Juan Sorroche: Riflessione sul contesto generale delle cause della lotta

Riflessione sul contesto generale delle cause della lotta

Riguardo alle mie condanne e accuse processuali e il nesso delle pratiche d’azione di lotta rivoluzionarie non-sistemiche e il “mio” significato della visione anarchica

“(…) La realtà è proprio questa cosa complessa che non può essere ricondotta alle risultanze di un procedimento giudiziario. Questo sarà sempre arbitrario e sarà fondato non sull’evidenza ma sulla forza, non sulla logica ma sul dominio. Ragionamento difficile? Forse sì, ma ragionamento che una volta fatto non si dimentica più” [Pubblicato con il titolo “Noterelle su Sacco e Vanzetti. In margine a un convegno di studi”, in “Anarchismo”, n. 63, luglio 1989, pp. 36-40].
Alfredo Maria Bonanno, A mano armata, Pensiero e azione, Edizioni Anarchismo

In ricordo, e un caro saluto e a presto compagno Alfredo!

Nota:

Per facilitare la scrittura del testo ho scelto di utilizzare principalmente il maschile come desinenza di genere. Consapevole dell’importanza di rifiutare e contrastare prevaricazioni di genere (come di quelunque tipo), confido nella comprensione di chi legge affinché bessunx si senta discriminatx.

Premessa:

Ciao a tutte, compagne e a tutti, compagni

sono Juan Sorroche, prigioniero anarchico arrestato il 22 maggio 2019 e scrivo dalla sezione AS2 del carcere di Terni dove mi trovo rinchiuso da 5 anni.

Dopo la mia pesante condanna del 26 gennaio 2024 a Roma nel processo di Cassazione per l’azione alla Lega Nord, partito che era ed è parte del governo dello Stato italiano, un partito fortemente razzista, misogino e xenofobo.

Come prigioniero anarchico vorrei chiarire ai compagni, ai rivoluzionari, ai reietti e agli oppressi il nesso delle cause della lotta per il quale oggi sono qui in prigione come prigioniero anarchico.

In primo grado, anche avendo il PM tolto l’accusa di “strage politica” (285), mi condannarono a 28 anni di carcere più 3 anni di libertà vigilata. In appello, ridemensionandola quasi a metà, mi condannarono a 14 anni e 7 mesi. La Cassazione pochi giorni fa mi ha condannato definitivamente a 14 anni e 7 mesi, una condanna significativa ed esemplare per l’attentato.

In prima istanza voglio dire che io sono entrato in carcere avendo già un cumulo di circa 8 anni per i miei percorsi di lotta in Italia, motivo per il quale sono scappato in latitanza nel 2016 per continuare a vivere-lottare. Di questi 8 anni, 4 anni sono per il “processone NO TAV” andati definitivi. In seguito gli altri 4 anni sono diversi processi legati a lotte anticarcerarie e contro i CPR, antifasciste e antidemocratiche, lotte contro le tecnologie, gli OGM, “ambientaliste”, alle quali ho preso parte provando sempre a includere l’aspetto anti-statale e anti-capitalista dell’anarchismo in Trentino come in diverse situazioni italiane. Tra cui anche la Val Susa, percorso che avevo intrapreso negli anni passati nella lotta NO TAV contro uno dei progetti del capitale e dello Stato e il devastante tentacolo del treno ad alta velocità. Sono stato arrestato tra molti per le giornate di lotta e scontri violenti del 3 luglio 2011. Nel processo e durante la mia carcerazione di allora, ho rivendicato con un comunicato personale quelle giornate di lotta e i percorsi di opposizione al TAV e più in generale l’aspetto anti-statale e anti-capitalista. Ho rifiutato nel “Processone NOTAV” la difesa, posizionandomi anti-giuridicamente provando anche in tribunale a lottare rifiutando il processo, ritenendo che non mi dovevo “difendere” in quel teatrino giudiziario, e per questo sono stato condannato a 4 anni e 6 mesi. E mi assumo tali decisioni a testa alta.

Nel maggio del 2019, dopo 2 anni e mezzo di latitanza, sono stato arrestato insieme ad un altro compagno accusato insieme ad una compagna di aver favorito la mia latitanza, e poi il compagno è stato condannato per favoreggiamento a un anno e mezzo, condanna che era significativa ed esemplare come non se ne vedeva da anni, e ci dava l’avviso del nuovo tenore dei processi a venire.

Quando sono stato arrestato, man mano, sono venuto a conoscenza di una serie di indagini e di processi che mi vedono accustao di diversi attentati (con finalità terroriste) in Italia:

– gli ordigni alla sede della Lega Nord a Treviso per l’attentato del 12/08/2018, riguardo i due ordigni esplosivi, uno esploso e un altro pieno di chiodi scoperto dagli artificieri in forma di trappola per atturare i componenti dell’immobile e le forze dell’ordine; questi furono posizionati nella sede della Lega Nord di Treviso e furono rivendicati con la rivendicazione:

“Colpiamoli a casa loro!!!!: (…) per attaccare nello specifico il razzismo e lo sfruttamento. Colpire lo Stato, il capitale i suoi responsabili. L’azione diretta ci rende chiaro perché e come.
Per una solidarietà internazionalista, ribelle, e Anarchica!
Solidarietà a tutte/i le/i prigionieri (…). E atutte/i le/i ribelli rinchiuse/i nelle patrie galere nel mondo!
Cellula Haris Hatzimihelakis/Internazionale Nera 1881/2018”.

– l’ordigno al tribunale di sorveglianza di Trento 2014. Condannato in promo grado a 3 anni e 2 mesi, poi assolto in appello, devo andare prossimamente in Cassazione. Rivendicato anonimamente: in solidarietà e per dare voce ai prigionieri che lottano con dignità in tutte le carceri e ai compagni anarchici che erano in prigione isolati in AS2 in Italia e altri prigionieri anarchici nel mondo.

