A un anno dagli arresti per l’indagine Diamante, avvenuti il 16 marzo 2022, pubblichiamo il testo “Ci troverete al nostro posto, che al vostro non ci sappiamo stare”, risalente a maggio dello stesso anno e scritto da una dei due compagni arrestati. Lo ripubblichiamo non per un’asettica “riesumazione” della storia recente (in questo caso recentissima), bensì perché presenta grandi spunti di riflessione per quanto riguarda l’attualità, tra guerra e repressione. Di seguito vengono riportati anche alcuni comunicati in solidarietà e aggiornamenti. Ricordiamo che è in corso il processo presso il tribunale di Genova, iniziato il 7 dicembre scorso con l’udienza preliminare, e che un compagno si trova attualmente agli arresti domiciliari. Solidarietà con il compagno e la compagna imputati!
Ci troverete al nostro posto, che al vostro non ci sappiamo stare
A proposito dell’inchiesta “Diamante”
All’alba del 16 marzo 2022 due anarchici vengono arrestati a Roma dalla polizia della DIGOS e dal ROS dei carabinieri su mandato della Procura di Genova e del Pubblico Ministero Federico Manotti.
Le accuse sono di fabbricazione e detenzione di materiale esplosivo (art. 1 e 2 legge 895/67) al fine di attentare alla pubblica incolumità (art. 435 c. p.), il tutto con finalità di terrorismo ed eversione dell’ordine democratico (art. 270 bis 1) con altre persone non ancora identificate.
Congiuntamente a questa inchiesta denominata “Diamante” è presente una ulteriore indagine aperta denominata “Tenaglia” per dei sabotaggi incendiari contro tralicci, ripetitori e cabine server avvenuti nel 2021 in Liguria, e altri fatti avvenuti anche indietro di parecchi anni, elencati, anche solo formalmente, ripresi da precedenti indagini e fallite inchieste genovesi dello stesso PM. Questa sembra essere più una strategia per gonfiare l’operazione repressiva, visto che vi è poco o nulla che concretamente relazioni questi fatti con il motivo dell’arresto per detenzione di materiale esplosivo.
Naturalmente all’interno dell’inchiesta si trova la solita rivisitazione di significato, analisi spesso sconclusionate e raffazzonate, che intendono schematizzare le “correnti” del movimento anarchico in “schieramenti” e un superficiale lavoro di copia e incolla di cose già scritte in molte altre inchieste antianarchiche, che possiamo ritenere assolutamente inutile approfondire.
L’indagine che ha portato all’arresto inizia con il ritrovamento, nel giugno 2021, di materiale esplosivo, materiale elettrico ed altri dispositivi, in un bosco in Liguria. Dalle carte dell’inchiesta si legge che questi contenitori vengono rinvenuti da uno sconosciuto dichiaratosi poi motivato dalla ricerca di sostanze stupefacenti, che dopo il ritrovamento si recò, in compagnia di un suo amico, a denunciare il ritrovamento ai carabinieri. I due hanno collaborato per dare indicazioni e descrizioni alle forze dell’ordine e sono stati sospettati, indagati, intercettati e pedinati dagli stessi carabinieri a cui si sono rivolti, e poi scagionati.
Dopo il ritrovamento dei contenitori i carabinieri installarono delle foto/video-trappole per “catturare” chiunque si fosse avvicinato alla zona. Successivamente una figura di sesso maschile verrà fotografata di spalle nelle vicinanze del luogo del ritrovamento, persona che la polizia dichiara di riconoscere e identificare.
Dal fascicolo d’indagine e dai rapporti di polizia scientifica e del RIS Carabinieri di Parma risulta che le comparazioni con le campionature presenti nei database del DNA sono tutte negative, ovvero non risulta esserci alcuna traccia di DNA, impronta o altro, sui numerosi referti ritrovati nel bosco, utile per identificare qualcuna/o. È da segnalare che in quella stessa circostanza la polizia effettuò intercettazioni e pedinamenti di compagni frequentati dai due accusati ed anche un “prelievo” furtivo del DNA attraverso i bicchieri utilizzati ad un chiosco-bar, di un compagno venuto in visita a Genova.
