La guerra comincia qui. Fermiamo la logistica di guerra. Solidarietà internazionalista con gli oppressi palestinesi! (Genova, 10 novembre 2023)
Pubblichiamo il manifesto d’indizione, un volantino e una breve nota dell’Assemblea “Sabotiamo la guerra” in vista dell’iniziativa che si terrà venerdì 10 novembre al porto di Genova. Del manifesto d’indizione “Fermiamo la logistica di guerra” e del volantino “Sull’orlo della guerra mondiale” pubblichiamo qui di seguito integralmente i testi, mentre del solo manifesto inseriamo anche le traduzioni in arabo, francese, inglese e spagnolo.
Fermiamo la logistica di guerra
Rilanciamo anche come Assemblea “Sabotiamo la guerra” questa importante iniziativa di lotta al porto di Genova, per la solidarietà internazionalista agli oppressi palestinesi e contro la logistica di guerra. Invitiamo tutte e tutti a raggiungere il presidio-blocco genovese oppure, per coloro che non possono spostarsi, a mobilitarsi nelle proprie città. Fermiamo il massacro di Gaza!
La guerra comincia qui. Indizione dell’iniziativa al porto di Genova il 10 novembre
LA GUERRA COMINCIA QUI
Mentre da quasi due anni in Ucraina si combatte una guerra fra blocchi di paesi capitalisti, mentre lo Stato d’Israele massacra i palestinesi, mentre la guerra nucleare è dietro l’angolo, il porto di Genova continua a caratterizzarsi come snodo della logistica di guerra: imbarchi di camion militari diretti alla Tunisia per il contrasto dei flussi migratori, passaggio di navi della ZIM, principale compagnia navale israeliana, nuovi materiali militari per l’aereonautica saudita pronti per la prossima Bahri.
Questo è quello che sta dietro ai varchi del porto di Genova.
BASTA TRAFFICI DI ARMI IN PORTO
SOLIDARIETÀ INTERNAZIONALISTA AGLI OPPRESSI PALESTINESI
IL NEMICO È IN CASA NOSTRA
GUERRA ALLA GUERRA
Venerdì 10 novembre 2023, h. 06.00
Varco San Benigno – Genova
(via Albertazzi angolo via Balleydier)
FERMIAMO LA LOGISTICA DI GUERRA
Sull’orlo della guerra mondiale
A chi non lo avesse ancora capito con la guerra in corso in Ucraina e per quel risiko navale che gli Stati Uniti stanno giocando attorno a Taiwan, quanto sta accadendo a Gaza lo ribadisce a chiare lettere: chi governa le nostre società ci sta portando sull’orlo della Terza Guerra mondiale.
Non solo perché gli scontri in atto a livello regionale (Est Europa, Medio Oriente) rischiano costantemente di tradursi in conflitti di più ampia portata; non solo perché sono i governi occidentali a sostenere (e armare) una parte dei contendenti (Ucraina e Israele); non solo perché le conseguenze indirette sono già arrivate (se aumenta la spesa militare deve per forza diminuire quella sociale; la ridefinizione delle forniture energetiche internazionali incide sul carovita, mentre i salari rimangono fermi); ma anche perché, come riflesso dell’essere cobelligeranti ci viene chiesto di far funzionare la macchina bellica: una società in guerra ha bisogno di armamenti e consenso (e di zittire il dissenso).
Mentre l’Italia si rifiuta persino di firmare un’inutile risoluzione ONU, si silenziano le manifestazioni antimilitariste (Ghedi, Coltano) o quelle per la Palestina (in Francia e Germania sono vietate per “apologia di terrorismo”) e si perquisiscono i pullman di chi vi partecipa sequestrando pericolosissimi striscioni e cartelli. Se il dissenso dev’essere zittito la società dev’essere militarizzata; ecco perché agli operai che lavorano al Genoa Metal Terminal la società Steinweg fornisce indicazioni in chiave “antiterroristica”. In quel terminal portuale, da anni, approdano le navi della flotta saudita Bahri, con i loro carichi d’armamenti destinati al Medio Oriente. L’azienda, ritenendo quel terminal “obiettivo sensibile per atti di terrorismo”, oltre ad avere postazioni fisse di Digos e Celere quando arrivano le navi Bahri, istruisce i suoi dipendenti a riconoscere comportamenti sospetti e segnalarli, fornendogli un surreale identikit di un “terrorista pakistano”.
