e c’è chi addirittura invoca una nuova Pearl Harbor per compattare il fronte interno europeo4. Intanto, l’attentato alla Crocus City Hall sembra fin troppo adatto a fornire a Putin l’occasione di un’escalation5, e la carneficina di Gaza fa vacillare forse irreparabilmente il ruolo del blocco occidentale come garante dei valori democratici.
Nello scenario della guerra inter-capitalista globale che appare sempre più senza ritorno, aumenta ogni giorno l’urgenza di costruire una mobilitazione internazionale che sappia opporre una resistenza concreta al proseguimento delle ostilità e provi a rovesciare la guerra dei padroni contro i padroni. Eppure, in Europa e in Italia ci sono compagni indaffarati a supportare economicamente e politicamente l’esercito di Zelensky, con progetti di solidarietà che si concentrano sul fornire attrezzature militari a anarchici e militanti di sinistra che hanno scelto di arruolarsi nei ranghi di Kiev. Ci sembra utile documentare alcune di queste tendenze belliciste del movimento anarchico e antagonista per invitare tutti i compagni che mantengono posizioni disfattiste e internazionaliste a prendere parola e a intensificare i loro sforzi affinché le prossime fughe in avanti del conflitto capitalista non ci trovino del tutto impreparati.
Le posizioni prese da vari gruppi di compagni nell’Europa dell’est e nell’Europa del nord sono abbastanza disarmanti… I sedicenti «vari gruppi anarchici in Germania» (che a quanto sappiamo, pur parlando a nome di tutti, rappresentano principalmente la comunità di anarchici esuli da Ucraina, Russia e Bielorussia) si sono recentemente espressi contro l’ipotesi di un cessate il fuoco, dato che «Un cessate il fuoco in questa fase non farà altro che dare alla Russia un po’ di riposo e un punto d’appoggio nei territori occupati»6 (posizione che ricorda la triste svolta militarista dei Sedici: «Parlare di pace in questo momento significa appunto fare il gioco del partito filogovernativo tedesco […]»). In Germania, Olanda, Belgio, negli squat, continuano i benefit (rilanciati in Olanda e Belgio anche dalla federazione anarchica Vrije Bond7), per Solidarity Collectives (precedentemente «Operation Solidarity»), rete di volontari che supporta i «combattenti anti-autoritari» che si sono arruolati nell’esercito ucraino. Questi combattenti sono in buona parte, ma non solo, inquadrati in un distaccamento noto come «Resistance Committee»8 che fa parte delle forze di difesa territoriali (ovvero i riservisti) dell’esercito ucraino (e quindi sottoposti alle strutture di comando militari tanto quanto gli anarchici che si sono invece arruolati nell’esercito regolare).
Sui canali di Solidarity Collectives9 compaiono a ritmi serrati nuove raccolte fondi per l’acquisto di droni, visori notturni, sistemi elettronici, auto, e altro equipaggiamento militare. Per fare un esempio, la campagna per l’acquisto di un drone veniva presentata con queste parole: «I droni d’attacco FPV sono relativamente economici e molto efficaci. Tali droni kamikaze hanno già dimostrato la loro efficacia nel distruggere l’equipaggiamento e la fanteria nemici e nel ridurre la logistica ravvicinata del nemico. Possono anche compensare parzialmente la mancanza di armi di artiglieria. […] Pertanto, stiamo aprendo una nuova sezione di lavoro del nostro team: l’assemblaggio di UAV d’attacco»10. La produzione di questi droni sarebbe anche un modo per «rinforzare le strutture anti-autoritarie, e un’opportunità per dimostrare la possibilità di produzione basata sull’autogestione e sulla responsabilità collettiva dei lavoratori»11. Insomma, una risposta hacker alle carenze nelle forniture da parte della NATO, nell’attesa che l’industria bellica europea si metta a sfornare artiglieria a ritmi adeguati. Che poi la comunicazione al fronte si basi sul sistema Starlink, tecnologia di proprietà di uno dei singoli uomini più ricchi del pianeta, non sembra un ostacolo: per racimolare i soldi necessari per un disco Starlink basta una colletta12.