Nell’inchiesta “Diamante” che vede imputati me e Gianluca, come nelle ultime inchieste italiane, un altro elemento che viene criminalizzato e ritenuto prova utile alla determinazione della pena e della punibilità in generale è la solidarietà. Rispetto a questo lasciamo ai giudici il “libero convincimento” perché per noi rimane principio di fratellanza al quale non verremo mai meno. Vengono in particolare incalzate dagli inquirenti, a sostegno di questa suggestione, le procedure penali avviate nei nostri confronti e di altri 5 compagnx relative all’interruzione del processo “Scripta Manent”. Durante quell’udienza dell’11 febbraio 2019 nell’aula bunker del carcere di Torino, un nutrito gruppo di compagnx ha espresso la sua calorosa e concreta solidarietà agli anarchici/e sotto processo. Il PM Roberto Sparagna è stato impossibilitato a prendere parola per formulare la sua requisitoria. Dopo diversi slogan e la lettura di un testo solidale, la Corte ha interrotto l’udienza e l’aula è stata sgomberata dall’intervento delle squadre antisommossa.
Coerentemente alla strategia impiegata dai repressori fino ad allora, tesa a isolare i/le prigionieri/e e minare il sostegno espresso loro, perseguendo le varie manifestazioni di vicinanza e solidarietà, la questura di Torino in seguito alla presenza in aula di febbraio, ha emesso una sessantina di fogli di via dalla città, e sette denunce per interruzione di pubblico ufficio ed oltraggio in concorso, poi giunte a condanne in primo grado con pene da 6 mesi ad un anno di reclusione.
Oltre a questo procedimento, un altro ritenuto aggravante per la posizione di Gianluca è la recente operazione “Sibilla” della procura di Perugia, che lo vede coinvolto assieme ad altri 5 compagni/e, indiziati del reato di art. 270 bis (associazione con finalità di terrorismo ed eversione dell’ordine democratico) per l’ideazione, la redazione, la stampa e la diffusione anche con strumenti informatici e telematici, del giornale anarchico “Vetriolo”. Inoltre accusati di art. 414 (istigazione a delinquere), per la redazione e divulgazione di comunicati dal contenuto istigatorio alla commissione di delitti contro la personalità dello Stato, con finalità di terrorismo e di eversione dell’ordine democratico. Nel contesto di questa operazione vennero anche oscurati due siti internet di controinformazione, perché ritenuti un’aggravante sul reato specifico di istigazione (attraverso strumento digitale).
Fra anarchiche/ci si dice spesso che non ci interessa sapere se gli accusati sono “colpevoli” o “innocenti”. Ed è così. Poco o niente ci deve interessare riconoscersi tali di fronte alla giustizia borghese. Si dovrebbe invece parlare, almeno in questo caso e per una opinione personale, di “ordinaria amministrazione” per i rivoluzionari/e: gli arresti, le perquisizioni, le inchieste, gli imprevisti, gli attacchi repressivi dello Stato (citando solo le cose negative).
Questo non significa subire passivamente gli eventi, ma riconoscere che il nostro campo di battaglia è altrove: nelle strade, nei luoghi di sfruttamento del lavoro, dove ci siano autorità prevaricazione ed oppressione, con le loro strutture ed i loro responsabili, dove gli umani e gli animali vengono rinchiusi, dove la Terra viene avvelenata, dove l’azione diretta e l’attacco prendono corpo e danno senso alle teorie dell’anarchismo.
Non possiamo sentirci “perseguitati” dallo Stato o “vittime” della repressione se, riconosciuti i principi e le prospettive dell’anarchismo, abbiamo dichiarato guerra sociale al Capitalismo, ad ogni istituzione, padrone e autorità. Sarebbe una menzogna inaccettabile e incongruente riconoscersi vittime o perseguitati e ci ricondurrebbe a facili prese di distanza, dissociazioni, o al rischio di rinnegare le idee in cui crediamo per qualche sconto fittizio o una premialità paternalistica.
Tornando alle interpretazioni del fascicolo, per una amara ironia, colpisce come in tempi di guerra sia la NATO che in questa inchiesta fa letteratura, e istruisce sulla definizione dei cosiddetti IED (improvised explosive device, dispositivo esplosivo improvvisato). La Sezione di Chimica del RIS dei carabinieri di Parma infatti dando atto dell’analisi del materiale sequestrato utilizza proprio l’erudita preparazione della formazione militare. Probabilmente qualche “operatore tecnico”, come vengono chiamati i repressori e gli assassini in divisa nelle democrazie, ha avuto tempo, fra un bombardamento a grappolo e uno all’idrogeno sulla testa dei civili e la contrattazione per la fornitura di armi e munizioni a paesi belligeranti, di definire tipologie e tecniche di costruzione di “ordigni esplosivi improvvisati”.
