«La guerra non è imminente»
L’Ue lancia l’allarme: “Pericolo di guerra, prepariamo i civili”. Così titolava ieri “Repubblica” [22 marzo]. Dopo il gioco di ruoli tra Macron, che ha parlato a più riprese dell’eventualità di inviare in Ucraina direttamente le truppe occidentali, e il segretario della NATO Stoltenberg, il quale ha precisato che non c’è alcun piano in tal senso, è arrivato il Consiglio europeo. E qui si è capito meglio che è proprio quel piano che si prepara. Non servirebbe granché inviare truppe NATO in Ucraina senza un adeguato munizionamento per la guerra sul campo. E un tale munizionamento non c’è (la ragione principale è che i colossi dell’armamento hanno puntato negli ultimi decenni su prodotti high tech ad alto tasso di valorizzazione capitalistica, utili nelle guerre asimettriche – e nelle loro ricadute tecno-mercantili –, ma del tutto inadeguati al fronte-contro-fronte, boots on the ground. A Bruxelles non solo si sono detti tutti d’accordo sul sostegno economico, tecnologico e militare all’Ucraina, ma anche sul finanziamento dell’“economia di guerra” (parole del presidente Charles Michel) attraverso la Banca europea degli investimenti. Esattamente ciò che aveva lanciato il capo-lobbista Ursula von der Leyen una ventina di giorni fa: “Servono più armi, dobbiamo produrne come fatto con i vaccini”. Il piccolo problema è che alla BEI sarebbe formalmente vietato finanziare armi e munizioni, prodotti un po’ stridenti con le chiacchiere su “sostenibilità ambientale” e “crescita sostenibile”. Ecco allora l’invito ad “adattare le sue politiche di prestito e la sua attuale definizione di beni a duplice uso”, cioè radar, microchip, sensori, droni, equipaggiamenti elettronici per aerei e navi, satelliti ecc. Bene, ma non benissimo. Qui servono armi d’artiglieria, e in fretta. Ecco allora che qualche giorno prima del vertice di Bruxelles, quattordici Stati – tra cui, ovviamente, quello italiano – hanno scritto una lettera a Michel sulla necessità di “esplorare diverse possibilità che permettano alla Bei di investire in attività legate alla difesa al di là degli attuali progetti a duplice uso”. D’altronde, se Zelensky è stato invitato qualche settimana fa a cambiare la definizione di “vittoria”, non sarà certo impossibile per i 27 azionisti della Banca europea di investimento – il cui bilancio si aggira sui 544 miliardi di dollari – rivedere la loro “attuale definizione di beni a duplice uso” e quella di “difesa”. Se Günther Anders scriveva già diversi decenni orsono che «in linea di principio, per quanto riguarda i modi di attività, non esiste più alcuna differenza tra la perforazione di una lamiera e la distruzione di una città situata in un altro continente», figuriamoci nell’epoca delle tecnologie convergenti, quando la neolingua orwelliana è ormai incorporata nei prodotti.
In questo bel consorzio di bellicisti, di pompieri piromani e di pizzicagnoli dell’apocalisse, persino il feldmaresciallo Josep Borrell – quello dell’Occidente come “giardino” e del resto del mondo come “giungla”, quello che ha definito la Russia “una stazione di servizio il cui proprietario ha una bomba atomica” – può passare per un moderato rispetto ai titolisti di “Repubblica”. Egli ha infatti dichiarato ieri che “la guerra non è imminente”. In tale contesto di coscienze disintegrate, sono spuntati persino dei sovversivi democraticamente modificati. Come gli estensori di questo “Comunicato dei gruppi anarchici tedeschi”: «Noi, i vari gruppi anarchici in Germania, vi invitiamo a partecipare alla manifestazione del 24 febbraio a Berlino, in occasione dell’anniversario dell’inizio dell’invasione su larga scala dell’Ucraina da parte della Russia […]. In questa giornata, vogliamo invitare la comunità internazionale a protestare attivamente contro i politici dei loro paesi che chiedono un cessate il fuoco e negoziati con il regime di Putin. Un cessate il fuoco in questa fase non farà altro che dare alla Russia un po’ di riposo e un punto d’appoggio nei territori occupati, in modo da poter colpire nuovamente l’Ucraina e altri paesi con tutta la forza. […] I negoziati stanno preparando il terreno per una nuova guerra». Certo la “comunità internazionale” non è sorda a tali appelli. Ed è anche più conseguente degli appellanti. Visto che l’esercito ucraino non può vincere la guerra, l’alternativa è inviare le truppe della NATO, cioè armarsi adeguatamente per farlo. E intanto costruire a ridosso della Federazione Russa la più grande base militare dell’Alleanza Atlantica in Europa (https://www.lindipendente.online/2024/03/20/sorgera-in-romania-la-nuova-base-nato-costruita-su-misura-per-la-guerra-alla-russia/). Insomma, preparare la Terza Guerra mondiale per guadagnare la pace eterna.
I campi del disfattismo e del collaborazionismo si delineano in modo sempre meno allusivo. Guerra di classe o guerra statale e capitalista.
[Tratto da https://ilrovescio.info/2024/03/23/la-guerra-non-e-imminente/ e ripubblicato in https://lanemesi.noblogs.org/post/2024/03/25/la-guerra-non-e-imminente/]