Juan Sorroche: Lettera aperta per l’invito a partecipare come prigioniero anarchico alla Fiera dell’Editoria e della Propaganda Anarchica di Roma. A chi l’ha organizzato, a chi la frequenterà, e a tutti i compagni, anarchici e non, che vorranno leggere queste mie considerazioni
Hola compagne/i tutte/i,
Ho ricevuto nelle prime settimane di marzo, il piego libro con il materiale della Fiera. Che ho letto tutto con molto interesse, è molto interessante rispetto alla Fiera dell’editoria e della propaganda che si terrà a Roma il 4-5-6 Aprile del 2025. Vi ringrazio per l’invito a partecipare a noi compagne/i prigioniere/i e per mantenere le discussioni fra fuori e dentro e non spezzare il legame di solidarietà con noi che ci troviamo rinchiuse/i. E vi ringrazio per il segno di solidarietà.
Però mi sento in obbligo di rispondere, centrandomi in questa mia lettera e in questo vostro spazio organizzato esclusivamente sulle posizioni nette che avete deciso di prendere. Il discorso, sì, è molto divisivo, perciò io credo importantissimo e fondamentale che ci siano delle prospettive collettive e di continuità più allargate possibili al riguardo, anche con noi prigionieri e non solo. Con dei compromessi fra compagne/i. Per me personalmente il compromesso non è negativo e non sempre in assoluto nemico, anzi. Io sono per i compromessi chiari fra compagni/e. Riguardo la posizione netta che avete deciso di prendere. Per quello che mi riguarda sono decisioni a priori, con meccanismi e metodi in automatico, decisi altrove. É dunque decidere esclusivamente se aderire e poi semmai discutere questioni già decise nettamente.
Beh, già così la questione è controversa.
Poi, a maggior ragione, se all’iniziare nell’affrontare delle questioni fondamentali dei principi anarchici, già sono decisi e stabilite delle basi regolamentali, metodologiche e strumentali come meccanismo a priori, personalmente questo approccio e metodo etico per me è già per sé molto, ma molto, questionabile.
E dunque partecipare vorrebbe dire, posizionarmi con queste regole nette decise altrove e non chiarite e delegare questi miei principi senza aver potuto metterli in discussione, discuterli e deciderli prima.
Dunque non condivido i presupposti di base del vostro testo di posizionamento.
Fra me e il collettivo degli organizzatori della Fiera, questo è il nostro primo scambio di corrispondenza.
Non abbiamo mai discusso collettivamente, e dunque non si sono mai approfondite fra noi questioni fondamentali, nessuna, che non posso, non possiamo, dare per scontate. Soprattutto questioni così fondamentali come le violenze sistemiche sessuali e di genere, di questa società che tutti noi riproduciamo. Ma soprattutto non abbiamo discusso mai approfonditamente quelle questioni fondamentali di come e quali risoluzioni e soluzioni siano più adatte eticamente e anche utili per la cura di questi problemi, senza darle per scontate.
E lo stesso, fra noi, non abbiamo approfondito mai delle questioni fondamentali delle violenze strutturali dei ruoli autoritari giuridico-penali di questa società e che tutti noi riproduciamo. E lo stesso, non abbiamo discusso mai approfonditamente quelle questioni fondamentali di come e quali risoluzioni e soluzioni siano più adatte eticamente e anche utili per la cura di questi problemi senza darle per scontate.
Credo che, sì, creiamo tutti queste due situazioni sistematicamente nel movimento anarchico italiano. Duali e polarizzate, e che nessuna di queste aiuta a trovare e arrivare alle cause dei problemi strutturali delle violenze sistemiche e alla nostra responsabilizzazione collettiva.
Dunque, potete capire che perciò non condivido i presupposti di base, non vorrei delegare ciò a nessuno senza aver discusso collettivamente queste questioni e bene, approfonditamente, prima.
Perciò non aderisco ai posizionamenti già decisi in questo specifico spazio della fiera. Manderò questa mia lettera di critica aperta e che pubblicherò e se volete potete pubblicarla e distribuirla dove volete.
E per quanto mi riguarda non è una chiusura, lo dico sinceramente e se vogliamo creare altri di questi modi, spazi, tempi, per discutere approfonditamente alla radice di queste questioni sistemiche di violenze, assieme, io sono disposto a farlo in futuro con i tempi e gli spazi necessari che richiedono e con delle discussioni collettive. Come credo che sarebbe molto molto importante anche se ci fossero delle discussioni anche specifiche e collettive come mascolinità anarchiche.
