Sotto il cemento, qualcosa ribolle. Comunicato riguardante l’occupazione di un edificio e la creazione di Rasprava Squat a Atene.

Sotto il cemento, qualcosa ribolle. Comunicato riguardante l’occupazione di un edificio e la creazione di Rasprava Squat a Atene.

Dopo la fine dell’evento “Memoria rivoluzionaria e prospettive della lotta” in via Mesologgiou, una folla di compagni e compagne è scesa nelle vie di Koletti e Themistokleo per difendere la liberazione di un edificio.
Di seguito la presentazione scritta dagli stessi occupanti:

Il silenzio della metropoli pesa come una pietra sulle nostre spalle. Le strade sono piene di sguardi consumati, di corpi che strisciano per abitudine, per paura, per sottomissione. Il mondo si muove lungo percorsi predeterminati, senza interrogarsi, stemperando i sogni. Tutto è programmato per funzionare esattamente come vogliono loro: lavoro, consumo, obbedienza. Eppure, incessantemente, sotto la superficie, qualcosa ribolle.
La storia non è scritta dagli obbedienti. Alcuni scelgono di portare il peso della disobbedienza. Di rompere il cemento della normalità, di affrontare la mano invisibile del potere che soffoca ogni aspetto della nostra vita. Rifiutare di sottomettersi non è una semplice presa di posizione. È una chiamata a mettere in discussione, a rovesciare l’ esistente, a riprendersi ciò che è nostro.
Siamo compagni e compagne, anarchici e anarchiche che provengono da contesti politici e ideologici diversi e che si sono trovati nello stesso fuoco di lotta. E’ lì, che le nostre lotte comuni e le esperienze collettive ci hanno unito, dove abbiamo riconosciuto la necessità vitale di creare uno spazio di incontro, di agitazione politica1, di scambio di opinioni e potenziamento organizzativo.
In un momento in cui l’isolamento è imposto e le comunità in lotta vengono smantellate dalla repressione, la formazione di questi spazi non è solo necessaria, è cruciale.
Gli attacchi repressivi degli ultimi anni non sono arrivati a caso. Le autorità stanno cercando di eliminare ogni focolaio di resistenza, di schiacciare ogni forma di auto-organizzazione e di spegnere la fiamma della contestazione.
Grandi conquiste sono andate perdute, il movimento è stato messo sulla difensiva, la recessione è ormai all’orizzonte. Ma sappiamo che la storia viene scritta da chi non arretra, da chi non ha paura di confrontarsi con la realtà. Rimanere sulla difensiva significa accettare la sconfitta. E questo non accadrà..
È il momento di passare dalle parole ai fatti, di passare dalla difesa all’attacco.
Facciamo capire al nemico che non si sbarazzerà di noi così facilmente.
Dobbiamo forgiare il nostro campo di lotta, reclamare il nostro spazio e il nostro tempo.
Per liberare i territori dal dominio, creare un centro vibrante di resistenza, una cellula radicale per la mobilitazione2 sia nella teoria che nell’azione.
Percepiamo l’occupazione come parte integrante del movimento e il movimento come elemento organico dell’occupazione. L’esistenza di territori di lotta non è solo una questione pratica, ma profondamente politica.
Gli squat non sono solo luoghi di ritrovo, non sono solo luoghi di ospitalità.
Sono roccaforti di resistenza, laboratori di pratiche radicali, crepe nella normalità che cercano di imporci.
E questa realtà non è negoziabile.
Ogni quartiere, ogni strada, ogni piazza non è un terreno neutro.
È una mappa vivente di contraddizioni, conflitti e rivendicazioni.
Le città sono costruite sulla base della disciplina, della polizia e della sterilizzazione dello spazio pubblico. Le piazze sono piene di telecamere di sorveglianza, i muri sono dipinti di grigio, gli edifici diventano bastioni inaccessibili per coloro che non possono permettersi di pagare il prezzo dell’esistenza in un mondo in cui tutto ha un prezzo. Il dominio sta attuando un piano strategico di controllo universale delle metropoli, schiacciando ogni forma di resistenza.
Armato di una propaganda nera e da una guerra ideologica, cerca di plasmare le coscienze, mentre spinge deliberatamente nel degrado interi quartieri utilizzando la criminalità organizzata, che spiana la strada all’espulsione violenta della popolazione locale e al completo assorbimento del territorio da parte del capitale.
La repressione dello Stato agisce come una guardia armata per gli investitori, le agenzie immobiliari divorano terreni, le case diventano merci, gli affitti salgono alle stelle, gli spazi pubblici diventano sterili campi di sorveglianza e uniformità di consumo.
Il flagello della gentrificazione e dell’imborghesimento sta inghiottendo le città, agendo come meccanismo di assoggettamento e controllo sociale.
Exarchia, un quartiere che ha una storia vibrante di lotte, è nel mirino dell’assalto statale e capitalista.
Lo Stato, da un lato, scatena ondate di repressione: gli squat vengono sgomberati, la presenza della polizia viene rafforzata, gli spazi pubblici vengono militarizzati. Dall’altro lato, il capitale saccheggia la memoria collettiva assorbendo i simboli della resistenza e trasformandoli in merce turistica. Le nostre sottoculture vengono forgiate e adattate a progetti commerciali “alternativi”, mentre il quartiere viene modificato per servire l’industria dell’intrattenimento e del “life-style”.
Non permetteremo che trasformino il luogo delle nostre lotte in un’altra attrazione “ornamentale”. Per tutte queste ragioni, abbiamo fatto l’occupazione nel quartiere storico di Exarchia.
Perché le sue strade non sono in vendita.
Perché le memorie non sono commercializzabili..
Perché le resistenze vive non diventino attrazioni turistiche, ma campi di battaglia.
Gli squat possono certamente essere anche isole di resistenza nell’arcipelago delle lotte, ma possono essere barricate. Sono spazi dove il dominio perde il controllo, dove lo Stato cessa di essere il regolatore assoluto della vita. Sono laboratori di lotta, punti di incontro, centri di auto-organizzazione e di azione.
La cultura insurrezionale e rivoluzionaria non nasce da sola.
Si coltiva.
Si sviluppa negli scantinati, nelle piazze, nei luoghi di ritrovo, negli sguardi che non si piegano, nei corpi che non accettano di essere disciplinati dal nemico.
L’occupazione non è un evento isolato.
Ha la capacità di impegnarsi nella pratica della negazione, di ricordarci costantemente che non siamo numeri nei registri dello Stato, non siamo ingranaggi nella macchina della produzione, non siamo pedine sulla scacchiera del potere.
Siamo qui per prenderci ciò che è nostro, per aprire crepe da cui scaturiranno nuove possibilità.
Le circostanze ci lasciano quindi indenni per quanto riguarda la nostra coscienza e pratica anarchica. Non vogliamo unirci al terrore che deriva dai “tempi repressivi e avversi”. Siamo contro la retorica riformista, la cui manifestazione è lo scadere del campo dell’azione nel conformismo politico, noi siamo radicalmente per una rottura permanente e totale.
La nostra preoccupazione non è la repressione che è esistita e che esisterà contro di noi, ma la scommessa continua con noi stessi, per evitare strategie politiche che minacceranno un movimento e lo faranno passare nell’oblio attraverso una presenza militante sempre più carente sia a livello di eventi che di strutture.
Ci rendiamo conto che, come movimento, l’assenza di una cultura militante ci indebolisce, ci rende vulnerabili e indifesi di fronte all’assalto del potere.
L’inazione equivale alla sconfitta.
Cerchiamo quindi, attraverso questo progetto, di costruire una solida base che promuova la prospettiva rivoluzionaria/insurrezionale, che intensifichi la minaccia contro i meccanismi oppressivi del presente e coltivi le coscienze ribelli di domani.
Perché la rivolta non è uno schema teorico. È azione, è fermento3, è conflitto costante.