– l’ordigno contro la POL GAI (scuola di polizia) rivendicato dalla cellula H, riporto alcuni schizzi della rivendicazione pubblicata:

“(…) come cellula H (C.A.A.) affini alla Internazionale Nera e ci aggiungiamo alla chiamata per l’azione per un DICEMBRE NERO.
Abbiamo attaccato uno dei bracci armati dello Stato. In questa “scuola” vengono istruiti sbirri di tutta Italia e di altri Stati. Questo è un piccolo segnale contro la guerra.
Solidarizziamo con tutte le persone che lottano contro tutti gli Stati e il capitale.
Il nostro pensiero va rivolto ai tanti compagni repressi, rinchiusi, torturati, o uccisi nel presente e nel passato.
In solidarietà a tutti i detenuti che lottano”.

Ciò nel contesto della campagna lanciata dei prigionieri anarchici in Grecia per un Dicembre Nero, chiamata internazionale nel contesto dell’anarchicmo d’azione nel 2015.

Processo che comincerò a breve.

Fino ad oggi ho accumulato 23 anni di galera.

Azioni che condivido in quanto per me sono parte della storia del nostro movimento di lotta nell’anarchismo d’azione rivoluzionario non-sistemico e della lotta per la libertà di tutti gli oppressi nel mondo. Al di là della mia responsabilità o no in tali fatti. E sono determinato ad andare avanti nel mio essere anarchico per vivere-lottare dentro le mie limitate possibilità da prigioniero.

– Cause generali della lotta e la connessione delle pratiche d’azioni di lotta rivoluzionarie non-sistemiche –

“(…) la nostra etica non ha niente a che fare con la morale di questa società fondata sul dominio. Ma non possiamo lasciare che siano i nostri nemici a parlare di noi e quindi, di fatto, a parlare per noi. Piuttosto ostacolare, incrinare, sovvertire la narrazione del potere, sforzandosi di rovesciarla in un discorso nostro, che non perda mai di vista quanto ci sta a cuore”.
“La solidarietà e il suo fantasma”, “i giorni e le notti”

“È sempre il presente che ha uno sguardo trasformativo sul passato. Il passato non è immobile in una cassaforte, è sempre lì a disposizione delle nuove generazioni e questo lo diceva un grandissimo intellettuale ebreo che era Walter Benjamin, sono le lotte del presente che riattivano le scintille di speranza del passato, perché il passato, nei propri tentativi di emancipazione, di uguaglianza, di utopia, è rimasto incompiuto, ma quell’incompiuto non è seppellito per sempre, può essere riattivato oggi. (…)”.
“Il passato incompiuto e il coraggio necessario” (da un intervento in piazza a Trento febbraio 2024 in solidarietà al popolo palestinese)

Ritengo necessario prendere posizione e chiarire il senso delle cause della lotta nell’anarchismo e che mi hanno portato qui in prigione per provare a rovesciare la descrizione delle autorità e rivoltarlo in un discorso nostro di lotta, viste le tante volte che è stato interpretato e falsificato dal potere statale con tanti ruoli dogmatici che mi hanno addossato forzando e incastrando ruoli, gerarchie, e ideologie mai assunte. Così come il significato della condivisione delle pratiche d’azione di lotta rivoluzionaria per le quali oggi continuo ad essere accusato, e per le quali sono stato già condannato ad una pena esemplare.

Non ho nessun rimpianto del mio essere individualista anarchico, anzi, sono fiero. E ciò, ripeto, a prescindere dalle responsabilità o no di tali fatti, continuo a condividere le azioni della lotta anarchica contro il capitale e tutti gli Stati razzisti, imperialisti e colonialisti come è l’Italia, oppure la Spagna dove sono nato. Farò un discorso sulle cause generali della “mia” lotta nell’anarchismo in Italia. Lotta che è anche per la libertà di tutti gli oppressi, dei quali io sono parte. Perché l’anarchismo d’azione e l’anarchismo della progettualità insurrezionale è il movimento-galassia che frequento da 25 anni. Nell’anarchismo d’azione abbiamo, che piaccia o no, “politicamente”-socialmente i nostri spazi, tempi e metodi creati in anni e anni con la nostra lotta, lotta da 150 anni di storia dell’anarchismo, così come le sue diverse prospettive. Ho fatto sempre attenzione, ho “studiato” da auodidatta, solo in carcere a 46 anni ho preso il titolo della scuola media, e devo dire che da quando ho cominciato a leggere, venti anni fa, col tempo ho compreso che l’ho fatto, al principio, istintivamente, come strumento di consapevolezza dell’uomo in rivolta; questo per dire quanta importanza hanno nell’anarchismo come strumento le teorie, i libri, nostri giornali, come strumenti di relazioni e conoscenza sperimentale che accompagna la prospettiva per sapere indirizzare l’agire.

Credo sia fondamentale capire le metodologie delle esperienze passate nell’anarchismo e delle esperienze rivoluzionarie o delle lotte di ogni tempo contro ogni forma di autorità.

E perciò, a parte una mia naturale curiosità di tutte le cose dell’universo, cerco di essere sempre accorto nel collegare le fondamentali radici del nostro passato di lotta nell’anarchismo. Che sempre, bisogna dirlo, è stata lotta fra i reietti dei reietti; il lumpen operaio e che è per me l’essenza dell’anarchismo rivoluzionario non-sistemico ed eretico. Credo che le metodologie di rivolta e rivoluzionarie del passato siano essenziali da conoscere, come radici nostre, per crescere e svilupparci nella prassi oggi, nel presente, per provare ad evolverle continuamente in meglio così come per ritentare con le nostre possibilità nell’anarchismo libertario, lotta che è, sempre, contro ogni oppressore autoritario.

Lo Stato e la repressione ci segnalano spesso direttamente, quando ci condannano esemplarmente, indicandoci che quelle azioni e in generale le azioni di attacco con le loro cause di lotte rimangono spuntate qualitativamente se non sono accompagnate da una proiezione e da delle prospettive libertarie nella lotta fianco a fianco con gli sfruttati e delle conseguenti forze reali che bisogna creare.

