Comunicato di rivendicazione per il doppio attacco esplosivo contro il Ministero del Lavoro e contro la società ferroviaria Hellenic Train da parte di Autodifesa di Classe Rivoluzionaria (Atene, Grecia)

Comunicato di rivendicazione per il doppio attacco esplosivo contro il Ministero del Lavoro e contro la società ferroviaria Hellenic Train da parte di Autodifesa di Classe Rivoluzionaria (Atene)

RIVENDICAZIONE DEGLI ATTACCHI ARMATI ESPLOSIVI AL MINISTERO DEL LAVORO E A HELLENIC TRAIN

“Morte sui ponteggi, morte sui treni, il capitalismo si nutre di sangue”
Slogan nato nel corso delle grandi manifestazioni del marzo 2023 per il delitto capitalista di Stato a Tempi.

Il 26 gennaio 2025 e il 28 febbraio 2025, rispettivamente, centinaia di migliaia di persone hanno manifestato contro il governo della ristrutturazione assassina antioperaia e contro Hellenic Train, società sussidiaria del monopolista italiano Ferrovie Dello Stato, responsabile dell’uccisione di 57 esseri umani a Tempi il 28 febbraio 2023.

Le manifestazioni e gli scioperi rappresentano un contributo alla formazione della nostra difesa collettiva come classe e, poiché si sono svolti in un Paese che gioca un ruolo attivo nella guerra genocida USA-sionista in Palestina, sono anche un atto concreto di solidarietà con l’eroico popolo palestinese che, armi alla mano, sta indicando la strada per la liberazione dei popoli di tutto il mondo.

In particolare, lo sciopero del 28 febbraio è stato una risposta ai fiumi di sangue che vengono versati ogni giorno nelle fabbriche. Una risposta al dolore indicibile dei nostri compagni lavoratori, dei nostri fratelli e delle nostre sorelle, delle nostre madri e dei nostri padri, dei nostri figli e delle nostre figlie, dei nostri amici e delle nostre amiche, persi o paralizzati nella lotta per un salario di sopravvivenza. Una risposta alla implacabile guerra di classe che viviamo quotidianamente.

Il massacro della classe operaia sui luoghi di lavoro come politica consapevole del capitale e dell’apparato statale

Le cifre delle morti sul lavoro, fornite dalle statistiche ufficiali dello Stato, le quali non conteggiano un gran numero di incidenti (ad esempio quelli che coinvolgono migranti) o che ne riportano molti altri come morti legate a patologie, sono inesorabili. Solo negli ultimi tre anni oltre 600 lavoratori sono morti e più di 1.000 sono rimasti gravemente feriti (con amputazioni, paralisi permanenti, gravi problemi respiratori e cardiaci), mentre altre migliaia hanno riportato lesioni e hanno dovuto ricorrere a cure mediche (con tutti i gravosi costi che ciò comporta) negli oltre 40.000 “incidenti” sul lavoro. Queste cifre aumentano notevolmente se si considerano le centinaia di morti all’anno, secondo le stime di organizzazioni internazionali indipendenti, dovute a malattie (tumori, malattie cardiovascolari) legate a condizioni di lavoro insalubri (come l’esposizione permanente a sostanze chimiche, fumi di scarico), che lo Stato greco, in violazione delle linee guida internazionali, non registra nemmeno come tali.

La macelleria della classe operaia sul posto di lavoro ha un nome: si chiama sfruttamento di classe, massimizzazione del profitto da parte del capitale, estrazione di plusvalore. Si chiama terrorismo padronale, si chiama politica statale di rafforzamento della competitività del mercato del lavoro, si chiama sindacalismo padronale. Si chiama memorandum, si chiama politica di riduzione del debito pubblico, si chiama patto di stabilità fiscale dell’UE, si chiama legge Achtsioglou, legge Hatzidakis, legge Georgiadis. Si chiama povertà, disoccupazione, ricatto della sopravvivenza.

