Dichiarazioni di Anna Beniamino e Alfredo Cospito all’udienza del 19 giugno in corte d’assise d’appello per il calcolo delle condanne nell’ambito del processo Scripta Manent
Al termine dell’udienza del 19 giugno scorso, la corte d’assise d’appello di Torino ha disposto un’ulteriore udienza — prevista per oggi, 26 giugno, alle ore 12:00 — per la pronuncia della sentenza riguardante l’entità delle condanne contro i compagni Anna Beniamino e Alfredo Cospito nell’ambito del processo Scripta Manent.
Il processo ha avuto queste ulteriori udienze inerenti i soli Anna e Alfredo — prima in corte d’assise d’appello (5 dicembre, 19 dicembre), poi in corte costituzionale (18 aprile), infine nuovamente in corte d’appello (19 giugno, 26 giugno) — perché la cassazione con la sentenza del 6 luglio 2022 ha riqualificato in strage contro la sicurezza dello Stato (art. 285 c. p., la cosiddetta “strage politica”) una delle accuse contro i due compagni, inerente il duplice attacco esplosivo contro la Scuola Allievi Carabinieri di Fossano (2 giugno 2006, rivendicato da Rivolta Anonima e Tremenda / Federazione Anarchica Informale). La pena edittale, fissa, prevista dall’articolo 285 c. p. nel caso di Alfredo (per via della prevalenza della recidiva reiterata sulle attenuanti) era l’ergastolo, in questo caso ostativo (cioè senza possibilità di rilascio) in quanto le condanne aggravate dalla finalità di terrorismo, anche internazionale, o dalla finalità di eversione dell’ordine democratico, rientrano tra quelle sottoposte all’art. 4 bis dell’ordinamento penitenziario (che stabilisce l’ostatività di determinati reati).
La sentenza della corte costituzionale del 18 aprile ha decretato come incostituzionale la norma che stabiliva l’obbligatorietà dell’ergastolo in caso di condanna per l’art. 285 c. p. Si tratta di una sentenza riguardante non solo la situazione di Alfredo, per cui si apre concretamente la possibilità di non essere condannato al fine pena mai, ma pure tutti quei casi in cui l’ergastolo si configuri come pena fissa. Il 19 aprile, dopo 181 giorni, Alfredo ha quindi interrotto lo sciopero della fame a seguito di questa sentenza riguardante una delle due misure (l’ergastolo ostativo) per cui aveva intrapreso lo sciopero ad oltranza.
Durante l’udienza del 19 giugno la procura ha nuovamente richiesto, come avvenuto il 5 dicembre, la condanna di Alfredo all’ergastolo (con 1 anno di isolamento diurno) e di Anna a 27 anni e 1 mese, richiedendo inoltre di includere agli atti dell’udienza una serie di recenti documenti (comunicati solidali, articoli, testi rivendicativi di azioni, ecc.) che agli occhi della procura consoliderebbero l’attuale necessità di condannare Alfredo all’ergastolo, ponendo in particolare l’attenzione sulla seconda edizione del libro “Quale internazionale?”, pubblicata durante lo sciopero della fame e contenente l’omonima intervista uscita tra il 2018 e il 2020 nel giornale anarchico “Vetriolo”, già oggetto di indagine nel procedimento “Sibilla” per cui il 14 marzo si è tenuta a Perugia una seconda udienza di riesame sulle misure cautelari in cui Alfredo ha fatto una dichiarazione (pochi giorni successivi il tribunale del riesame ha disposto per la seconda volta l’annullamento delle misure). La corte di Torino non ha accolto questa richiesta della procura.
In attesa della sentenza di oggi, ripubblichiamo le dichiarazioni di Anna Beniamino e Alfredo Cospito durante l’udienza del 19 giugno.
SOLIDARIETÀ CON TUTTI GLI ANARCHICI E I RIVOLUZIONARI IMPRIGIONATI
Anna Beniamino: Dichiarazione all’udienza del 19 giugno 2023 presso la corte d’assise d’appello di Torino
Dichiarazione spontanea per udienza 19/06/2023
presso Corte d’Assise d’Appello di Torino
Dopo anni di processo, decine di udienze, non mi stanco di continuar a ribadire quanto dichiarato finora, ad affermare alcune semplici e tautologiche verità, contro l’esercizio del falso perpetrato con metodo scientifico nelle aule di tribunale.
Gli anarchici sono antiautoritari. Gli anarchici non sono stragisti e tanto meno difendono azioni stragiste.
Le stragi che sono state perpetrate in questo Paese sono state il frutto avvelenato dell’intrecciarsi di potere politico ed economico, quanto di più lontano dal pensiero e dalle pratiche antiautoritarie.