Rispetto alle cause del conflitto, nel suo manifesto, Solidarity Collectives nega con decisione che l’attività della NATO abbia avuto un ruolo nello scoppio della guerra, che sarebbe riconducibile in toto a una volontà unilaterale di espansione imperiale della Federazione Russa13. E mentre i tentativi del governo di Kiev di procurarsi carne da cannone evitando allo stesso tempo proteste diffuse fra la popolazione lasciano sempre più spazio a una vera e propria caccia all’uomo14 (recentemente abbiamo iniziato a vedere circolare i video di reclutamenti forzati in cui i sospettati di renitenza vengono braccati per strada e scaraventati in dei furgoni per essere condotti al fronte in 48 ore15), non troviamo sui canali di Solidarity Collectives e del Resistence Committee nessun commento a riguardo. Nessuna parola da spendere per chi, per la Patria, non ha intenzione di morire, nessuna parola sulle proteste di chi chiede che i propri cari vengano smobilitati dopo quasi due anni di servizio al fronte praticamente senza interruzione16. Al contrario, Solidarity Collectives sottolinea come «molti uomini e donne ucraine, inclusi i nostri compagni, si siano uniti alle unità armate volontariamente e consapevolmente». Questo fatto (che non mettiamo in dubbio), se fornito senza menzionare la stima di oltre 650.000 uomini in età di leva che avrebbero lasciato il paese dall’inizio del conflitto17, diventa propaganda di guerra18. Man mano che si esaurisce l’iniziale afflato che ha convinto molti a impugnare le armi (e i segnali sono molteplici), diventerà chiaro ai più che lo Stato e il suo esercito non hanno potuto difenderli nella guerra se non al prezzo di renderli schiavi e mandarli al massacro. Il silenzio che questi compagni stanno tenendo sulle coscrizioni forzate non terrà più. Cosa diranno allora? Come potranno prendere le distanze dai carnefici che hanno sostenuto?
E se Solidarity Collectives afferma che il supporto alla “resistenza” ucraina non comporta il supporto alle politiche del governo, è pur chiaro qual è la catena di comando: se la singola unità di ex-militanti combattenti può permettersi di prendere le decisioni col metodo del consenso, l’anarchico vegano arruolato non ha problemi ad ammettere che, a livello del rapporto con le altre unità, vige la gerarchia militare, dato che «siamo nell’esercito»19. E se per ora i rapporti con i nazisti non creano problemi (ce n’è solo uno nel battaglione, e ha capito che «siamo tutti sulla stessa barca», per cui condivide con gli anarchici le sue conoscenze pratiche), Solidarity Collectives si dice pronta a opporsi alle «tendenze autoritarie» nell’Ucraina post-bellica. Peccato che queste «tendenze» si stiano già ampiamente dispiegando favorite dalla guerra stessa20, come loro stessi registrano: «Le condizioni sociali ed economiche stanno peggiorando per colpa della guerra. Sfortunatamente, lo Stato risponde con riforme neoliberali, deregolamentando i rapporti lavorativi e rimuovendo protezioni sociali. […] I sindacati ucraini potrebbero resistere a tutto ciò. Eppure, molti membri dei sindacati sono al momento in servizio nell’esercito ucraino, e i sindacati indirizzano i loro sforzi principalmente al supporto dei loro membri al fronte e delle loro famiglie»21. Consapevoli delle conseguenze nefaste per i proletari ucraini del fatto che i sindacati abbiano messo in secondo piano la lotta ai propri padroni per fare la guerra a fianco dei padroni, la conclusione non poco surreale è di supportare la svolta militarista dei sindacati: «Questo è il motivo per cui cerchiamo di fare il possibile per supportare i sindacalisti che prestano servizio militare e le loro unità militari». Sulla fantasia di poter conciliare l’adesione all’esercito con la lotta femminista e ecologista ci sembra opportuno sorvolare.