Ma che non è sempre il lottare a fianco a fianco degli sfruttati nel senso tradizionale, ossia nel senso nello stesso spazio-tempo, non è solo l’aggrupparsi assieme omogeinizzandosi in un fronte unico, ma anche il saper creare da sé la lotta con i nostri spazi-tempi, e nei nostri spazi-tempi, e sapendo anche rispettare gli altri spazi-tempi nelle loro diverse diversità di oppressi che lottano contro ogni autoritarismo.

Quello di cui bisogna essere consapevoli, delle diverse lotte, è che sono di già intrinsecamente collegate alle varie lotte antiautoritarie, sono interconnesse ai nostri bisogni comuni di oppressi, di reietti, e bisogna imparare a guardare con altre lenti, che non siano le stesse di questa civiltà. Visione di chiara consapevolezza perché l’interconnessione sta nella stessa natura dell’essere oppressi e reietti.

Però attenzione, io non mi dimentico le mie contraddizioni e imperfezioni. Non dimentichiamo le nostre contraddizioni collegate ai nostri privilegi di occidentali, bianchi, maschi cis eterosessuali: eterosessuale non è una colpa in sé, ma lo è quando è l’unica via imposta dall’educazione statale da piccoli che ci impone questo binario a senso unico senza lasciarci scelta libera. Tutto questo è imposto dalla struttura famigliare, patriarcale, cristiana qui in Occidente. E io credo che è il primo anello della catena di privilegi e oppressioni, la base che regge la civiltà gerarchica-statale in Occidente.

Così anche come non bisogna dimenticare le nostre diverse e diversificate oppressioni, di genere, di razzializzazioni, dal posto dove siamo nati e la conseguente classe sociale. E facciamo molta attenzione nell’economia capitalista all’intrinseco lavoro non-salariato schiavistico e autoritario nella famiglia imposto da secoli alle donne o altre individualità non allineate ai canoni della società. Le ultime, in generale donne, di più se sono immigrate, lesbiche, trans, così come gli omosessuali ecc. ecc.

Queste dovrebbero essere osservate, accettate, confrontate e curate come tali nelle nostre diverse oppressioni e privilegi. Dico dovrebbero perché è un’autocritica, alla poca attenzione e cura che ho fatto e faccio a ciò.

Perciò c’è il bisogno impellente di saper creare la non dualità della lotta, che è il saper creare da sé lotta intrisecamente alla cura solidale di sensibilità, che è coraggio e un altro tipo di paradigma di concepire la lotta e la sensibilità e la forza.

È ciò che io chiamo concettualmente:

I miei due pilastri fondamentali dell’anarchismo che sono i due draghi dell’anarchia.

Che è un’immagine figurale per semplificare e provare a comunicare e spiegare concetti molto complessi della lotta e che sono per me l’interno-l’esterno dell’individualità con l’interno-esterno del collettivo nella lotta anarchica.

– Il primo drago ha due facce ed è come yin con yang.

Yin è la distruzione fondamentale di questa colonna portante che sono i nostri privilegi, radicati in noi, diversi e diversificati.

Yang è l’aspetto creativo e va accompagnata alla continua creazione di noi stessi con l’autoeducazione che è sviluppo del il Sé-individuale accompagnandolo all’Essere anarchico come apertura alla cosmo-visione all’altro, e a tutto ciò che ci circonda in generale; noi, come individualità, ne siamo parte inseparabile.

Dunque è consapevolezza chiara, è tensione verso la liberazione continuamente. È una rivoluzione interna dell’essere, e per me personalmente è liberazione come pratica di autoeducazione continua mistica-spirituale.

– L’altro drago è l’organizzarsi individualmente e collettivamente per l’attacco esterno alla struttura sistemica e oppressiva e che produce le diverse morali sociali e materiali come organizzazione sociale e distruzione di questa civiltà autoritaria e dunque la conseguante lotta per organizzarsi per l’attacco ad ogni potere gerarchico e autoritario.

Questi due draghi generali sono allo stesso tempo yin-yang e devono camminare sempre di pari passo con il loro percorso d’insieme organico con la prospettiva della liberazione totale.

Credo che questo cammino con i due draghi è un percorso costante in tutta la nostra vita di relazioni dell’insieme e va costantemente equilibrato e riequilibrato. È una prospettiva articolata e organica perciò se ne isoliamo o togliamo una parte, questa parte è destinata ad appassire perché vive di una vita alienata e di una vita illusoria, dato che non riceve linfa proveniente del resto della pianta, ossia di tutti questi altri fattori fondamentali del vivere-lottare.

E perciò ho notato spesso che, nella repressione-statale, lo Stato vuole palesemente cancellare il contesto sociale e “politico”, tagliare la linfa e naturalizzare negli oppressi che lottano l’isolamento e la frammentazione alienandoci. Depolicizzando, denaturalizzandoci dal contesto sociale naturale delle azioni, delle lotte, e dei percorsi dei compagni alienandoci dai nostri contesti e così scollegandoli concettualmente anche dalle lotte degli oppressi delle quali si è parte naturale.

E che è giusto non dimenticare che queste azioni non sono chiacchiere ma espressioni concrete di pratiche di solidarietà dell’anarchismo per tutti gli oppressi, gli ultimi.

Lo Stato è consapevole che c’è sempre stata questa incontrollabile possibilità di contagiosità. Perciò colpisce reprimendo i ribelli e i rivoluzionari per prevenire e per portare al minimo tali incontrollabili possibilità.

Sapendo, lo Stato, che oggi in Italia non si hanno forze reali materiali rivoluzionarie contro uno Stato infinitamente più potente. Ma sa che le mire, le nostre, sono giuste ideologicamente, perché provano a creare questa incontrollabile possibilità contagiosa. Però le possibilità incontrollabili si devono creare attaccando e lottando in pratica alle radici le violenze sistemiche che compiono da secoli e secoli gli Stati-razzisti-colonialisti e capitalisti.