Vero è che quel terminal è un ingranaggio della macchina bellica e lo dimostra il fatto che, dopo le lotte degli ultimi anni, per la prima volta dal 2019 oggi sono pronte in banchina, per essere imbarcate sulla prossima Bahri, nuove strumentazioni belliche: le coperture (radome) per radar militari che servono per renderli invisibili al nemico. Il destinatario della fornitura prodotta da FDS Italy è il Ministero della Difesa saudita, per la Royal Saudi Air Force.
La guerra passa per il porto e non solo per quel che riguarda la flotta saudita Bahri.
A Genova, con cadenza regolare, vengono imbarcati sui traghetti di GNV veicoli militari per l’Esercito Tunisino, di produzione italiana (della IVECO Defense Vehicles, famiglia Agnelli) – una commessa da 500 veicoli, firmata nel luglio 2021 e pagata coi soldi anticipati dalla banca BNP Paribas.
Gli accordi tra il governo italiano e quello tunisino in chiave antimigratoria si sono ripetuti negli anni, fino a quello dell’estate scorsa (luglio 2023) siglato tra la premier Meloni, il premier olandese Rutte, la presidentessa della Commissione Europea Van der Leyden e il presidente tunisino Saied proprio mentre l’esercito tunisino respingeva oltre il confine libico più di mille emigranti, abbandonandoli nel deserto. Che il 50% dei flussi migratori oggi “passi” per la Tunisia e che questa stia sostituendo quel che rimane della Libia nel contenimento omicida dei flussi migratori è un fatto noto. Ecco a cosa servono i mezzi della Iveco. I padroni di “casa nostra” non fanno soldi solamente sfruttando la manodopera immigrata, ricattata e vessata qui in Italia, ma anche nel business del suo contenimento sulle coste nordafricane.
Allo stesso modo, mentre lo Stato d’Israele sta trasformando quella prigione a cielo aperto chiamata Striscia di Gaza in un immenso cimitero, i padroni (europei ed israeliani) continuano fare profitti con le loro merci.
Come chiedono a gran voce le organizzazioni operaie palestinesi, l’unica forza che può impedire il massacro in atto a Gaza è la solidarietà internazionalista, l’azione concreta degli sfruttati contro tutti i padroni, a cominciare con quelli direttamente coinvolti nel conflitto. La guerra è fatta anche di chi ci lucra sopra e se provare ad impedire l’invio di armamenti è alla nostra portata, possiamo altrettanto essere d’ostacolo ai profitti diretti di una compagnia navale, come l’israeliana ZIM, che ha già incontrato negli anni significative azioni di boicottaggio da parte dei lavoratori (Livorno, Oakland), e che transita nel porto genovese.
I porti si confermano uno snodo fondamentale per la logistica di guerra e, quindi, un punto d’attacco altrettanto imprescindibile per mettere della sabbia negli ingranaggi della macchina bellica.
Mentre l’esercito israeliano massacra i palestinesi a Gaza, non possiamo restare a guardare.
Quando la guerra mondiale è dietro l’angolo, agire non è solo un imperativo etico, ma una questione di autodifesa vitale.
Venerdì 10 novembre 2023, h. 06.00
Varco San Benigno (di fronte all’Esselunga)
Fermiamo la logistica di guerra
PDF: Sull’orlo della guerra mondiale
[Ricevuto via e-mail e pubblicato in https://lanemesi.noblogs.org/post/2023/11/06/la-guerra-comincia-qui-fermiamo-la-logistica-di-guerra-solidarieta-internazionalista-con-gli-oppressi-palestinesi-genova-10-novembre-2023/]