Il parlamento è un meccanismo di dominio di classe. I ministri, i viceministri, i segretari generali, i tecnocrati dell’Associazione delle Imprese e delle Industrie, le banche e gli armatori che lavorano nelle commissioni legislative per la stesura delle leggi antioperaie, sono ben consapevoli delle conseguenze delle norme che approvano. Sono pienamente consapevoli che l’abolizione dei contratti collettivi di lavoro, gli straordinari obbligatori non retribuiti, la settimana lavorativa di sei giorni, la cassa integrazione per i lavori pesanti e insalubri, la subordinazione dei salari alla produttività (legge sul salario minimo), l’aumento delle soglie di pensionamento, l’abolizione virtuale dell’ispettorato del lavoro, la criminalizzazione degli scioperi e la liberalizzazione dei licenziamenti, l’abolizione delle norme di sicurezza di base, conducono con matematica precisione a un’esplosione del numero di morti e feriti tra i lavoratori. Questo è il loro lavoro, il loro ruolo, il motivo per cui si trovano nella posizione che occupano. Il loro compito è quello di proteggere e rafforzare il profitto dei capitalisti con il sangue della classe operaia: con il sangue dei lavoratori del settore edile, di quelli della cantieristica navale e dei portuali, con il sangue dei riders, dei lavoratori del comparto ferroviario e dei trasporti, con il sangue dei lavoratori dei call center e della ristorazione, con il sangue dei lavoratori dell’industria e dei lavori pubblici, con il sangue dei lavoratori agricoli immigrati.

È proprio per questo motivo che il proletariato e il movimento rivoluzionario hanno sempre preso di mira le loro persone e le loro strutture. Dall’esecuzione del corrotto ministro del lavoro fascista Kalyvas da parte della guerriglia urbana durante l’occupazione nazista, alle sanguinose lotte del movimento negli anni Sessanta e agli attacchi alle loro strutture durante il periodo della Giunta da parte delle organizzazioni contro la dittatura, fino ai continui attacchi da parte di organizzazioni rivoluzionarie nel dopoguerra e ai blocchi operati dai sindacati dei lavoratori.

La difesa della vita della classe operaia è la condizione per la sua formazione politica e per il contrattacco

Per la classe operaia la lotta contro il massacro generalizzato del lavoro è una lotta per la vita. Una lotta per il suo presente e il suo futuro. Una lotta difensiva, ma anche offensiva e rivoluzionaria. Nessuna rivendicazione operaia può essere vinta se prima non riusciamo a difendere efficacemente le nostre vite, e d’altra parte nessuna difesa efficace delle nostre conquiste può essere portata avanti se questa difesa non viene percepita come un punto di partenza per ulteriori conquiste e slanci rivoluzionari. Non illudiamoci certo che possano esistere condizioni di lavoro sicure all’interno del sistema capitalistico. Il lavoro sotto il capitalismo era, è e sempre sarà intrinsecamente insicuro in quanto furto legale di forza lavoro da parte del capitale, in quanto lavoro alienato, in quanto schiavitù salariale.

Tuttavia, finché il lavoro non sarà liberato dalle catene del capitale, o meglio, finché non si aprirà la strada per esso e per una “società di produttori liberamente associati”, dobbiamo innanzitutto tornare dal nostro lavoro vivi e vegeti. E affinché ciò avvenga la nostra prima preoccupazione non può che essere lo sviluppo multiforme della promettente corrente proletaria internazionale che sta nascendo oggi nel cuore della produzione capitalistica: dalle fabbriche di sudore dei call center ai corrieri, dai porti e dalle fabbriche sino ai campi di fragole e a tutte le fabbriche di sudore della schiavitù salariale.

L’esperienza storica ha dimostrato che è proprio nelle alte temperature della lotta di classe che “si lega l’acciaio”: lì nascono le organizzazioni rivoluzionarie di classe del futuro, quelle che fonderanno il progetto rivoluzionario nel tempo storico presente e costituiranno la struttura politico-militare necessaria per il confronto con la borghesia, il suo Stato e i suoi alleati imperialisti.

Il delitto capitalista di Stato a Tempi come punto di svolta della lotta di classe