La NATO non è un’organizzazione di difesa ma un’organizzazione militare imperialista, quindi di espansione della propria influenza di potere geopolitico, infatti sono state molte le guerre in cui la NATO ha attivamente operato invadendo i territori. Per un assurdo paradosso però, oggi la sicurezza a cui gli Stati ambiscono si delinea in termini del livello di potenziale nucleare a disposizione del proprio esercito, al potere estrattivo o gestionale delle risorse minerali fossili o all’appartenenza a questa organizzazione militare. Queste politiche sono il più chiaro degli insegnamenti sul fatto che la determinazione dei rapporti di forza è fondata da sempre sulla violenza che le varie soggettività sono in grado di raggiungere.
Sicuramente la politica internazionale nulla c’entra con la morale o l’etica, ma in maniera piuttosto esemplificativa rappresenta, con le mire espansionistiche delle organizzazioni militari o degli Imperi, la stretta maglia del potere che su larga scala nella politica guerrafondaia capitalista saccheggia i territori strategici e funzionali agli interessi economici degli Stati, delle grandi aziende, delle multinazionali e delle banche finanziatrici.
A livello mondiale i governi, di qualunque genere, hanno coadiuvato l’espansione imperialista e neocoloniale degli Stati e delle grandi potenze, nel connubio fra potere politico, militare ed economico, hanno organizzato nella nostra storia recente il neocolonialismo in Africa. L’Italia ad esempio ha collaborato all’occupazione militare di paesi come l’Iraq, la Libia, lo Yemen, la Somalia, il Libano, l’Afghanistan, nell’estenuante lavoro di integrazione mondiale alle imposizioni del profitto delle lobby di mercato e dello sfruttamento delle risorse, secondo le necessità occidentali e non solo. Il tutto, gestendo col pugno di ferro le migrazioni degli oppressi attraverso il finanziamento delle dittature per la gestione delle frontiere, le stragi nel Mediterraneo, la costituzione dei lager libici e l’impiego dei mercenari e dei militari per i rastrellamenti ai confini dell’est Europa e delle coste nord Africane. Nessuna delle loro politiche ha liberato i paesi “in via di sviluppo” dallo scacco del Fondo Monetario Internazionale o della Banca Mondiale.
Ma l’oppressione non si delinea solo su scala mondiale. Anche restringendo lo sguardo più vicino a noi, vediamo che quello che anche in Italia i governi propongono a livello nazionale nella loro forma “post democratica”, non è certo la politeìa, ma la consacrazione delle élite al comando all’insegna del privilegio e del mantenimento dell’ordine stabilito attraverso il profitto.
Infatti, anche i partiti del populismo di sinistra in Europa hanno affrontato con l’austerity la recessione economica, facendola pagare con aumento della crisi del debito agli sfruttati, mentre la delocalizzazione della produzione ha prodotto disoccupati, ulteriori sfruttati all’estero, e l’ingrasso del capitale delle grandi aziende. In certi casi il capitalismo attraverso il protezionismo ha trovato soluzione alla crisi della globalizzazione incrementando la ricchezza dei produttori in una spirale senza fine di disuguaglianza e sfruttamento, per il privilegio di pochi, sulla pelle dei più.
La critica a questo sistema di potere non può che essere totale.
Nell’opposizione a questo ordine autoritario imposto, le rivolte, i percorsi di lotta radicale, le pratiche individuali di liberazione, le rivoluzioni, sono, come da sempre nella storia, i momenti in cui dalla lotta per la dignità e per la giustezza sociale si determina la crescita umana, etica, individuale o sociale, e l’emancipazione individuale o collettiva. Di questo percorso fanno parte anche le lotte anarchiche e le pratiche rivoluzionarie.