Siamo in un processo politico per cui non vale la realtà dei fatti ma la potenza delle suggestioni, tanto più è abnorme ed assiomatica l’accusa, tanto è vanificata la difesa.
Si continua a straparlar di stragi ma quella vera è quella compiuta sulla realtà dei fatti. Vi siete inventati i “capi” anarchici, le “associazioni” funzionanti a singhiozzo o strutturate come scatole cinesi in cui non si capisce neppure più quali siano i contenitori e quali i contenuti, le perizie grafiche “probabilistiche” per attribuire i fatti, l’ultima chicca in ordine di tempo è stata la collusione tra anarchici e mafiosi.
I meccanismi argomentativi nell’attribuzione dei reati e nella creazione di profili biografici ad hoc rendono gli scenari orwelliani qualcosa di squisitamente retrò.
Gli inquisitori mentono sapendo di mentire e facendosi scudo della refrattarietà degli anarchici al mercato della giustizia. Giocano sul fatto che l’etica anarchica non è in vendita al miglior offerente.
La macchina infernale della DNA (Direzione Nazionale Antimafia) diventata DNAA (Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo) ha bisogno di scalpi per macinar consenso e per fortificare l’impalcatura della repressione preventiva: servono nemici interni, non importa se costruiti ad arte con falsità storiche, politiche, fattuali e processuali, se no la macchina rimane senza benzina ed i regimi speciali sguarniti di carne e d’anime.
Oggi è rimasta solo la nostra testa sul piatto, ma non va dimenticato che per anni decine di compagne e compagni sono stati inquisiti e incarcerati in questo ed in procedimenti paralleli che si autoalimentano. Così come è successo per i procedimenti che hanno portato al 41 bis per Alfredo Cospito: crollano le impalcature delle operazioni Bialystok e Sibilla, non ci sono capi e istigatori… però il 41 bis rimane.
Colgo una tragica ironia in tutto questo: i vari inquisitori si impappinano non conoscendo bene neppure la sostanza dell’accusa, infarciscono le loro carte di palesi falsità e contraddizioni, basta arrivare al risultato. Nulla di strano: è l’etica malata di quest’epoca dove si santifica il profitto assassino e si criminalizza la povertà.
Roma, 19 giugno 2023
Anna Beniamino
PDF: Dichiarazione all’udienza del 19 giugno 2023 presso la corte d’assise d’appello di Torino
Alfredo Cospito: Dichiarazione all’udienza del 19 giugno 2023 presso la corte d’assise d’appello di Torino
Dichiarazione all’udienza del 19 giugno 2023 presso la corte d’assise d’appello di Torino
Questa mia dichiarazione è strettamente legata al processo perché entra nel merito del trattamento sanzionatorio che mi avete inflitto. Trattamento sanzionatorio incostituzionale e che contraddice le vostre stesse leggi. Trattamento sanzionatorio, il 41 bis, che stravolge il senso stesso della mia carcerazione, imponendomi una censura insensata che limita il mio diritto alla difesa.
È evidente a tutti come la mia vicenda processuale sia stata usata come una sorta di clava da una parte politica, “il governo”, contro un’altra parte politica, la cosiddetta “opposizione”. Il mio trasferimento all’ultimo momento da una sezione a un’altra in previsione dell’arrivo dei parlamentari PD ne è un esempio lampante. Che dimostra come siano stati strumentalizzati il DAP e il 41 bis per fini politici.
Questi fatti sono strettamente legati a questo processo perché sono il prodotto delle dinamiche politiche passate che hanno portato alla nostra accusa e condanna spropositata per strage politica. Il tapparmi ora la bocca, nell’unico momento in cui posso difendermi vorrebbe dire avallare questa deriva pericolosa e totalitaria. Prima di parlare di Fossano e della cosiddetta “strage” (anche se c’è poco da dire, basterebbe guardare le immagini dei danni della tremenda esplosione) per soli due minuti mi toccherà accennare a tre morti, di due delle quali in qualche modo sono responsabile, la terza morte quella di Cosimo è avvenuta al centro clinico di Opera, reparto 41 bis.