Come per il mattatoio del lavoro, anche per il crimine capitalistico di Stato a Tempi e per la gestione-copertura del governo in termini di mafia e umiliazione sociale, la questione dell’organizzazione e della difesa di classe, delle forme di lotta e della prospettiva rivoluzionaria è emersa in tutta la sua evidenza. Tempi ha rappresentato un punto di svolta per lo sviluppo della lotta di classe nell’era post-amnistia. Esso ha messo in luce e, al contempo, ha concentrato in modo esplosivo gli aspetti centrali della formazione sociale greca. Dall’intensità dell’opposizione del capitale lavoro e dell’appropriazione elastica della ricchezza sociale da parte del capitale locale e straniero, al ruolo dello Stato come capitalista collettivistico, fino al carattere classista della giustizia borghese. Dalla condizione insignificante delle nostre esistenze di classe di fronte al capitale e dalla morale del potere governativo dello Stato, al potere della mobilitazione popolare, della solidarietà di classe e dell’umanità. In particolare, il crimine di Tempi ha mostrato il vero significato dei memorandum, delle privatizzazioni, delle politiche di indebitamento pubblico e di riduzione del deficit. Il significato degli obiettivi nazionali legati alla permanenza nell’UE e nell’Unione Economica Monetaria. Per quanto la propaganda di regime si sforzi di affermare il contrario, in risposta alle questioni di cui sopra, dal 28 febbraio 2023 la memoria sociale è stata forgiata con la “morte-omicidio di 57 persone a Tempi”

Il debito dell’ΟΣΕ [ndt. Organizzazione delle Ferrovie Elleniche] come trasferimento di ricchezza dalla classe operaia al capitale, con lo Stato come garante

Il processo di privatizzazione delle ferrovie pubbliche e i risultati che ha prodotto sono eloquenti e non lasciano spazio a equivoci. Allo stesso modo, come è accaduto per tutte le infrastrutture pubbliche, dall’ΟΤΕ [ndt. Organizzazione ellenica delle telecomunicazioni] alla ΔΕΗ [ndt. Azienda elettrica statale], dall’ΕΥΔΑΠ [ndt. Azienda ellenica per l’approvvigionamento idrico e le fognature] al servizio forestale antincendio, alla sanità pubblica e all’istruzione, la svalutazione e lo smantellamento delle ferrovie pubbliche è stata una precisa politica statale, integrata nelle strategie del capitalismo greco e dell’UE. I trasporti pubblici, come tutte le infrastrutture pubbliche, rappresentano un peso per la borghesia greca, un fardello inutile di cui ha sempre voluto liberarsi in modo da abbandonarlo al saccheggio dei grandi appaltatori pubblici, delle banche e dei manovali dei partiti e dei governi borghesi.

In ogni caso, il termine “trasporto pubblico” riferito alla ΟΣΕ non può che essere usato in maniera impropria, così come è improprio qualsiasi uso del termine “pubblico” per identificare le imprese statali. Sin dalla sua fondazione nel 1971 da parte della Giunta, che ha mantenuto gran parte del personale amministrativo anche nel dopoguerra, l’ΟΣΕ è stato costruito come un’impresa privata, di certo non come un servizio orientato alla promozione dell’interesse pubblico. È stato quindi sempre soggetto al quadro contabile capitalista definito dal rapporto tra profitti e perdite, a differenza di quanto si addice a un servizio pubblico, anche se sotto il controllo dello Stato, che si ipotizza esista per soddisfare l’interesse pubblico a prescindere dal profitto.

Ma quali sono state le perdite dell’ΟΣΕ e come si sono accumulate nel corso degli anni arrivando a causare l’enorme debito aziendale, il suo fallimento e la conseguente cessione al capitale, cioè al monopolio ferroviario italiano Ferrovie dello Stato di cui Hellenic Train è la sussidiaria? A parte il provocatorio furto di denaro pubblico da parte degli amministratori dell’ΟΣΕ, nominati dai partiti borghesi al potere e strettamente legati agli appaltatori pubblici, che hanno dato vita alla ripugnante casta sociale dell’alta burocrazia pubblico-poliziesca, analogamente al resto del settore pubblico, ciò che appariva come una perdita era la differenza tra i magri ricavi, provenienti da biglietti relativamente economici, e gli alti costi necessari per mantenere la ferrovia in funzione ad un livello minimo. Una discrepanza che lo Stato ha coperto, essendo tenuto a farlo, ma in maniera limitata, dal momento che le risorse da destinare, che non appartenevano allo Stato ma alla gente pesantemente tassata, erano tantissime e quindi la ferrovia fu semplicemente lasciata a sopravvivere. In realtà, dunque, la ricchezza sociale che lo Stato borghese sottraeva – parallelamente allo sgravio fiscale nei confronti dei grandi capitali – per finanziare inadeguatamente il sistema dei servizi pubblici, trattenendo ovviamente una considerevole quota per le proprie tasche, veniva registrata come un debito dell’ΟΣΕ. A chi era intestato questo debito dell’ΟΣΕ e, quindi, dello Stato e, in definitiva, del popolo e della classe operaia? Ai creditori dello Stato greco, naturalmente. Alle banche e, di conseguenza, ai creditori degli istituti di credito greci, ovvero al capitale finanziario europeo, soprattutto tedesco, inglese e francese, oltre che ovviamente a quello americano. La natura predatoria del sistema capitalistico-imperialista, che converte il debito del capitale nei confronti della classe operaia in un debito della classe operaia nei confronti del capitale, e il furto della ricchezza sociale del popolo da parte del capitale imperialista, sono dunque elementi rivelatori.