Nei fatti l’indirizzo è giusto.

Però dobbiamo anche essere sinceri con noi stessi, e consapevoli che la volontà, le passioni di cuore, le ideologie utopiche sono necessarie e fondamentali. Ma sono fondamentali, e mancano, le creazioni metodologiche e materiali, le preparazioni di prassi delle forze reali oggettive e qualitative, come minoranza rivoluzionaria anarchica, per potere dare slancio alle lotte libertarie, essere consapevoli che questi diversi aspetti sono inseparabili gli uni dagli altri. E questa è la necessità di intrecciare l’insieme di pratiche di lotta, volantini, giornali, occupazioni, guerriglia urbana e partigiana, così come il continuare ad affinare analisi e capacità materiali. È così che bisogna ancora e ancora lottare e lottare perché la sproporzione sia ribaltata dalla ginnastica rivoluzionaria.

In più la propaganda di prassi mostra e avvisa e mette in guardia, dice a tutti noi oppressi che l’ora di agire è adesso. E che il compito d’ogni individualità è lottare e lottare per sdradicare proprio ciò che oggi abbiamo sotto i nostri occhi; le stragi, i genocidi degli oppressi per mano del capitalismo e di ogni Stato che per natura è razzista e imperialista e colonialista.

È per ciò che oggi la solidarietà non può non andare alla resistenza degli oppressi palestinesi che resistono con la guerriglia armata da 75 anni al colonialismo occidentale.

Perché dal 7 di ottobre fino ad oggi in Palestina sono state uccise 30.000 persone sotto le bombe e in maggioranza civili, tanti e tanti bambini trucidati. Senza contare il genocidio portato avanti da 75 anni, compiuto dallo Stato israeliano-sionista. Con la complicità del colonialismo capitalista degli USA e degli Stati occidentali europei come l’Italia. Questo è il razismo sistemico di Stato.

Così come sono razzismo sistemico di Stato le continue stragi sistemiche intrinsicamente naturalizzate ai nostri occhi come vediamo ogni giorno nel Mediterraneo. Oppure in Libia con i grandi campi di concentramento, come ad esempio sull’isola di Lesbo in Grecia, oppure in Italia, Francia, Inghilterra, Spagna e ciò è per lo sfruttamento capitalistico schiavista per la mano d’opera degli immigrati nelle campagne come in tutte le città dell’Occidente e di tutto il mondo globalizzato capitalistico.

Che poi sono gli stessi vari corpi militari che mi hanno arrestato, che mi tengono prigioniero, e servono a consolidare questo Stato-razzista per mantenere immutabile il loro potere di sfruttatori. Vogliono cancellare con un colpo di spugna i livelli altissimi di razzismo sociale che si respirava quando quelle azioni rivoluzionarie sono state fatte così come vediamo oggi in Italia e nel mondo e che tutti gli Stati e il capitalismo da decenni fomentato. Così come è oggi in tutta la società italiana facendolo passare come qualcosa che è privo di violenza, una semplice opinione… gli Stati e il capitalismo da sempre vogliono sorvolare su queste questioni fondamentali e fomentare le frammentazioni, l’isolamento, l’alienazione con lo strumento utilissimo della guerra e il razzismo che è la lotta fra noi poveri e oppressi: il divide e impera.

Tutto questo noi occidentali dovremo studiarlo, saperlo, perché siamo complici dell’occidente con i suoi movimenti coloniali europei, portatori dell’ispirazione del concetto di sterminare e eliminare gli indigeni nel mondo, ne sanno qualcosa i miei antenati spagnoli, dove sono nato, e bisogna vergognarsi di ciò che è lo Stato spagnolo.

Perciò dobbiamo utilizzare i privilegi che abbiamo acquisito con il genocidio e il sangue degli indigeni sterminati nei secoli per provare a lottare e lottare contro i nostri Stati occidentali, con forza, contro le ideologie razziste, figlie di tutti gli Stati e del capitalismo, dell’imperialismo e di tutti i nostri movimenti coloniali che hanno radici ben profonde nell’Europa occidentale e statale.

È perciò che ieri come oggi bisogna lottare contro la pulizia etnica degli oppressi della Palestina lottando contro i nostri Stati occidentali, così lottiamo contro lo Stato d’Israele colonialista che ha come ideologia il sionismo, che è intrinsecamente razzista.

E dunque:

“Non possiamo parlare oggi su ciò che accade in Israelòe e Palestina senza parlare del sionismo e infatti non è certo per caso che così tanti sforzi siano stati investiti da Israele e dai suoi sostenitori, in questo come in altri paesi, per equiparare antisionismo e antisemitismo e quindi verrai messo a tacere. Nondimeno questo è l’unico modo corretto di rappresentare questa storia”.

Ma attenzione perché questa storia, è anche storia di lotta e di resistenza degli oppressi palestinesi, e deve essere soprattutto nostra, dei reietti che lottano in tutto il mondo.

“Perciò bisogna andare alle radici delle violenze che nascono da precise ideologie, ideologie razziste, e che nascono dagli Stati nazionali occidentali, dal capitalismo, dal quale nasce anche l’ideologia sionista alla cui base sta l’eliminazione dei nativi”.

Ecco il nesso, il nocciolo, le cause della lotta per la quale oggi sono qui in prigione.

La lotta per la distruzione di qualsiasi Stato, del capitalismo, con le loro conseguenti guerre, genocidi, razzismi, sessismi, patriarcati, apartheid, ogni prigione, ogni gabbia e frontiera così come ogni gerarchia e autoritarismo di ogni colore e tipo. Ossia per l’Anarchia.

Il nesso specifico di prigioniero anarchico per provare a contribuire e formulare analisi e metodologie in lotta con la relazione delle cause della lotta generale.