Di fronte a queste tendenze, rimane per noi di incredibile attualità la risposta che Malatesta scrisse al manifesto interventista dei Sedici. In due pagine della sua tipica prosa cristallina, Malatesta argomentò che l’unica condotta degli anarchici «tracciata dalla logica medesima delle loro aspirazioni» è di opporre alla guerra dei capitalisti la rivoluzione sociale, e che non può che essere fallimentare allearsi con la propria borghesia pensando in questo modo di proteggersi da un pericolo più grande. Ed è particolarmente triste che proprio la storica rivista Freedom su cui Malatesta pubblicò queste tesi nel 1916 abbia dato spazio negli ultimi tempi a materiali che non sapremmo definire se non come bieca propaganda bellicista, come la lettera (poi rimossa dal sito) del cecchino che chiede equipaggiamento militare e racconta: «Mi sono arruolata nella fanteria ucraina come pioniere di assalto il giorno dopo l’inizio dell’invasione su larga scala. Perché? Non ho speso tempo in particolare pensando al perché. Forse era un senso di libertà. La libertà mi ha spinto a combattere»22. La rivista su cui apparve l’inequivocabile conclusione di Malatesta «Oggi come sempre il nostro grido sia: Abbasso i capitalisti e i governi, tutti i capitalisti e tutti i governi» ora pubblica gli scivolosi ragionamenti di Darya Rustamova sui nazionalismi cattivi e quelli meno cattivi23, e le posizioni di Zosia Brom di indulgenza verso l’imperialismo occidentale in quanto argine all’imperialismo russo24 («Quando voi dite “Fuck NATO” o “Stop all’espansione della NATO”, quello che sento è che non vi interessa della sicurezza e del benessere dei miei amici dell’Europa dell’est»). È interessante notare che sia sulle pagine di Freedom che su quelle di Organise (organo della Federazione Anarchica Inglese) la questione è spesso posta in termini di westsplaining25. Gli anarchici occidentali sarebbero incapaci di ascoltare gli anarchici locali e avrebbero l’arroganza di voler spiegare la realtà dal loro pulpito, impugnando i principi dell’anarchismo con rigida ortodossia: un rodato stratagemma retorico per costringere gli anti-militaristi a cedere alla vergogna del loro “privilegio” e adottare posizioni belliciste che, tra l’altro, non sono affatto rappresentative né dell’Europa dell’est, né dell’Ucraina26.
Prima di arrivare al belpaese, citiamo brevemente «Gnip», acronimo di «Good night imperial pride». Gnip si definisce come un collettivo anarchico che supporta i combattenti anarchici e anti-autoritari nell’esercito ucraino, con raccolte fondi principalmente per forniture militari, e ricorda Maidan come la «rivoluzione della dignità»27. Gnip ha rilanciato, come anche Solidarity Collectives, le manifestazioni che si sono tenute a Berlino, Varsavia e Zurigo, Vilnius, Tbilisi, Barcellona e Vienna il 24 febbraio in occasione del secondo anniversario dell’invasione russa28. Queste manifestazioni hanno visto la presenza di spezzoni anarchici con le parole d’ordine «fragile peace breeds more war» (una pace fragile produce più guerra). Agli anarchici schierati con lo Stato, oltre a chiedere alla NATO di fornire più armi all’esercito di Kiev, non resta che correggere il linguaggio: se non si è più contro lo Stato – un dato di fatto, dal momento che si supporta chi combatte nei ranghi dell’esercito statale –, si può ancora essere contro gli imperi. Ecco quindi che compaiono gli «anarchici contro gli imperi» a dichiarare non più «morte allo Stato» bensì «morte all’Impero». L’obiettivo è «distruggere gli imperi e le dittature», gli Stati, a quanto pare, si possono salvare.