La privatizzazione dell’ΟΣΕ come strategia dello Stato, come requisito imposto dall’UE e come impegno preso nel memorandum

In questo contesto, mentre i debiti si accumulavano e le ferrovie operavano ancora secondo le logiche dei decenni passati con una rete obsoleta di dimensioni striminzite, le richieste di ammodernamento e consolidamento della ΟΣΕ e le sollecitazioni dell’UE a “migliorare la competitività del settore dei trasporti e di quello pubblico” come prerequisito per l’adesione della Grecia all’UE e, in seguito, all’UEM, furono in realtà la testa di ponte per il suo smantellamento e la successiva privatizzazione. Nel 1996, il PASOK [ndt. Movimento Socialista Panellenico], ormai modernizzato, realizzò la prima spartizione dell’ΟΣΕ, creando la società ΕΡΓΟΣΕ ΑΕ, che si occupò del rinnovamento della rete secondo criteri economici privati. Cinque anni più tardi, venne fondata la ΓΑΙΟΣΕ per lo sfruttamento del patrimonio immobiliare della ΟΣΕ. Nel 2005, sotto il governo Nea Dimokratia, la frammentazione dell’ΟΣΕ è stata ulteriormente consolidata, dopo un altro enorme trasferimento di ricchezza dal basso verso l’alto attraverso la nazionalizzazione del debito di 4,5 miliardi di euro dell’ΟΣΕ, con l’istituzione della ΤΡΑΙΝΟΣΕ, la società incaricata di gestire i servizi passeggeri e commerciali dell’ΟΣΕ mediante decine di migliaia di euro di donazioni e in applicazione delle direttive dell’Unione Europea. Tre anni dopo, nel 2008, mentre l’allora deputato di Nea Dimokratia Kyriakos Mitsotakis parlava apertamente in Parlamento della necessità di privatizzare immediatamente l’ΟΣΕ “per non gravare ulteriormente sul popolo greco”, l’allora ministro dei Trasporti K. Hatzidakis gettò le basi per la privatizzazione delle ferrovie, strumentalizzando le circostanze di un grave incidente ferroviario con 16 feriti avvenuto a Bralos nello stesso anno, dove, ancora una volta, le cause erano state individuate nell’ “errore umano” e nel “male pubblico”, e non nel sovraccarico dei vagoni a scopo di lucro in violazione di tutte le norme, come dimostrato dalle conclusioni degli esperti.

Ciò che Nea Dimokratia non era riuscita a realizzare a causa del cambio di governo nel 2009, il suo successore, il PASOK, si impegnerà a portarlo avanti trasferendo il 49% di ΤΡΑΙΝΟΣΕ a investitori privati, finché la bancarotta dello Stato greco nel 2010 e la sua sottomissione al regime di supervisione dei memorandum da parte dell’UE, della Banca Centrale Europea (BCE) e del Fondo Monetario Internazionale (FMI) non darà il via a nuove evoluzioni. La completa privatizzazione delle ferrovie diventerà un obbligo di memorandum dello Stato greco nei confronti dei suoi creditori, al fine di onorare le rate del suo “salvataggio” dal gigantesco debito accumulato per via di una serie di procedure predatorie simili a quelle che hanno creato il debito delle ferrovie, il quale nel 2010 aveva raggiunto quasi 10 miliardi di euro.

Negli anni successivi la ferrovia ha continuato a funzionare con personale ridotto e mal pagato, senza investimenti in tecnologie e standard di sicurezza e completamente svalutata. Così, nel 2017, sotto il governo SYRIZA ANEL e con il consenso del PASOK e di Nea Dimokratia, la privatizzazione della ferrovia verrà definitivamente attuata tramite il TΑΙΠΕΔ [ndt. Fondo per lo Sviluppo Patrimoniale della Repubblica Ellenica], che la venderà al monopolio italiano Ferrovie dello Stato per 45 milioni di euro. Insomma, un bene pubblico, che era stato pagato con decine di miliardi di euro di plusvalore rubato ai lavoratori, è stato venduto al capitale per il misero prezzo di cui sopra.