“Ad oggi, la guerra contro il nemico internosi è sovrapposta irrimediabilmente a quello contro il nemico esterno, in un unico movimento per l’accumulo di predominio politico, economico e culturale che va innanzitutto a svantaggio delle popolazioni e degli oppositori.

In questo quadro l’accorpamento della magistratura antimafia e antiterrorismo (2015) ha generato una macchina strapotente che si autoalimenta con sempre nuove inchieste e mezzi a disposizione per sorvegliare sempre più persone o far credere di farlo, con l’obiettivo di installare la paura e fare il vuoto intorno a chi viene colpito più direttamente.

Contro ogni distinzione tra colpevoli e innocenti, che è puro arbitrio dell’inquisizione democratica, sostenere le ragioni della rivolta e le identità messe sotto attacco, è una questione di autodifesa collettiva. Gli strumenti repressivi sempre più duri che vengono usati contro determinate categorie di persone sono destinate ad espandersi. L’ampliamento del regime del 41bis, la storia recente dello strumento repressivo del 270 (associazione sovversiva), l’imputazione a Zac per 270 quinquies (autoaddestramento), il pacchetto sicurezza, il Decreto Caivano, l’estensione della Sorveglianza e della carcerazione a tutti i livelli, ne sono un esempio. Su questa scia, i sindacati autorganizzati vengono accusati di associazione a delinquere, la lotta dei disoccupati organizzati diventa estorsione, gli scontri in strada puniti con l’aggravante camorristica, le pubblicazioni o gli striscioni censurati con l’accusa di istigazione a delinquere o apologia di terrorismi. Anche l’esenzione delle misure di prevenzione e del dispositivo della “sorveglianza speciale” – storicamente usate per punire poveri, briganti e antifascisti – è una delle tante conseguenze della fusione di apparati antimafia e antiterrorismo e della necessità di equiparare l’armamentario di guerra contro la criminalità organizzata (mediatico, giuridico, linguistico) contro dissidenti […].

Questo sistema è storicamente espressione di una radicata cultura del sospetto e della tendenza, fin dalla colonizzazione del Sud Italia, a trasformare la questione sociale, gli ideali e le lotte in problemi giudiziari-criminali”.

– Napoli, da un testo diffuso durante lo sciopero generale del 23 febbraio –

– Sorveglianza sociale e sorveglianza speciale –

E perciò, come perfettamente analizzato sopra dai compagni napoletani, credo che sia così per la mia condanna specifica per la Lega Nord. E così come il processo “nuovo” che sto per subire per 280 (attentato terroristico) a Brescia.

Dunque questi processi e condanne non solo vengono a colpire noi come individui specifici a sé, ma soprattutto come dinamiche tattiche-strategiche dello Stato italiano complice delle guerre coloniali in generale e in specifico per quella di Israele in questo momento storico con il pattugliamento strategico della nave di guerra nel Mar Rosso e l’enorme vendita d’armi ad Israele per difenderlo così come la complicità nella repressione e nell’imprigionamento per ordine di Israele in Italia di 3 Palestinesi con l’utilizzo del 270. Uno rinchiuso in questa sezione di AS2 di Terni. A loro va tutta la mia solidarietà.

E qui rientrano questi strumenti repressivi generali con gli ordini non tanto velati della potente macchina della Direzione Distrettuale Nazionale Antiterrorismo Antimafia con condanne esemplari in questo momento storico al nemico interno.

E in specfico per gli ordigni alla sede della Lega Nord a Treviso. Con una sproporzione di pena tra i fatti e il reato, condanna che non trova precedenti negli ultimi decenni di storia del movimento anarchico, con l’aumento della repressione e il cambiamento di interpretazioni delle leggi esistenti. Come con la legge di “strage politica”. Così come per la prima volta è passata la strage nelle condanne di Anna Beniamino e Alfredo Cospito, compagni anarchici. Cui va tutta la mia solidarietà e stima. Sproporzione è dire poco.

E pure è così per il nuovo processo dell’ordigno contro la POL GAI (scuola di polizia) con dietro sempre l’indirizzo e gli ordini della non tanto velata D.D.N.A.A. che sta dietro alla magistratura bresciana. Processo che comincerà a breve.

Però non mi vorrei soffermare solo a livello di analisi tecniche processuali, questo lo faranno se vorranno altri compagni e meglio di me, o della repressione come sfiga. Vorrei invece far risaltare il contesto di lotta di questa azione in specifico alla POL GAI della quale mi accusano. Al di là della mia responsabilità o no in tali fatti.

Contesto di tale azione, che però è un metodo utilizzato nell’anarchismo da tanto tempo e che in questo caso specifico è stata la campagna di Dicembre Nero lanciata dai prigionieri anarchici in Grecia e con una risposta internazionalista in tutto il mondo dell’anarchismo d’azione nel 2015.

E che vorrei ricordare che aveva:

“Come filo conduttore dell’anarchia e dell’azione diretta ed era stato in grado di accomunare compagni di Grecia, Italia, Colombia, Spagna, Svizzera, Olanda, U.K., Germania, Messico, Cile, Argentina, Bolivia, Brasile, Canada, U.S.A., Uruguay, Australia, Perù, Ecuador e Belgio attraverso tante azioni multiformi. Testi da parte dei compagni detenuti, contro-informazione, e azioni di propaganda, striscioni nelle ali delle prigioni, cortei militanti e scontri con la polizia, incendi, bombe e vandalismi contro obiettivi nemici, iniziative negli squat e nei centri sociali, le pubblicazioni di lavori anarchici che descrivono le esperienze insurrezionali e di azione diretta, manuali e analisi teoriche di diverse visioni, tutte hanno contribuito nel proprio unico modo a un fronte polimorfo di lotta organizzata in maniera informale che internazionalizza le esperienze e si porta all’attacco”.
Nikos Romanos, “Attacco dunque sono”

E questo è di fatto il contesto reale che è stato un contributo dell’anarchismo d’azione vivo e qualitativo. Al di là di ciò che dirà e dice la magistratura di Brescia, che vuole solo decontestualizzare e depoliticizzare quest’insieme di azioni di lotta legali e illegali e che non hanno importanza gerarchica per chi ha contribuito alla chiamata di Dicembre Nero e che l’azione alla POL GAI di Brescia né è parte. Questo è.