Le ribellioni all’oppressione sono avvenute e vivono nonostante il nazionalismo, la repressione o il riformismo, che sempre hanno ristretto gli orizzonti conquistati dalle rivoluzioni e dalle lotte per la libertà, cercando, nell’alveo occidentale, di riportare al centro i valori ordoliberali di produzione e consumo e il monopolio della violenza da parte dello Stato, nell’esercizio dei suoi corpi armati.
In Italia in particolare, questo fu possibile anche grazie a guide politiche che hanno coperto le sue deliberate stragi civili con il segreto di Stato, mentre oggi con l’utilizzo sofisticato dell’apparato legislativo e giuridico, vengono formulate accuse di reato di strage nei confronti di compagni e compagne, rispetto a stragi di fatto mai avvenute. Nel prossimo periodo alcuni/e compagni/e anarchici/e che non hanno rinnegato il loro percorso rivoluzionario vedranno continuare nelle aule dei tribunali italiani processi a loro carico con accusa di strage. Questa ritorsione vendicativa legittimata dal potere è un chiaro tentativo di colpire direttamente i compagni e le compagne ed oltre, la levatura, la coerenza e l’integrità dell’idea anarchica. Questo fa parte dei giochi del potere, anche quello democratico, e del suo continuo impegno nel creare una narrazione storica di massa revisionista che influenzi direttamente la psicologia collettiva e coadiuvi indirettamente la gestione sociale dell’ordine interno nella lotta ai suoi nemici.
A questo proposito va un saluto oltre le sbarre ad un esempio di determinazione e coerenza, il compagno Alfredo Cospito che, durante gli anni di prigionia nelle sezioni di Alta Sicurezza, ha continuato testardamente a difendere la sua idea anarchica e le pratiche rivoluzionarie. Con i suoi scritti aperti al movimento anarchico, con i suoi contributi per incontri e giornali, con la pubblicazione dei suoi libri, ha contribuito al dibattito fuori dal carcere, ha protestato e solidarizzato con gli altri prigionieri senza scendere a compromessi ideologici e politici o a prese di distanza dalle pratiche dell’anarchismo. Ora, anche per lui, si è concretizzato punitivamente lo spettro del 41 bis, il regime di carcere duro che legittima lo Stato a praticare la tortura psico-fisica e pianifica l’annichilimento della persona nell’Italia repubblicana, “libera e democratica”. Infatti Alfredo è stato trasferito in regime 41 bis nei primi giorni di maggio.
Quindi ancor più in questo momento, ribadisco solidarietà e vicinanza ad Alfredo, amico e compagno che ci troverà sempre al suo fianco, e rinnovo la mia solidarietà ai/le compagni/e a processo con l’accusa di strage.
La funzione della repressione è quella di mantenere i rapporti del privilegio, ma finché essi continueranno ad esistere troveranno sempre individui indomiti pronti a combatterli.
Lunga vita all’anarchia.
Evelin Sterni, e anarchica
Breve resoconto dell’udienza preliminare del processo di Genova contro Gianluca ed Evelin
Nel corso dell’udienza preliminare tenutasi presso il Tribunale di Genova il 7 dicembre, è stato disposto il rinvio a giudizio per entrambi gli imputati relativamente ai reati a loro ascritti, esclusa l’aggravante contestata a norma dell’art. 270 bis 1 c. p.
Il processo comincerà quindi con l’udienza filtro del 7 marzo, e secondo il rito ordinario rimanda entrambi con l’accusa di detenzione e porto di materiale esplodente, tentata fabbricazione di ordigni esplosivi/esplodenti. Riprendendo tecnicamente la motivazione giuridica, relativamente al decadimento della finalità di terrorismo viene fatto riferimento alla più recente giurisprudenza in merito, in particolare alla sentenza di Cassazione n. 36816/2020, secondo cui “non è sufficiente il compimento di una qualsivoglia azione politica violenta, essendo necessario che la condotta sia potenzialmente idonea a creare panico, terrore e diffuso senso di insicurezza nella collettività e sia rivolta a d organi di vertice delle istituzioni o di rilievo costituzionale, in funzione del tentativo di sovvertimento dell’assetto costituzionale o di rovesciamento del sistema democratico”.
Nel caso in esame la gup ha giudicato, in linea con la precedente valutazione della giudice per le indagini preliminari, che non sia possibile ritenere che ci siano collegamenti fra il materiale sequestrato e le azioni violente indotte dall’accusa, quindi gli imputati vengono rinviati a giudizio con le accuse delineate sopra, salvo ricorso del PM.