PERCHÉ SCEGLIAMO e PROMUOVIAMO una cultura RIVOLUZIONARIA e INSURREZIONALE (AZIONE DIRETTA)?

i. Perché è l’unico mezzo per uno scontro diretto con il nemico qui e ora. È la pratica che crea il “punto d’inizio”, rompendo le catene della normalità e consentendo ai soggetti di determinare il proprio destino.

ii. Perché, nella sua essenza, l’anarchia è una lotta costante per la libertà. Non è uno slogan, non è una teoria, è un conflitto, è una prassi.

iii. Perchè le relazioni tra compagni/e non è un concetto astratto, ma relazioni vive e non negoziabili tra militanti. Si forgiano nel fuoco della lotta, fianco a fianco in ogni crisi, in ogni sconfitta, in ogni momento difficile. È lì che ritroviamo il nostro io collettivo perduto.

iv. Perché spinge gli individui a superare i propri limiti, a spezzare le catene della paura, a mettere in discussione l’impossibile.

v. Perché la violenza dell’azione diretta non è violenza casuale, ma una decisione strategica.

L’espansione dell’azione rivoluzionaria, la generalizzazione del confronto violento con le forze di potere, è necessaria per la decostruzione dello Stato e della struttura capitalistica e per la distruzione dei rapporti sociali di oppressione.
Il dovere di ogni persona che lotta è quello di arricchire quotidianamente i propri strumenti, sia a livello pratico che teorico, che la porteranno alla realizzazione dei propri ideali. Richiede coraggio, rischio, immaginazione, organizzazione, fede e coerenza. L’intenzione non basta, occorre la decisione. Per queste ragioni l’apertura di questa occupazione rientra per noi in questa direzione.

PER L’ANARCHIA

Insieme possiamo fare tutto, possiamo gettare via la visione della fine che sembra così vicina.

Possiamo vivere come esseri umani orgogliosi e liberi.

Possiamo abbattere il muro e vedere una intera vita di gioia che ci aspetta!

Rasprava Squat
(Koletti and Themistocleous)

1(πολιτικής ζύμωσης nel testo originale, significa letteralmente fermentazione politica), il dibattito teorico che avviene in uno spazio politico, sociale, etc. che prepara il cambiamento di una situazione

2(εστία ζύμωσης, nel testo originale, significal letteralmente epicentro (punto focale) di fermentazione)

3(Ζύμωση nel testo originale), il dibattito teorico che avviene in uno spazio politico, sociale, etc. che prepara il cambiamento di una situazione nello stesso contesto della nota nr.1.

[Ricevuto via e-mail e pubblicato in https://lanemesi.noblogs.org/post/2025/04/07/sotto-il-cemento-qualcosa-ribolle-comunicato-riguardante-loccupazione-di-un-edificio-e-la-creazione-di-rasprava-squat-a-atene/↗]