Così come si vuole decontestualizzare e depoliticizzare il mio anarchismo viste le tante volte che le magistrature hanno interpretato e falsificato nelle diverse indagini e sedi giudiziarie, come la “nuova” indagine e il processo di Brescia, con i tanti ruoli dogmatici che mi hanno addossato, perché, primo, non sono un anarco-insurrezionalista, come ripetono continuamente a pappagallo, e rifiuto questa figura e questo concetto perché è imposto dalle diverse procure in diversi processi come parte di una categoria da generalizzare e unificare a piacimento per indirizzare meglio le indagini della magistratura e della D.D.N.A.A. Sono un anarchico individualista, e di sicuro non saranno le procure a catalogarmi in un’etichetta stigmatizzata per il loro tornaconto.

E così, lo stesso hanno fatto e interpretato a piacimento riguardo i diversi numeri dell’aperiodico “Beznachalie” che hanno preso come prove, fanno lo stesso continuamente, interpretando e distorcendo i testi.

Tra l’altro un aperiodico pubblico, e non clandestino, occulto o losco, come vogliono far passare per creare un ambiente di sospetto, e che tra l’altro sempre ho rivendicato orgogliosamente come parte delle mie idee e come mezzo di propaganda libera e auto-prodotto da me. E così come ho scritto pubblicamente nell’aperiodico, n.9, condividendo a testa alta il metodo e la campagna di Dicembre Nero nel 2016.

Una chiamata che è tutt’oggi un metodo-strumento valido, un metodo qualitativo, e che fa parte di tutto il movimento anarchico d’azione.

Appunto è un metodo di articolazione di tutti quelli che nel movimento Anarchico lo condividono. non un etichetta o una sigla, come vogliono far passare la magistratura e la D.D.N.A.A. addossandomi ruoli e gerarchie dogmatiche mai condivise.

Queste riflessioni partono sempre dall’autocritica. Con ciò voglio affermare chiaramente e con fermezza ciò che penso e di cui sono convinto, ma sinceramente non mi interessa affermare per forza le mie proprie ragioni.

Però credo che nel dare inizio a delle discussioni, proposte e chiamate, specifiche o generali e che dovrebbero portare a delle azioni multiformi, queste sono discussioni, proposte e chiamate che sono vivaci, ed è importante discuterle fra i compagni. Dunque dovrebbe essere ricordato a noi stessi che tutti i compagni che si riconoscono sono della stessa parte, dunque non nemici; sennò, a che pro discutere o fare le cose assieme?

Io credo che quando si è deciso di fare discussioni, proposte e chiamate sarebbe molto opportuno e consigliabile dirci chiaramente cosa vogliamo ottenere da queste discussioni, proposte e chiamate, e le ragioni per le quali ci stiamo assumendo l’articolarsi informalmente nell’anarchismo d’azione. Come credo anche che per dare inizio alle discussioni e proposte sarebbe il caso di essere chiari in prospettiva, il che vuol dire semplicemente il pensare prima alle diverse problematiche che possiamo trovare, oppure tante altre cose che potrebbero essere utili, oppure su cosa e su che azioni non siamo d’accordo.

Oppure perché: “se i compagni andavano difesi soltanto nei limiti del movimento anarchico internazionale impostando la propaganda solo sulle motivazioni degli anarchici e accettando esclusivamente quelle forze estranee che se dichiaravano disposte a mantenersi nei limiti di quelle motivazioni” (A. M. B).

Io credo che questo si dovrebbe fare prima per logicità e si eviterebbero tanti altri problemi superflui. Poi io credo che, a parte ciò su cui pone l’accento A. M. B., che per me può andare bene in generale, per i compagni anarchici e in particolare se non sei d’accordo sulle azioni o sulle propositività delle azioni che hanno portato in prigione i compagni. Però se si condividono politicamente le lotte e le azioni di cui sono accusati, io credo che bisognerebbe ricordare le cause del perché i compagni sono in prigione; certo se uno è d’accordo. In più io credo che siamo noi anarchici che dobbiamo avere ben ferma la nostra bussola e le nostre progettualità anarchiche di prassi e il timone dritto dell’azione diretta e della rottura contro ogni autorità e non lasciarci portare dai diversi flutti. Avendo ciò chiaro è ovvio che i riformisti faranno i riformisti e il mondo della stampa e dello spettacolo farà spettacolo sensazionalista becero e probabilmente oscurandoci spettacolarmente, anche quando siamo in tutte le tv del mondo; quello è spettacolo, finzione, è illusione. Ma questo a noi anarchici ci deve interessare? Non se abbiamo chiara e procediamo con la nostra progettualità anarchica e rivoluzionaria, perché le forze reali sono ben altre. Altrimenti come pensiamo di stare in una rivolta allargata o in una insurrezione e nella rivoluzione?

E dunque sarebbe il caso conseguentemente di interrogarsi e interrogarsi su queste proposte, ma prima fra compagni:

“se gli anarchici fanno di tutto per allargare la loro propaganda, per coinvolgere la gente, per farsi sentire da un numero quanto più vasto possibile di persone, come si fa poi, quando l’occasione si presenta, a non accettare la collaborazione di forze politiche e intellettuali che si sa benissimo dove vogliono dove vogliono andare a parare?

Come uscire dal dilemma? In modo semplice, partendo sempre dalla tesi che per noi il fatto tecnico è secondario, e che se i compagni vengono accusati, imprigionati e in certe occasioni, anche giustiziati, questo avviene solo e perché sono anarchici, a prescindere del fatto oggettivo che costituisce elemento di dibattito processuale ma che a noi in quanto rivoluzionari, interessa solo in modo marginale. Non possiamo mai perdere questo punto come elemento centrale della campagna politica di difesa” (A. M. B).