In Italia, il lavoro e le posizioni militariste di Solidarity Collectives sono state diffuse in particolare dalla rivista Malamente e dal libro pubblicato dall’omonima casa editrice, Qui siamo in guerra. Già nel 2022 un’intervista apparsa su Malamente riportava la posizione di un membro di Solidarity Collectives secondo cui la vittoria dell’Ucraina sul campo sarebbe l’unica tattica per garantire la sopravvivenza di un movimento di sinistra nel paese. La vittoria di Zelensky sarebbe indispensabile in una strategia antifascista per contrastare l’ultra-destra ucraina (dato che Zelensky «non è un nazista»), per evitare il rischio di un revanscimo ucraino in caso di sconfitta e per evitare che il merito di una eventuale vittoria vada tutto all’estrema destra…29 Viene da chiedersi cosa c’è di utile in un antifascismo che rinuncia allo sforzo rivoluzionario in favore di una difesa inter-classista dello stato democratico per conservare i minimi spazi di manovra concessi dal regime neoliberale. E in caso di un improbabile esito positivo del conflitto, come non immaginare che le componenti nazionaliste e lo Stato nel suo insieme ne escano invece rafforzati? E come non immaginare le possibili conseguenze nefasta di un revanscismo dall’altro lato del fronte? Questo antifascismo, come scrisse Simone Weil, soccombe all’assurdità di voler «combattere una tirannia barbara schiacciando i popoli sotto il peso di un massacro ancora più barbaro».
Altri spunti in riferimento a Solidarity Collectives, ma non solo, provengono da due articoli apparsi nell’ultimo numero di Malamente (marzo 202430). Nel primo articolo, Vittorio Sergi intervista Ludovico, fondatore del progetto Giuditta Rescue Car, che ha portato aiuti umanitari in Ucraina in collegamento con la rete di Solidarity Collectives. «Molti compagni in Europa occidentale vedono con sospetto questa pratica di sostenere economicamente i combattenti che sono comunque inquadrati in un esercito statale sostenuto con notevoli finanziamenti dagli Stati della NATO. Perché ha senso secondo te contribuire economicamente all’equipaggiamento dei combattenti volontari anarchici e della sinistra ucraina?» chiede Vittorio. «Allora le ragioni sono tantissime. La prima è che la guerra costa […]. Il fronte è molto grande e quindi riuscire a coprire ogni necessità da parte dello Stato è comunque complicato […]» (corsivo nostro). Il ruolo della “solidarietà” è quindi, dichiaratamente, coprire i buchi delle forniture statali, arrivare là dove non arrivano le forniture NATO, procurando droni, tablet, protezioni, e altro equipaggiamento che l’esercito non fornisce, in perfetto accordo con lo striscione comparso a Barcellona nell’anniversario dell’invasione russa in cui la A cerchiata è quella di «Arm Ukraine». E ci sono buone notizie per i portatori di quello striscione: mentre carichi di uranio attraversavano di nascosto la pianura padana sui treni di Trenitalia diretti al fronte31, l’UE stanziava altri 5 miliardi di euro per gli aiuti militari all’Ucraina del 202432, miliardi che contribuiranno ulteriormente a galvanizzare l’industria bellica degli stati membri. En passant, nel racconto di Ludovico, l’episodio di un reclutamento forzato di uno dei volontari legati a Solidarity Collectives. Ma a quanto pare le critiche alla coscrizione forzata non scuotono la fiducia nell’esercito e nel fatto che «a difendere l’Ucraina ci sono gli ucraini». E mentre si attende una massiccia ondata di reclutamenti per ottenere mezzo milione di nuovi soldati, a dare speranza sarebbe una petizione che richiede una mobilitazione «più equa» in cui vengano spediti al fronte anche deputati e personale amministrativo.