L’allora primo ministro Tsipras tentò di giustificare questo enorme trasferimento di ricchezza dalla base sociale al capitale, soprattutto straniero, come un obbligo imposto dai memorandum e che, senza questa vendita, lo Stato greco avrebbe dovuto pagare una multa di 600 milioni di euro all’UE, sospendendo il pagamento delle rate. E in effetti andò proprio così, se non fosse che fu proprio il governo dell’epoca ad approvare il terzo memorandum, vanificando di fatto la volontà popolare anti-memorandum espressa nel luglio 2015. Non dimentichiamo, inoltre, che lo stesso Tsipras si era pubblicamente espresso a favore della privatizzazione, sottolineando che nel contratto di vendita erano previsti investimenti produttivi per 600 milioni di euro da parte del monopolio italiano per gli anni a venire. Malgrado ciò non fu realizzato alcun investimento e, per non indispettire i nuovi investitori, alcun controllo fu effettuato al riguardo nonostante due gravissimi incidenti ferroviari: il primo con due morti a Serres nel 2016 e il secondo con tre morti ad Andendros a Salonicco. Questi episodi avevano messo in luce l’inesistenza di standard di sicurezza basilari, di segnalazione luminosa, di telecontrollo, del sistema europeo ETCS, la presenza di un binario unico su gran parte della rete, ecc. Fatti più volte denunciati dai lavoratori. Le polemiche avevano portato allo scoperto lo scandalo della mancata attuazione del famoso contratto 717 del 2014 dal valore di diversi milioni di euro. Un contratto che avrebbe implementato gran parte di ciò che è necessario per la sicurezza ferroviaria, ma che è stato deliberatamente sottaciuto dalla società privata ΕΡΓΟΣΕ e dai funzionari statali responsabili (ministri, segretari generali) al fine di ottenere il discredito di ΟΣΕ. Allo stesso tempo i fondi della commessa venivano provocatoriamente dilapidati da parte della dirigenza di ΕΡΓΟΣΕ.

Dopo quasi cinque anni di assenza dal governo e dalle sue conquiste, Nea Dimokratia, il partito della borghesia greca storicamente più rilevante, ha rafforzato la sua politica di privatizzazione e di cessione totale al capitale. In particolare, per quanto riguarda le ferrovie, il governo è arrivato a vantarsi dei bilanci positivi che le ferrovie private presentano grazie alle sovvenzioni statali e all’annullamento del debito pubblico, nonché della loro “modernizzazione e sicurezza”, nonostante le continue denunce dei lavoratori sullo stato deplorevole della rete, sulla mancata attuazione del contratto 717 e sull’inadeguatezza di molti treni impiegati da Hellenic Train. Per ricompensarla di tali servizi, nel luglio 2022 il governo di Nea Dimokratia ha addirittura firmato un contratto con Hellenic Train, in base al quale lo Stato greco si è impegnato a pagare più di 60 milioni di euro all’anno per 15 anni (per un totale di oltre un miliardo di euro) per lo sviluppo delle linee inattive della rete, cosa mai avvenuta, mentre ha sollevato legalmente l’azienda da quasi tutti gli obblighi che si era assunta al momento della firma del contratto di vendita, nel 2017, per un totale di 600 milioni. Una legge che è stata sostenuta dal governo e dal Ministero dei Trasporti preposto, guidato da Kostas Karamanlis, in nome di una “nuova era dei servizi ferroviari e della sicurezza”.

Il crimine di Tempi, il governo e Hellenic Train

Da quel momento in poi, tutto era già scritto. Hellenic Train, lautamente finanziata e libera da qualsiasi restrizione formale, con un governo senza scrupoli al suo servizio, poteva ora dedicarsi liberamente a quella che è prerogativa di ogni impresa capitalistica. Ovvero la massimizzazione del profitto, laddove, per dirla con Marx, “non c’è crimine che il capitale non sia in grado di commettere e non c’è legge umana che esso non possa infrangere”.

Il 28 febbraio 2023, quello a cui si è andati vicini più volte alla fine è accaduto: a Tempi, un treno merci e un treno passeggeri si sono scontrati frontalmente causando la morte di 57 compagni lavoratori. Padri, madri, figli, figlie, nonne e nonni. Giovani, studenti, operai, macchinisti, immigrati, pensionati.