Sono tutte morti legate alla mia vicenda perché legate all’impunità del regime in cui da un anno mi tocca lottare e sopravvivere per non soccombere. Non posso tacere, lo devo ai condannati a morte rinchiusi in quel centro clinico, lo devo a chi è stato lasciato morire e a chi in questo momento nel carcere di Sassari si sta lasciando morire per far sentire la propria voce. Lo devo a Domenico Porcelli in sciopero della fame da quattro mesi. Al suo fianco i figli e Maria Pintus, il suo avvocato. A sostenerlo sono quei pochi rivoluzionari anarchici, comunisti e indipendentisti sardi che a costo di galera e repressione si battono contro il 41 bis. Domenico per lo Stato è un mafioso, quindi indifendibile carne da macello, per lui la costituzione non vale. Per lui nessuna stucchevole passerella di politici, nessuna attenzione dei media. Ne sono certo, Domenico non farà notizia neanche da morto. Come d’altronde è già successo a due poveri cristi morti uno dietro l’altro di sciopero della fame nel carcere di Augusta. E di cui mi sento responsabile, perché influenzati dalla canea mediatica che ha seguito il mio sciopero hanno azzardato scivolando velocemente verso la morte. Le loro morti non hanno destato alcuno scalpore, un silenzio complice e osceno le ha avvolte. Uno di loro era un cittadino russo e chiedeva semplicemente di essere rimpatriato. Immaginate cosa sarebbe successo se a morire di fame in un carcere russo fosse stato un italiano… associazioni umanitarie e media avrebbe scatenato il finimondo. Invece la sua morte è passata inosservata, l’indifferenza è stata totale, rivelando la faccia ipocrita, razzista, imperialista dell’Occidente. La faccia ipocrita dello stesso Stato etico che per tenere nascoste sue vecchie complicità mantiene in piedi il baraccone degli orrori del 41 bis. Un segreto di Pulcinella che sono 30 anni che resiste, che nessuno ha il coraggio di affrontare, chi tocca muore… e che finirà, nella volontà di chi l’ha ideato, solo quando l’ultimo testimone di quell’accordo fra Stato e mafia sarà morto e seppellito tra queste mura.
Certe volte ho il dubbio che è il sistema stesso che voglia essere raccontato, perché altrimenti trasferirmi a Opera in quello che Nordio ha avuto il coraggio di definire come una struttura medica di eccellenza. Un caotico e mortale baraccone dove vecchi e moribondi vengono parcheggiati in solitudine in attesa della morte. In questa sottospecie di manicomio nei corridoi piove, l’estate si muore dal caldo, l’aria condizionata non funziona, l’inverno si muore dal freddo. Alle finestre bocche di lupo, scarafaggi, formiche, zanzare impazzano tormentando persone allettate, paralizzate, anziani, moribondi, ciechi.
Tra il giugno e l’ottobre del 2022, in un centro clinico che può “ospitare” 12 persone, in sei non ce l’hanno fatta, non sono sopravvissuti. Se si è fortunati qualche giorno od ora prima dalla morte si viene traferiti in ospedale dove il trattamento è più umano, ma dove si muore sempre tra estranei senza l’affetto dei propri cari. Tutto è sulle spalle dei ragazzi e delle ragazze che si occupano di pulire e si arrabattano tra pannoloni e medicinali, e gli infermieri-e che cercano di fare del loro meglio ma sono in pochi. La dottoressa responsabile scarica la responsabilità sugli infermieri, dandosi spesso per malata, cosa abbastanza imbarazzante. Naturalmente parlando di detenuti in situazioni sanitarie precarie dove basta essere trascurati un tantino in più per vederti scivolare verso la morte, le obiezioni da parte dei malati scarseggiano. Ma qualche detenuto impavido ha protestato e i tribunali gli hanno dato ragione, ma parlando di 41 bis, di un mondo a parte e di figli di un dio minore, tutto è rimasto invariato.
Nessuno dovrebbe morire isolato in una cella, sotto l’occhio freddo di una telecamera che lo filma in stanza 24 ore su 24. Come è successo nel giugno del 2022 a Cosimo Di Lauro. Questo detenuto è morto di inedia, non era in sciopero della fame, semplicemente aveva smesso di bere e mangiare, secondo le testimonianze che ho ascoltato, e non solo da detenuti, “non ci stava con la testa”. Una mattina la guardia lo trova morto, monitorato in cella da una telecamera, la sua agonia filmata, senza che nessuno muovesse un dito. Di Lauro non arrivò mai in ospedale, al contrario del sottoscritto, trasportato in ospedale al minimo accenno di malore anche se non in pericolo immediato di vita. Cosimo un semplice “mafioso” e in più non in grado di ragionare e di far valere i propri diritti venne lasciato morire. Venne aperta un’indagine, vennero prese delle testimonianze, anche quelle di un coraggioso detenuto, ma tutto venne insabbiato, fino a oggi almeno…
Quante cose ho visto in questo mio anno di 41 bis. Non sono solo le morti a essere insabbiate ma può capitare che il 41 bis sia strumentalizzato per altri fini. E questo uso “improprio” insabbiato. A essere insabbiato il fin troppo chiaro uso del DAP da parte del governo per dare addosso alla cosiddetta “opposizione”. Sto parlando della passerella dei deputati del PD a Sassari e l’uso strumentale da parte del governo delle informative del DAP che mi riguardavano per dare addosso al PD. Per capirci, la stupida piazzata di Fratelli d’Italia in parlamento. È indicativo il mio trasferimento appena qualche giorno prima dell’arrivo dei parlamentari (di cui sono certo, il governo era a conoscenza) da una sezione “tranquilla” in cui passavo le giornate in solitudine in una sezione dove nell’ottica distorta del DAP vi erano i pezzi “grossi” di Sassari, i cosiddetti boss. Che detto tra parentesi hanno fatto di tutto per convincermi a smettere lo sciopero, e che poi sono stati messi alla gogna mediatica per colpa mia. Nessuno mi toglierà dalla testa che il DAP sia stato “ispirato” dal governo. Appena dopo la visita dei parlamentari la sezione fu smembrata e io trasferito a Opera.