Però se di principi, e di etiche anarchiche, vogliamo discutere, per metterle in comune, per me deve essere alla, e della, radice e approfonditamente. Credo che bisogna poter mettere in discissione tutto, senza decisioni stabilite a priori. E poi, sì, decidere, se vogliamo o no mutuamente essere parte della stessa comunità o collettività anarchiche.
Certo l’assunto, è un fatto, che principalmente queste violenze sessuali sono fatte da uomini cisessuali, e delle nostre condotte aggressive, dei nostri abusi da parte di noi uomini sistematicamente e strutturalmente. E che inerentemente a queste dinamiche e situazioni c’è il silenzio come regola sistemica del corporativismo maschilista e del sessismo strutturale, negando le violenze sistemiche collettivamente; anche questo è un fatto.
Ma individualizzare le violenze sistemiche e stereotipare in modelli fissi le nostre condotte aggressive, i nostri abusi strutturali da parte di noi uomini privilegiati, fa in un certo modo, anche parte di questo silenzio sistemico, e non credo sia utile qualitativamente per la responsabilizzazione collettiva.
E lo stesso individualizzare e stereotipare allo stesso modo dando per scontate anche quelle questioni fondamentali di come, e quali risoluzioni e soluzioni siano più adatte eticamente e anche utili per la cura di questi problemi, fa, in un certo modo, anche parte di questo silenzio sistemico deresponsabilizzandoci collettivamente. Pretendere di ridurre risoluzioni e soluzioni di fatti complessi a pochi elementi semplici e modelli fissi e automatici non credo che ci porterà alla responsabilizzazione collettiva delle violenze sistemiche che riproduciamo.
Perciò credo come voi che c’è bisogno, che c’è la necessità, di modificare le condotte e i ruoli culturalmente appresi da questa società autoritaria per cambiare paradigmaticamente la nostra realtà in cui viviamo.
E viste le nostre, e soprattutto le mie, esperienze, è un’autocritica e, lo metto in discussione.
So che sono questioni molto, molto, delicate e complesse.
Però credo che una riflessione approfondita e non strumentale e non aneddotica bisognerebbe farla su tutte queste nostre esperienze di violenze sistemiche gravissime.
Ma credo che impostarla solo esclusivamente nel carattere selettivo-aneddotico, come vedo anche succedere sia un errore. E che più tardi genera la sensazione che le regole sistemiche che le violenze sono isolate fuori da noi stessi, come maschi.
La mia domanda è: ciò ha efficacia qualitativa nelle risoluzioni e soluzioni e nella cura di questi problemi?
In più mi pare che fuorvia molto il discorso e le pratiche, nell’affrontare le reali cause sistemiche strutturali della violenza di genere e sessuale. E in più mi pare che fa anche accrescere le violenze strutturali giuridico-legali di questa società che, come il patriarcato, riproduciamo molto bene nel nostro movimento anarchico italiano.
Sinceramente in questi modi io non vedo l’utilità per risolvere i conflitti in maniera qualitativa e che producano strumenti adatti, adesso, e per arrivare nel tempo con prospettive libertarie alle risoluzioni di cure riparatorie dei problemi. E che sono molto complesse e complessive delle violenze sistemiche che riproduciamo tutti noi.
Dunque io credo che discuterne per trovare pratiche sempre è fondamentale. Soprattutto quando è divisivo, anzi, così c’è più bisogno di discuterne continuativamente.
Poi certo compagni/e se non si vuole discutere perché le posizioni non sono in discussione…
Certo lo spazio è grande per organizzarsi diversamente.
E dovete tenere presente, e riflettere bene, le grandi limitatezze nell’affrontare queste complesse questioni nelle nostre circostanze di isolamento, da prigionieri, sia a livello materiale che pratico e emotivo. E che possono essere anche fuorviate da ciò. Non è per fare la vittima, è un fatto.
Ma, ripeto, quello che posso fare io e faccio, è essere aperto per mettermi in discussione.
Chi vuole scrivermi:
Juan Sorroche
– Strada delle Campore -32 –
– 05100- c.c. Terni –
17/03/2025
[Ricevuto via e-mail e pubblicato in https://lanemesi.noblogs.org/post/2025/03/31/juan-sorroche-lettera-aperta-per-linvito-a-partecipare-come-prigioniero-anarchico-alla-fiera-delleditoria-e-della-propaganda-anarchica-di-roma-a-chi-lha-organizzato-a-chi-la-frequentera-e-a-tutti-i-compagni-anarchici-e-non-che-vorranno-leggere-queste-mie-considerazioni/]