Comunicato dell’Assemblea cittadina milanese contro il 41 bis e l’ergastolo in vista del presidio al carcere di Opera al fianco di Alfredo Cospito, al fianco di chi lotta (Milano, 15 aprile 2023)
PRESIDIO AL CARCERE DI MILANO-OPERA
SABATO 15 APRILE, DALLE ORE 15:00
A fine marzo 2023 il Comitato Europeo per la prevenzione della tortura ha pubblicato un rapporto sull’Italia dopo aver visitato anche alcune carceri in cui denuncia il sovraffollamento degli istituti (114%). Contemporaneamente l’associazione Antigone ricorda che “attualmente in Italia ci sono oltre 200 persone tra agenti, operatori e funzionari indagati, imputati o condannati per violenze e torture”. La relazione del Garante nazionale dei detenuti sul 41 bis scrive che delle 740 persone detenute con questo regime 321 hanno più di 60 anni e 87 hanno più di 70 anni, nell’ultimo anno una decina di persone è morta in carcere, al 41 bis.
Dati a cui va aggiunto il conto dei pestaggi, degli abusi e delle violenze compiute dalle forze dell’ordine nelle carceri italiane che hanno causato 14 morti e centinaia di feriti nella primavera del 2020 e l’altissimo numero di suicidi che in questi ultimi anni stanno accadendo fra le mura: nel 2022 il numero è di 84 detenuti morti suicidi, in tutto il 2020 erano stati 58. L’inclemenza dei numeri restituisce l’immagine di un paese in cui il ricorso alle pene detentive è pratica di governo e motore di consenso. La popolazione carceraria invecchia, a causa di recidive e lunghe detenzioni, ma non mancano i giovani, condannati per reati di lieve entità, immigrati messi all’angolo dalle leggi sulla “clandestinità” che non vogliono, o semplicemente non possono, accettare il ricatto del lavoro sottopagato.
Nel frattempo la crisi galoppa e l’inflazione riduce i già miseri salari; il conflitto Russia-Ucraina sposta risorse economiche al settore bellico e ripropone un modello di rappresentazione della realtà dicotomico già ampiamente praticato durante la pandemia: o sei con le scelte dello Stato (dei suoi governi) o sei un nemico, mettendo in ombra, come secondarie, tutte le contraddizioni reali che costituiscono il vissuto delle persone.
Il 20 ottobre 2022 Alfredo Cospito, iniziando uno sciopero della fame, individuale e ad oltranza, contro la durezza del regime carcerario a cui è sottoposto, facendone una battaglia per tutti quelli che come lui vi sono sottoposti, apre uno squarcio in questo quadro grigio.
La risposta immediata dei compagni e compagne più vicini ha innescato un importante interesse più generale sul tema. Azioni, presidi, manifestazioni, assemblee e convegni si sono moltiplicate sotto la parola d’ordine “a fianco di Alfredo, contro il 41 bis, e l’ergastolo e la sua ostatività”.
Con la sua lotta Alfredo pone delle questioni generali importanti che sorprendono e non lasciano indifferenti anche quei settori della cosiddetta “società civile” che si rifanno ad una mutevole concezione dello Stato di Diritto, dell’equilibrio della pena, dei principi Costituzionali. La lotta di Alfredo li chiama ad esprimersi, a far uscire dai circuiti specialistici dubbi e certezze.
Così mentre il governo e parte dell’apparato mediatico cercano di contenere la questione relegandola ad un conflitto tra “la galassia anarchica” (sic!) e lo Stato, lo squarcio aperto da Alfredo si allarga e una gran quantità di galassie mostrano l’immagine di un sistema governo penale che oppone il carcere alle contraddizioni sociali che non vuole o non sa risolvere.
Per inciso – e per pura coincidenza temporale – questo svelamento trova supporto nell’esito delle due vicende che hanno coinvolto Italia e Francia, l’operazione Ombre Rosse, in cui l’Italia chiedeva a distanza di 40 anni l’estradizione di 10 esuli rifugiatisi in Francia negli anni ‘80, e la richiesta di arresto europeo nei confronti di Vincenzo Vecchi, condannato per il reato del codice fascista di “devastazione e saccheggio” per i fatti di Genova 2001.