La rete ferroviaria del Paese, che ancora operava su binario unico, in assenza di investimenti per lo sviluppo considerati “un peso per i bilanci positivi dell’azienda”, non era dotata né di segnaletica luminosa, né di telecontrollo, né, naturalmente, dei moderni sistemi di salvaguardia dal traffico in transito su binario unico. Anche questi ultimi rappresentavano “costi contrari alla competitività”. La direzione di Hellenic Train, il governo e il Ministero dei Trasporti erano perfettamente consapevoli delle implicazioni di simili carenze criminali. Erano ben consci che senza questi sistemi la ferrovia, priva di personale a causa dei tagli e senza infrastrutture di sicurezza, era destinata prima o poi, anche solo sulla base di un errore umano dovuto alla mancanza di formazione e al sovraccarico di lavoro dei dipendenti, a provocare lunghi anni di tragedie. È evidente che nel 2023, con lo sviluppo delle capacità produttive, la questione della sicurezza di centinaia di persone non può essere affidata esclusivamente al fattore umano, senza disporre di adeguate garanzie per limitare l’impatto di eventuali errori. Tuttavia, queste garanzie non sono state attuate e Hellenic Train era pienamente consapevole delle conseguenze mortali per i passeggeri. Cosí come ne era pienamente consapevole il Ministero dei Trasporti, che con l’intervento di K. Kramanlis ha definito i lavoratori “viziati” – stesso aggettivo usato oggi dal ministro della Salute nei confronti del personale sanitario in difficoltà – in risposta alla loro denuncia sull’enorme mancanza di sicurezza, sulle miserevoli condizioni di lavoro e sulla mancata attuazione del contratto 717.

Naturalmente, l’atteggiamento di Hellenic Train e del governo è perfettamente in linea con la loro “natura”. Non ci si può aspettare sensibilità per la vita delle persone da chi le ha derubate sistematicamente per anni. I proprietari di Hellenic Train e la società Ferrovie dello Stato sono spietati criminali capitalisti. “Una faccia una razza” con i “nostri” assassini della classe operaia: gli armatori, gli industriali, i banchieri e i loro rappresentanti politici, con molti dei quali peraltro lavorano a stretto contatto. Ferrovie Dello Stato, inoltre, è da sempre parte del sistema fascista – oggi apertamente tale – dello Stato italiano e della grande borghesia imperialista italiana con le sue sfere d’influenza in Nord Africa e nel Mediterraneo e la sua posizione centrale nella ripartizione industriale europea.

Un monopolio con rapporti organici con la macchina da guerra della NATO e con lo Stato sionista e assassino di Israele come dimostrano le sue connessioni con le industrie militari che riforniscono la NATO da un lato e quelle con la ZIM sionista, principale fornitore di armi a Israele, nonché con lo stesso Stato sionista per il quale effettua numerosi trasporti commerciali, motivo per cui mantiene uffici a Tel Aviv. Un monopolio con una lunga storia di guerra di classe contro il proletariato italiano. Un proletariato che ha risposto con la violenza armata durante il periodo dello scontro rivoluzionario in Italia negli anni Settanta.

L’insabbiamento del crimine di Tempi come ammissione di responsabilità politica da parte del governo

La natura di classe del crimine di Tempi ha svelato, come era ovvio, le modalità di gestione politica e giudiziaria da parte del governo e di Hellenic Train. Prima ancora che il sangue si asciugasse, la colpa è stata immediatamente attribuita all’errore umano e alle “patologie croniche dello Stato greco e del settore pubblico” e di fatto sono state chieste nuove libertà di movimento per i capitali, più privatizzazioni e nuovi attacchi alle infrastrutture pubbliche rimaste. Su ordine del governo, si sono precipitati sulla scena del disastro, incuranti dei cadaveri e in violazione di ogni protocollo, rendendo così le indagini più complicate e coprendo le molteplici responsabilità di Hellenic Train, comprese quelle per la mostruosa pirosfera che è costata la vita ai passeggeri. Tali responsabilità rivelano gravi aspetti del legame tra Stato, capitale, Hellenic Train e capitale nero illegale. Hanno escluso dalla sfera di responsabilità penale, attraverso il proprio sistema giudiziario, la direzione di Hellenic Train e il Ministero dei Trasporti, nonché naturalmente, tutti i responsabili e gli alti funzionari del governo e dello Stato che, nel corso degli anni, hanno contribuito a far sì che la rete ferroviaria versasse nella situazione in cui si trovava il 28 febbraio 2023: un vero e proprio pericolo pubblico.