Poi al contempo dobbiamo avere la nostre autonomia nell’anarchismo così non subordiniamo le nostre percezioni ad una strutturazione centralizzata. Assumendoci le proposte e le chiamate, come metodo e dunque anche come lo spazio-tempo, è così che diamo supporto a tutto ciò che è sviluppo di iniziative individuali e di diversi collettivi e gruppi, in modo che la creatività individuale e collettiva dei compagni possa crescere in modo inventivo e informale. Essendo così non si è sottoposti a nessuna volontà di una tendenza politica. E il tentare di creare delle basi, come compagni, con una sana coesistenza fra le diversità dell’anarchismo d’azione e di provare ad avere un approfondimento fra diverse prospettive nell’anarchismo. Sforzandosi e riconoscendo il contributo sincero di tutte le differenti visioni della lotta. Questo per me dovrebbe essere l’obiettivo.

Ai compagni dico che è un metodo di articolazione che avrebbe l’intenzione di creare delle relazioni di lotta per saper riprodurre strumenti metodologici ponderatamente e seguire costantemente e con assiduità le lotte. E non abbandonare percorsi e situazioni alle quali si promettono a parole anche vendette immani, e dico a parole per esperienza perché poi queste promesse, vendette, e percorsi cadono quasi tutti nel vuoto dopo il momento d’eccitazione momentanea, e quando passa un certo periodo di tempo poi purtroppo arrivano altre promesse e chiamate di “moda” momentanee e di eccitazione. E il percorso precedente cade nel silenzio assoluto con le sue promesse e vendette. E attenzione, perché sto facendo un’autocritica. Per poi seguire continuamente, di qui e di là, le lotte del momente emergenziale, senza una reale continuità.

Credo che basterebbe l’accortezza di includere quelli cominciati e collegarli con un filo alle cause generali della lotta e alle lotte di necessità che arrivano di nuove nel momento, così da evitare un dispendio di energia e anche per prospettiva e continuità. Come ad esempio succede con il silenzio assordante da un po’ di mesi ad oggi riguardo il percorso e la questione del declassamento di Alfredo dal 41bis, contro il 41bis e l’abolizione dell’ergastolo, perché c’è un’altra nuova emergenza. E attenzione non dico che queste nuova emergenze non sia da seguire, oppure che non sia giusto impegnarci, anzi. Però… credo che cercare ponderatamente gli strumenti metodologici adatti, come i metodi utilizzati nelle lotte citate, per far sì che queste caratteristiche possano emergere quando decidiamo in tutte le campagne di azione autonome. E sarebbe buono che si basasse non più sulle emergenze degli scioperi della fame dei prigionieri ma sulle lotte e tematiche nate e decise collettivemante per utilizzare tali metodi. In questo modo ci sarebbe l’opportunità di svilupparli seguendo i ritmi nostri e non dell’emergenza e dunque delle circostanze e il ritmo che ci dà lo Stato, e provare così ad intensificare il conflitto con un filo conduttore e una prospettiva.

Questo per me è provare nella pratica a lanciare delle prospettive d’azione nel concreto aperte e multiformi per tutti gli anarchici d’azione e gli oppressi che vogliono lottare, a provare ad articolarsi e organizzarsi informalmente con altri anarchici e non.

Credo che lasciando lo spazio aperto a multiformi azioni e a tutte quelle diverse individualità anarchiche che dovrebbero impedire che diventino “proprietà privata” di una qualsiasi tendenza specifica anarchica, oppure una esclusiva pratica specifica anarchica di questa tendenza oppure di quella. Invece di ciò che diventino metodologie e strumenti per tutti i compagni che vogliono trasformare l’anarchismo d’azione in un reale contrasto contro il sistema.

E questi metodi sono stati utilizzati nello sciopero di Alfredo. Per l’Aquila, per chiudere la sezione di AS2 oppure per la chiamata di Dicembre Nero. Questo strumento metodologico è stato di fatto in connessione di comunicazione fra diverse pratiche anarchiche locali e internazionaliste. È questo che bisognerebbe analizzare e saper riutilizzare… tutte le pratiche: analizzare–provare–sapere-riutilizzare viste le loro qualità e utilità. E, in più, si è saputo anche allargarlo anche a delle componenti non anarchiche. E questo dal mio punto di vista è positivo.

Dunque per me è voler creare questi strumenti relazionali metodologici. E in pratica in queste lotte citate c’è stata, in ognuna diversamente, la coesistenza creativa di compagni di diverse provenienze e concezioni ideologiche e così di fatto il superamento dialettico tra tendenze. Come il superamento dell’impantanamento della solo teoria e dell’ingorgo sclerotico di rincorrere costantemente l’emergenziale. Però, compagni, bisogna provare di fatto a superare e creare dinamiche diverse e inverse alla “cultura” e all’ambiente che c’è nell’anarchismo come ad esempio il radicamento di ghetti e di diverse parrocchie ideologiche con l’ambiente rarefatto perché così non esce niente di positivo. Questa è la mia volontà. E io credo che dovrebbe essere la volontà dei compagni che desiderano lottare nell’anarchismo d’azione come minoranza anarchica e rivoluzionaria non-sistemica e che non si vogliono cementificare nel dogmatismo, e provare a cambiare e creare dalla base un nuovo paradigma.

Così come credo importante cambiare approccio per la distruzione della distinzione fra legale e illegale come concezione gerarchica di ciò che si fa o cosa gli altri fanno. Così per non andare poi con il senno di poi a giudicare o reclamare con il copyright della tendenza anarchica questa o quella forma di azione. E dunque la realizzazione pratica di una percezione nascente per far sì che le gerarchie dei mezzi di lotta possano essere eliminati, ma attraverso la prassi, l’azione, nella diversità dell’anarchismo. Cosi che ogni individualità possa essere nella diversità, parte della totalità dell’anarchismo di azione. E non il continuare a polarizzare l’anarchismo di azione.