A finanziare il progetto Giuditta Rescue Car, e a supportare una fantomatica «resistenza anarchica e transfemminista» anche il Circolo Anarchico Camillo Berneri di Bologna, che ha guadagnato anche al suo patrono, ardente antimilitarista, il nome di un fuoristrada consegnato ai cecchini della legione straniera, e battezzato «Camillo, in onore e nell’impegno storico di Camillo Berneri, anarchico italiano»33 prima di essere mandato al fronte. Se la storia ormai non offre lezioni ma solo simbologia e lignaggi che possono essere assemblati a piacimento, ecco che gli anarchici nei ranghi di Zelensky possono scomodare le facce di Bakunin e Machno per oscurare i propri volti, o possono essere tranquillamente accostati agli Arditi del Popolo e alla lotta armata partigiana34 (sull’arbitrarietà di questi accostamenti, rimandiamo ad altri testi35,36).
Nella seconda intervista, Vittorio Sergi chiede a Xsenia, volontaria nelle iniziative solidali di un collettivo artistico attivo in Ucraina, un commento sull’attacco da parte dei fascisti a David Chichkan, noto per le sue posizioni anarchiche. «Questa situazione mi fa impazzire perché non me l’aspettavo. […] Prima della guerra era molto popolare andare a Odessa ed entrare in contatto con la comunità degli artisti. Perché c’è il mare e vicino al mare il mondo dell’arte è più tranquillo e ci si può concentrare meglio sulla pratica. Quindi si, per me, come per gli artisti della comunità di Odessa, è stato un vero shock […]». Ma questo è derubricato alla stanchezza: «La guerra è stata molto lunga e non tutti possono arrivare a gestire bene le proprie emozioni» e le tendenze fasciste sono spiegate in termini di «conflitti mentali». Insomma, la città in cui i neonazisti ucraini massacrarono decine e decine di persone di etnia russa che si erano rifugiate nella Casa dei Sindacati (di cui svariate morirono in un rogo appiccato all’edificio o lanciandosi dalle finestre per salvarsi dal fuoco) è un tranquillo posto di mare in cui rilassarsi e fare arte. Ora, non ci interessa scagliarci contro quella che pensiamo essere l’ingenuità di Xsenia, bensì rilevare la rimozione (che ci sembra significativa) dalla memoria di un evento così tragico e così recente (era sempre il 2014) e la facilità con cui questo resoconto viene pubblicato senza alcuna nota critica o di contesto da parte dei redattori.
Questo breve resoconto termina qui. Il futuro sembra intenzionato a porci la necessità di dare una concretezza sempre più materiale, anche qui in Europa, alle nostre posizioni. È quindi indispensabile sgomberare il campo dalla febbre anarco-militarista che ha contagiato vari gruppi di compagni anche alle nostre latitudini, e ribadire che l’unica posizione possibile per gli anarchici rimane quella disfattista e internazionalista, contro il nemico in casa nostra, contro ogni Stato ma a partire dal “nostro”, e quindi per noi contro lo Stato italiano, contro l’UE, contro la NATO. L’unica guerra che ci compete è quella sociale, contro il capitalismo, contro le sue guerre, contro la sua pace.