Quante ingenue trappole mi sono state tese che poi regolarmente si sono ritorte contro il sistema stesso. Sequestro di appunti processuali trasformati in pizzini, l’accusa ridicola di un’alleanza fra mafia e anarchici, l’accusa surreale di aver fatto finta di fare lo sciopero.
La convinzione che mi sono fatto in questo anno è che il 41 bis non abbia il reale obiettivo di spezzare il fenomeno delle organizzazioni criminali. Ma mettere il bavaglio a una generazione di mafiosi, che lo Stato 30 anni fa ha usato e poi tradito. Rinchiudendoli qui dentro fino alla morte che gli tapperà la bocca per sempre, e questo per la paura che una volta fuori i segreti oscuri della repubblica possano essere svelati. Questo è come dicevo il segreto di Pulcinella che sta dietro l’intoccabilità di questo regime.
Il 41 bis verrà tolto quando l’ultimo testimone scomodo di quell’epoca sarà morto. Questo naturalmente se non verrà esteso al resto del cosiddetto “sistema giustizia”, la barbarie tende a dilagare, e può sfuggire di mano. Tra mafia e Stato molte similitudini, volontà egemonica, monopolio della violenza, gerarchia, autoritarismo. Ma poi una volta qui dentro mi sono reso conto che oltre a queste caratteristiche comuni indubbie si aggiunge una sorta di “peccato originale” che abbisogna di un sistema liberticida come il 41 bis per tenere insieme i cocci, senza il quale il sistema nel suo complesso si sfalderebbe. Consiste proprio in questo l’intoccabilità del 41 bis, il suo essere diventato il punto nevralgico di tutto il sistema democratico totalitario, la vera faccia della repubblica italiana.
Per il resto che dire… nulla è cambiato, le foto dei miei genitori sequestrate un anno fa qui a Sassari, e restituite col timbro della censura al mio arrivo a Opera, di nuovo trattenute al mio arrivo a Sassari. Niente musica, la mia richiesta di comprare un lettore cd rigettata dalla direzione del carcere. A quanto pare libri e musica continuano a essere visti dal DAP come qualcosa di sovversivo e in fondo non hanno tutti i torti.
Da quando sono al 41 bis non tocco un filo d’erba, un albero, un fiore, solo cemento, sbarre e tv. Negli ultimi mesi con grande fatica sono riuscito a comprare un solo libro, e solo perché di me parlavano i media. I colloqui una sola volta al mese col vetro e con la voce metallica dei citofoni. Le mie sorelle e mio fratello, che sono gli unici che possono venire a trovarmi, vengono al loro arrivo incerottati sui tatuaggi e sugli orecchini, perché potrebbero comunicare messaggi criptici attraverso i disegni tatuati.
Comunque queste mie rimostranze diventano ridicole, dopo quello che ho visto al centro clinico di Opera. Ho visto con i miei occhi lo Stato che si pretende etico applicare la legge della ritorsione su vecchi e malati, inermi e seminfermi di mente.
La mia richiesta ingenua di libri, musica, periodici anarchici, scientifici, storici e un prato dove correre e di qualche albero diventa risibile, quasi stucchevole. Me ne rendo conto.
Abolire il 41 bis.
Grazie compagni e compagne.
Sempre per l’anarchia.
Alfredo Cospito
[In videoconferenza dal carcere di Bancali, Sassari, 19 giugno 2023]
PDF: Dichiarazione all’udienza del 19 giugno 2023 presso la corte d’assise d’appello di Torino