Questo strumento metodologico a me piace perché, oltre ad essere utile e qualitativo, in pratica ha delle caratteristiche di apertura e di inclusione, non è per una esclusiva tendenza dell’anarchia, sia nuova o vecchia, anzi, lascia aperto a chi ha scelto di assumersi il complesso di tali chiamate e proposte di modo che ognuno possa agire secondo le condizioni che vuole e nelle maniere che ogni individualità e collettività sceglie di farlo. Questo è per me informalità. A me paiono le basi dell’orizzontalità dell’anarchismo. E che non è sinonimo di non discussioni vivaci o di non criticare costruttivamente, e anche critiche forti. Bisogna essere consapevoli anche che non si può omogeneizzare il tutto, bisogna scegliere anche con chi, perché e come: “perché un movimento, sia pure rivoluzionario, ha sue necessità di sviluppi, certe divergenze di opinione, certi riserbi legittimi, che non possono essere messi tutti da canto e tutti in una volta” (A.M.B.).

E questo metodo lo sappiamo fare, come abbiamo sperimentato in diverse lotte specifiche, o generali come era la chiamata di Alfredo. Per l’Aquila per chiudere la sezione di AS2 e di Dicembre Nero.

Seppur nella diversità di contesti e di obiettivi specifici, è lo stesso metodo che si è utilizzato in Grecia, di un pugno di prigionieri sostenuti da un’assemblea di compagni che ha portato all’abolizione delle carceri speciali, al ridimensionamento della legge contro il “travisamento” durante i cortei e a quella sul DNA. Non proprio bruscolini. Eppure alcuni compagni non mancarono di sottolineare i limiti, e che ci sono tutt’oggi in questo metodo. Io credo che bisogna affinare il metodo: non i limiti. E uscire dal rincorrere il solito emergenziale, e saper riprodurre diversi strumenti metodologici ponderatamente.

Io credo che sia ancora un buon indirizzo metodoligo articolarsi, e lo abbiamo fatto più di una volta pragmaticamente in una coesistenza creativa di compagni con diverse origini e posizioni ideologiche e con diverse concezioni nell’anarchismo di prassi. E il risultato, nel positivo come nel negativo, che questo piaccia o no, è il risultato di tutti quegli anarchici che hanno voluto lottare assieme nella diversità per creare ciò. Ma attenzione, queste sono le forze reali che abbiamo saputo creare e mettere in campo, né più né meno. E io credo che è da queste che bisognerebbe ripartire, analizzandole, affinandole, e infine riproducendole metodologicamente per accrescerle qualitativamente.

In quanto prigioniero:

“nelle ore infinite della dimensione morta e desolata del carcere cerchiamo spesso di analizzare quei dati che riguardano le realtà esterne, nonostante i pochi stimoli che ci arrivano. L’osservazione, l’analisi, l’uso ed il monitoraggio degli eventi che si svolgono in una dimensione di spazio-tempo parallela è una condizione che non va trattata in modo circoscritto ma piuttosto con degli sforzi costanti di connettersi con i compagni al di fuori della mura che svolgono le proprie lotte contra l’autorità”.
Nikos Romanos, “Attacco dunque sono”

È perciò che, in quanto prigioniero anarchico, con i miei limiti continuo a lottare-vivere con il pensiero e l’azione. Essendo consapevole che queste mie analisi e osservazioni sono filtrate sempre dal buco della serratura della cella carceraria e possono facilmente essere fuorviate dai limiti imposti dall’isolamento del carcere.

Ma ciò non vuol dire smettere di provare a fare analisi oppure di sforzarsi a connettresi con i nostri compagni e le diverse lotte. Però senza una continuità di reciproco interscambio, di approfondimento fra il fuori-dentro e dentro-fuori, i dibattiti che sono relazionali di fatto ristagnano e i compagni rimangono al di fuori dei percorsi e delle discussioni e i legami e le connessioni con i compagni dentro-fuori e fuori-dentro non riescono a contribuire e formulare metodologie. Io credo che sono necessari questi strumenti metodologici di connessione coi compagni.

Solidarietà ai prigionieri palestinesi imprigionati per mano degli Stati guerrafondai di Israele e della complicità dell’Italia.

Solidarietà alla resistenza degli oppressi palestinesi che resistono con la guerriglia armata da 75 anni al colonialismo d’Israele e Occidentale.

Solidarietà a chi lotta contro il razzismo, il colonialismo, l’apartheid, la guerra che parte da qui.

Solidarietà agli antifascisti in Ungheria.

Solidarità ai miei compagni processati per il Brennero.

Solidarietà ai nostri compagni Monica Caballero, Francisco Solar e Marcelo Villarroel.

Solidarietà a Juan Aliste, Joaquin Garcia e Juan Flores.

Solidarietà ai compagni prigionieri in Cile, Grecia, Russia, Bielorussia e Ucraina, solidarietà rivoluzionaria!

Solidarietà ai prigionieri Mapuche!

Declassificazione di Alfredo Cospito dal 41bis

Solidarietà per Alfredo e Anna.

Contro il 41bis che annichilisce i prigionieri rinchiusi.

Solidarietà internazionale con i prigionieri della lotta sociale nel mondo intero.

“bisogna lottare e lottare perché la sproporzione sia stroncata”

per la propagazione delle pratiche di solidarietà rivoluzionarie!

E, qualsiasi via stiamo percorrendo, sempre col cuore e per l’anarchia!

18/03/2024
Carcere di Terni, AS2

Juan Sorroche

PDF: Riflessione sul contesto generale delle cause della lotta

[Ricevuto via e-mail e pubblicato in https://lanemesi.noblogs.org/post/2024/04/07/juan-sorroche-riflessione-sul-contesto-generale-delle-cause-della-lotta/]