In realtà non si tratta di un insabbiamento, ma di una dichiarazione di responsabilità in relazione all’omicidio di 57 persone. Quando il proprietario della compagnia ferroviaria, chiaramente responsabile del crimine, non solo non viene perseguito, ma rimane alla guida della compagnia, allora si tratta inequivocabilmente di un’assunzione di responsabilità politica da parte del governo, del capitale e dell’Unione Europea tramite la giustizia borghese, storicamente nota per coprire i crimini del sistema (dai grandi corrotti del periodo dell’occupazione e dai torturatori della giunta, fino ai capitalisti assassini di oggi e ai loro organi esecutivi, le forze di sicurezza). Una dichiarazione di responsabilità che risuona ancora più assordante se si considera che i sistemi di sicurezza basilari delle ferrovie sono ancora oggi inesistenti, come dimostrano numerosi incidenti il più grave dei quali è stato quello di Agioi Anargyros qualche mese fa, quando per puro caso non si è verificato un altro scontro frontale tra treni carichi di passeggeri. E tutto questo è reso ancor più fragoroso dall’UE che continua a far dipendere i suoi programmi di bilancio per la Grecia dall’avanzamento delle privatizzazioni dei trasporti, mentre colloca come commissario europeo ai trasporti il protetto di Mitsotakis, Tzitzikostas, in qualità di garante dell’insabbiamento del crimine di Tempi.

Oggi praticamente, il governo, lo Stato, il capitale, la magistratura e il sistema di potere interno nel suo complesso dicono, con un cinismo senza limiti, all’intera società: “Questo è il contesto del sistema in cui vivete”. Come i morti nei campi di lavoro, come i morti a Pylos, come i morti negli incendi e nelle inondazioni, come i morti nelle stazioni di polizia, come le donne abusate e uccise nei circoli di trafficanti, come il genocidio a Gaza a cui lo Stato greco partecipa attivamente, i morti a Tempe sono il tributo di sangue necessario al sistema per esistere e riprodursi. Proprio come recitava lo slogan delle manifestazioni di marzo 2023: “Morte sulle impalcature, morte sui treni, il capitalismo si nutre di sangue”.

Il fascismo del sistema politico capitalistico nazionale e l’opposizione di classe che lotta per formarsi

I governanti credevano che con la linea sopra descritta, un misto di arroganza borghese neoliberale e crudezza di estrema destra, avrebbero potuto imporsi su una società fortemente traumatizzata dalle sconfitte del recente passato e rieducata dalla lotta quotidiana per la sopravvivenza. Sono stati rovinosamente smentiti. La grande esplosione sociale del marzo 2023, con tre settimane di mobilitazioni e la partecipazione di centinaia di migliaia di persone in tutto il Paese capaci di sintetizzare una molteplicità di pratiche politiche (manifestazioni, grandi scioperi – uno persino organizzato dal basso senza il padronato ΓΣΕ [ndt. Confederazione Generale dei Lavoratori Greci], occupazioni, scontri – lotte di strada) è stata la prima eclatante risposta. Una risposta che, ovviamente, si rifaceva alle importanti battaglie condotte nel periodo precedente (pandemia, crisi sanitaria, sciopero della fame del rivoluzionario D. Koufontinas, lotte operaie ed eventi insurrezionali a Nea Smyrni) e che ha aperto una grave frattura nei rapporti di rappresentanza sociale, alimentando diversi processi e dinamiche politiche, sia visibili che sotterranee, che inevitabilmente sarebbero tornate a manifestarsi. Le elezioni del 2023, con la schiacciante vittoria di Néa Dimokratía, non hanno colmato questa frattura e hanno smentito chi, purtroppo anche all’interno dei movimenti, sosteneva che non sussistesse alcuna frattura e che la società avesse accolto la sua sottomissione. Con oltre il 45% di astensione, le elezioni possono rappresentare l’ultimo indicatore degli orientamenti di una formazione sociale. In ogni caso, le elezioni hanno dimostrato che questa frattura è reale, che alcuni si sono dimostrati coerenti costruendo attorno a sé, come il potere borghese ha sempre fatto sulla base di alcune rendite relative che può ancora marginalmente offrire, una forte coalizione sociale con gli strati della piccola e media borghesia e con i settori arretrati della classe operaia. Noi, al contrario, abbiamo continuato a combattere senza una preparazione organizzativa adeguata all’intensità dell’attacco e con un dibattito politico spesso incapace di fornire un respiro strategico agli obiettivi specifici necessari (ad esempio la revoca delle privatizzazioni), senza riuscire ad ascoltare nel profondo la domanda universale di giustizia e quindi a munirla del contenuto politico di classe che le spetta, arrivando gradualmente a mettere il delitto di Tempi in secondo piano rispetto ad altre priorità.