Ma il lupo perde il pelo ma non il vizio e mentre Alfredo conduce la sua battaglia per l’abolizione del 41 bis e dell’ergastolo ostativo, mentre una tanto diffusa quanto eterogenea solidarietà internazionale lo sostiene ed affianca nella denuncia di queste pratiche di vera e propria tortura, il governo risponde con una serie di provvedimenti che mirano ad un incremento degli ambiti della sfera penale.
Ricordiamo che l’attuale governo ha esordito con una norma sfornata in gran fretta contro i “ravers”, facilmente applicabile a raduni e, perché no, a manifestazioni di dissenso di vario genere. Poi ha cercato consensi invocando carcere per i cosiddetti scafisti, il carcere per le borseggiatrici e i loro bambini, il carcere per gli occupanti di case, legifera pene fino a 3 anni per gli attivisti ambientali e, come ultime in ordine di tempo, le proposte di cancellazione o “ridefinizione” del reato di tortura (per permettere alle forze dell’ordine di fare il loro lavoro) e all’assunzione di nuovo personale di polizia.
In una fase in cui la crisi economica internazionale manda in tilt il ciclo di produzione e consumo allargando le fasce di povertà, la risposta del sistema, in difesa di se stesso e dei pochi potentati economico/finanziari di cui è espressione e strumento, è una invocazione emergenziale alla guerra: guerra ai virus, guerra negli scenari internazionali, guerra ai miserabili, meglio se immigrati e neri, vittime di risulta di una macchina sociale che non funziona. Guerra ai dannati della terra. E si sa, ogni guerra ha le sue armi, che siano manipolazioni genetiche, droni e missili sofisticati, leggi speciali e o carceri ancora più dure.
È una cultura di guerra e di dominio che si diffonde nelle scuole, con l’orrendo connubio del ministero dell’Istruzione con quello della Difesa per condire di militarismo l’educazione dei più giovani. È la guerra che attraversa il mondo del lavoro con il costante succedersi di vittime ed “incidenti” causati da incuria e brama di profitto, dove gli operai vengono denunciati perché scioperando rallentano la produzione, ed è guerra che atterra sulla società diffusa punendo il dissenso, la sofferenza, il disagio, il bisogno.
Hai rubato e sei povero? Ti viene tolto il sussidio. Sei malato e non puoi pagare? Aspetta. Manifesti davanti al posto di lavoro? Sarai denunciato per aver danneggiato il ciclo produttivo. Occupi una casa popolare vuota e destinata a restare tale? Sei colpevole di “associazione a delinquere” e così via.
Altro è lo spirito che guida la nostra lotta, è con un desiderio di vita che Alfredo ha iniziato ormai sei mesi fa, il 20 ottobre 2022, lo sciopero della fame e un fortissimo attaccamento alla vita lo ha accompagnato fino ad ora: “non è vita in 41 bis” scriveva.
È con un desiderio di vita, di una vita vera a migliore, che andremo davanti al carcere di Opera per lanciare un messaggio a chi, recluso, attende la risposta alle sue domande, aspetta per le cure mediche, per i libri, la corrispondenza, non può dare un senso all’esistenza, cerca la libertà. E sarà con un desiderio di vita per tutte e tutti che guideremo la nostra coscienza lottando per un mondo che non ha bisogno di guerre, che non ammette sfruttati, che non trascura le sofferenze.
Assemblea cittadina milanese contro il 41 bis e l’ergastolo
[Tratto dal web e ripubblicato in https://lanemesi.noblogs.org/post/2023/04/14/comunicato-dellassemblea-cittadina-milanese-contro-il-41-bis-e-lergastolo-in-vista-del-presidio-al-carcere-di-opera-al-fianco-di-alfredo-cospito-al-fianco-di-chi-lotta-milano/]