Note
1. https://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/europa/2024/03/15/dallue-500-milioni-per-piu-munizioni-ce-anche-litalia_84b6f0b1-7c65-4c02-b365-ee5dd6abe9a6.html
2. https://www.lindipendente.online/2024/03/20/sorgera-in-romania-la-nuova-base-nato-costruita-su-misura-per-la-guerra-alla-russia/
3 https://www.lindipendente.online/2024/03/29/il-ritorno-della-leva-militare-obbligatoria-in-europa/
4. https://24plus.ilsole24ore.com/art/il-vertice-europeo-modalita-guerra-cosi-ue-e-costretta-cambiare-pelle-AFNR696C
5. https://pungolorosso.com/2024/03/24/sullattentato-di-mosca-e-dintorni-la-via-obbligatadi-nato-e-ue-e-port are-la-guerra-in-russia-italiano-english/
6. https://ilrovescio.info/2024/03/26/toccato-il-fondo-si-puo-sempre-scavare-sulle-derive-stataliste-e-militaris te/
7. https://www.vrijebond.org/documentary-screening-benefit-for-solidarity-collectives/
8. https://t.me/theblackheadquarter
9. https://t.me/SolidarityCollectives
10. https://t.me/SolidarityCollectives/1006 11 https://t.me/theblackheadquarter/612 12 https://t.me/SolidarityCollectives/1010
13. https://www.solidaritycollectives.org/en/manifesto-en/
14. https://www.lindipendente.online/2024/03/26/sempre-meno-uomini-ucraini-vogliono-combattere-le-autorita-li-reclutano-con-la-forza/
15. https://www.repubblica.it/solidarieta/emergenza/2024/03/01/news/ucraina_nella_guerra_rischiano_di_finire_a_combattere_anche_gli_operatori_umanitari_i_reclutatori_salgono_sui_tram_a_cacci-422239114/
16. https://www.lindipendente.online/2023/12/06/le-proteste-dei-familiari-dei-soldati-si-stanno-diffondendo-in- ucraina/
17. https://www.bbc.com/ukrainian/articles/cd1px4z922wo
18. Anzi, i Solidarity Collectives esprimono partecipazione alla giornata ucraina del volontario, celebrazione patriottica della difesa della patria che ricorda i volontari del 2014, essendo che «non c’è un singolo soldato nei nostri ranghi che non sarebbe venuto al fronte volontariamente». https://t.me/SolidarityCollectives/1097
19. https://www.youtube.com/watch?v=dTr0kqPJRGY&ab_channel=SolidarityCollectives
20. Sulle conseguenze disastrose della guerra per la società Ucraina, e in particolare per la sua classe lavoratrice: https://pungolorosso.com/2024/04/04/lo-sfacelo-sociale-e-militare-dellucraina/
21. https://t.me/SolidarityCollectives/1094
22. https://web.archive.org/web/20230419073028/https://freedomnews.org.uk/2023/04/19/notes-from-a-ukrai nian-sniper/
23. https://freedomnews.org.uk/2022/03/07/a-thousand-red-flags/
24. https://freedomnews.org.uk/2022/03/04/fuck-leftist-westplaining/
25. https://organisemagazine.org.uk/3d-flip-book/organise-96-plus/
26. https://assembly.org.ua/
27. https://t.me/gnimperialpride/774
28. https://pramen.io/en/2024/02/anarchist-solidarity-with-the-people-of-ukraine/
29. https://rivista.edizionimalamente.it/malamente-n-26-settembre-2022/
30. https://rivista.edizionimalamente.it/malamente-n-32-marzo-2024/
31. https://ilrovescio.info/2024/03/30/la-guerra-tocca-chiunque-non-solo-i-soldati-al-fronte-sui-trasporti-di-uran io-nelle-ferrovie-italiane/
32. https://www.eunews.it/2024/03/14/ue-5-miliardi-ucraina-aiuti-militari/
33. https://t.me/quisiamoinguerra/950
34. https://rivista.edizionimalamente.it/malamente-n-29-giugno-2023/
35. https://ilrovescio.info/2022/10/28/quando-machno-spazzo-via-grigoriev-su-movimento-anarchico-guerra-in-ucraina-e-non-solo/
36. https://ilrovescio.info/2023/09/12/sabotiamo-la-guerra-appello-per-una-mobilitazione-contro-la-guerra-in-ucraina/
PDF (lettura): Qui siamo nell’esercito
PDF (stampa): Qui siamo nell’esercito
[Ricevuto via e-mail e pubblicato in https://lanemesi.noblogs.org/post/2024/04/13/qui-siamo-nellesercito/]