Quasi due anni dopo, nel gennaio 2025, nel bel mezzo delle significative mobilitazioni in solidarietà con la Palestina, l’intensificazione della lotta di classe ha scatenato dinamiche senza precedenti. È bastato un audio contenente le ultime parole dei giovani che stavano morendo asfissiati sul treno della morte (e che hanno rivelato le orribili circostanze della loro scomparsa e le bugie dei governanti). Le massicce manifestazioni del 26 gennaio in tutto il Paese hanno confermato che le spaccature attorno a Tempi non solo esistono, ma sono anche molto profonde e mirano a trovare un’organizzazione e dei contenuti politici che le trasformino in un’esplosione sociale e in una rivolta di classe.

In preda al panico, il potere, senza attendere l’evoluzione della situazione e vista la tensione popolare che minacciava di rovesciarlo, ha mobilitato tutto il suo odio di classe rivelando appieno il proprio marcio retroterra di valori, scagliandosi senza esitazioni contro i parenti dei morti, contro i morti stessi, contro l’intera società, affermando di fatto: “Noi vi uccideremo e voi chinerete la testa!”. Questa è la parola di un regime, o meglio di un regime fascista, che esige l’umiliazione sociale di massa e l’assoggettamento tramite la forza.

Se vogliamo guardare in faccia la realtà, ciò che il governo e i padroni (locali e stranieri) hanno tentato di fare dal 26 gennaio 2025 – e da molto prima, ovviamente – è stato imporre un regime fascista al Paese. Un regime che hanno diligentemente costruito per anni attraverso azioni specifiche: gestione repressiva e omicida della pandemia, intercettazioni, terrorismo padronale e di Stato, trasformazione del Paese in una vasta base americana, alleanza con Israele. Perché solo un regime fascista può essere concepito – come è attualmente percepito da ampi segmenti della popolazione – come una condizione in cui le autorità compiono uccisioni di massa coprendo apertamente i responsabili, piegando la memoria dei morti, calunniando i loro parenti e reprimendo con istinto omicida le persone che manifestano nelle strade. Perché solo un regime di questo tipo può garantire oggi le esigenze del capitalismo greco in un contesto internazionale destabilizzato dall’intensificarsi degli antagonismi transnazionali e imperialisti, dalla nuova crisi economica e finanziaria e dal malcontento sociale generalizzato. E naturalmente solo un regime di questo tipo può servire efficacemente gli interessi e i piani dei suoi protettori imperialisti (USA e UE) e di Israele.

In pratica quindi, la scelta a cui siamo chiamati a rispondere, scelta a cui lo storico sciopero insurrezionale del 28 febbraio in tutto il Paese ha dato una risposta altrettanto storica, è chiara. È lo stesso dilemma, anche se in proporzioni diverse, che si pone ai popoli e ai proletari di tutto il mondo di fronte al pericolo della tirannia: “Catene o armi”. Scegliamo risolutamente la seconda!

Dedichiamo queste due azioni al popolo palestinese e alla sua eroica resistenza.

Onore per sempre a Kyriakos Xymitiris e a coloro che sono caduti combattendo sulla strada della rivoluzione sociale!

Επαναστατική Ταξική Αυτοάμυνα [Autodifesa di Classe Rivoluzionaria]

[Pubblicato in greco in https://athens.indymedia.org/post/1635031/ | Tradotto in italiano e pubblicato in https://lanemesi.noblogs.org/post/2025/05/07/comunicato-di-rivendicazione-per-il-doppio-attacco-esplosivo-contro-il-ministero-del-lavoro-e-contro-la-societa-ferroviaria-hellenic-train-da-parte-di-autodifesa-di-classe-rivoluzionaria-atene/]