Comunicato dalla clandestinità da parte dei ricercati per il caso 21 de mayo
Come ha già comunicato la rete di sostegno di Felipe Ríos, tramite un comunicato sulle reti di controinformazione, da un mese a questa parte il nostro compagno sta subendo continue vessazioni da parte delle guardie carcerarie cilene. Nello specifico lo stanno trasferendo all’interno del CPP Bío Bío da un modulo all’altro, mettendolo in celle di isolamento, privandolo dei suoi affetti e sotto costante minaccia di punizioni, per non aver piegato la testa a ogni ordine arbitrario dei poliziotti.
Pipe è in carcere da più di 4 anni, dopo quasi due anni di clandestinità. Attraverso i suoi comunicati abbiamo constatato che all’interno del carcere la sua convinzione contro lo Stato e il capitale non è stata scalfita e che è rimasto critico nei confronti delle dinamiche carcerarie che mettono i detenuti l’uno contro l’altro, promuovendo codici diversi da quelli autoritari che si riproducono nelle maledette prigioni. Questa ostinata determinazione del compagno implica una sfida enorme, dato che non è lo stesso percorso compiuto dalla maggioranza della popolazione carceraria. È dunque un percorso segnato da una grande solitudine, che lui però ha affrontato con dignità e a testa alta in ogni momento.
I suoi scritti, in particolare il suo comunicato «A 7 anni dal caso 21 maggio», sono stati accolti da noi, in ognuna delle nostre trincee clandestine, come un grido di guerra che ci ha dato coraggio nei momenti difficili del cammino lastricato che stiamo percorrendo da ormai 6 lunghi anni. A questo punto, anche se le nostre strade si separano, siamo arrivati perché abbiamo saputo essere coerenti e richiamarci reciprocamente al silenzio. Fin dall’inizio è stato chiaro a tutti noi che di fronte alla pantomima di un processo pieno di irregolarità che ci ha condannato, la collaborazione in qualsiasi misura con gli sbirri e i pubblici ministeri non sarebbe mai stata un’opzione. Sappiamo che Felipe, come noi, è restato sempre fermo su questa decisione, anche se ne sta pagando le conseguenze, scontando una pena di 12 anni.
I fatti per cui siamo stati condannati sono la conseguenza di un attentato incendiario insurrezionale durante una manifestazione a Valparaíso nel 2016, in occasione di un intervento pubblico dell’allora presidente Michelle Bachelet, che era al secondo dei suoi due mandati, entrambi segnati dal sangue dei compagni Matías Catrileo, José Quintriqueo, Johnny Cariqueo e Jaime Mendoza.
Una parte importante del risultato di quell’imponente incendio nel centro di Valparaíso non era desiderata da nessuno dei sottoscritti e ne portammo il peso nello zaino della nostra fuga. Non ne rimanemmo mai indifferenti. Ma lungo la strada abbiamo avuto il tempo di pensarci seriamente, di confrontarlo con tante perdite in questa lotta contro lo Stato cileno assassino e torturatore e abbiamo capito che la violenza rivoluzionaria non sempre segue il tracciato previsto da chi accende la miccia. Se questo caso del 21 maggio ci insegna qualcosa, è che lo straripamento insurrezionale non può essere completamente controllato nel suo sviluppo. Capire questo significa maturare nella lotta. Condannare quel fuoco dall’alto del moralismo fa più male alla lotta che alle nostre convinzioni, che rimangono intatte a favore della promozione dell’attacco incessante contro lo Stato e il capitale.
La derisione, la diffamazione e i tentativi di calunnia non sono nuovi, sono diffusi nei diversi ambienti rivoluzionari di ogni tipo presenti sul territorio. Ci opponiamo radicalmente a queste pratiche e chiediamo di stroncarle sul nascere ovunque si presentino.
Come è già evidente, noi che scriviamo questo comunicato non cerchiamo di apparire, la clandestinità non è compatibile con le dichiarazioni pubbliche. Uscire per scrivere questo comunicato oggi è un rischio che corriamo perché Felipe è un valido compagno, di noi e delle lotte che tutti noi difendiamo. Estendiamo queste parole di solidarietà a lui, al suo modo coerente di affrontare la prigionia politica e in risposta alla solidarietà che sappiamo ha dimostrato verso altri prigionieri nel corso degli anni.
A lui e alla sua rete di compagni il nostro sincero abbraccio rivoluzionario.
Un saluto complice a tutti i compagni che hanno dovuto scegliere questo percorso di clandestinità e fuga, in particolare a Constanza e Rodrigo ovunque essi siano.
Libertà per tutti gli anarchici, i sovversivi e i mapuche prigionieri nelle carceri dello Stato cileno!
Abbasso le mura della prigione!
Viva la lotta senza quartiere con tutti i mezzi possibili contro lo Stato e il capitale assassino!
Mai vittime, mai pentiti
Nicolas Bayer
Hugo Barraza
Miguel Varela
[Ricevuto via mail, tradotto e pubblicato in https://lanemesi.noblogs.org/post/2024/10/25/comunicato-dalla-clandestinita-da-parte-dei-ricercati-per-il-caso-21-de-mayo/]