Oltre a questo piccolo resoconto tecnico sull’udienza, di seguito alcune riflessioni sulla repressione come attività generale e continua dello Stato contro gli sfruttati.
Dietro ad ogni scelta giuridica, di collegio o di singolo giudice c’è una scelta politica che caratterizza le sentenze. L’attività repressiva non sempre è correlata in modo direttamente proporzionale e lineare all’intensità di conflitto che le classi sociali e militanti pongono in essere. L’attività di prevenzione dell’ipotesi conflittuale e quella di annientamento del nemico interno è continua da parte dello Stato, ed è volta al mantenimento dell’ordine e del privilegio di classe. Non esistono isole felici o termini dell’azione e del pensiero entro cui sia possibile evitare la risposta repressiva, seppur l’assenza di radicalità nella lotta, togliendo forza alla possibilità rivoluzionaria, determini in ambito sociale e nei rapporti di forza solo punti a favore della controparte.
In questi giorni, in riferimento alla lotta del compagno Alfredo Cospito, si evidenzia come essa sia sempre pronta all’annichilimento dei rivoluzionari, attraverso lo strumento della tortura che praticata in modo diretto, più o meno sistematico nei diversi periodi storici, tende a controllare e reprimere ogni espressione rivoluzionaria e di lotta, riponendo al centro il monopolio della violenza che ne caratterizza il potere, e scagliandosi contro chi osi mettere questo in discussione.
La tendenza vendicativa dello Stato è tesa all’annientamento delle identità rivoluzionarie e funge da monito alle parti sociali che lottano contro le condizioni feroci che lo sfruttamento capitalistico impone.
In questa lotta aperta rientra l’applicazione dei regimi carcerari speciali a cui sono sottoposti i compagni e le compagne come l’esempio dell’applicazione dell’art. 90 sui prigionieri irriducibili.
La pretesa di collaborazione e la esplicita richiesta di abiura politica, ovvero il ricatto imposto dai regimi di carcere speciale come il 41 bis vanno a consolidare i rapporti di forza nella lotta fra le parti, dove si delinea la precisa soglia di appartenenza. Tramite la proposta della collaborazione utilizzata come leva per la fine della tortura contro il prigioniero stesso, lo Stato ottiene più in generale un risultato utile a dar corpo all’indebolimento della lotta attraverso la differenziazione e tramite la dicotomia amico/nemico, buoni e cattivi, posta alla base della logica delle leggi sui pentiti e sulle dissociazioni.
Nel momento in cui si decide di lottare, si deve avere chiaro che qualsiasi nostro impegno, o mancato impegno, si inserisce in questo contesto. In Italia l’accanimento repressivo in tempi recenti ha avuto il suo epilogo con condanne alte contro prigionieri anarchici per i reati loro contestati, usate come monito verso i movimenti di lotta e vendetta nei confronti dei prigionieri stessi e dell’ipotesi di lotta radicale. Il dominio imperialista alimenta la sua guerra agli sfruttati a livello internazionale con l’aumento delle pene a livello interno e il coordinamento delle polizie a livello internazionale con la conseguente deportazione dei prigionieri politici. Questo sigla accordi di guerra ed economici, dove al di là delle regolamentazioni degli ordinamenti, le persone vengono utilizzate come merce di scambio nei patti, nel consolidamento di interessi comuni degli Stati e di classe. Sulla retorica dei diritti umani vince la pratica degli interessi economici e di potere.
Oggi il nostro pensiero e la nostra solidarietà vanno ad Alfredo Cospito e alla sua battaglia contro il 41 bis, ad Anna, Juan e Ivan che con lo sciopero della fame hanno contribuito alla lotta mettendo in gioco la loro vita già privata della libertà personale, a tutti i prigionieri rivoluzionari che in tutto il mondo hanno aderito e solidarizzato con la lotta di Alfredo.
A Nadia Lioce, Marco Mezzasalma e Roberto Morandi che resistono al regime di 41 bis da 17 anni.
Consapevoli che l’unica liberazione sta nella lotta stessa.
Una degli imputati
PDF: Breve resoconto dell’udienza preliminare del processo di Genova contro Gianluca ed Evelin
Presenza solidale con i compagni accusati nell’indagine Diamante e presentazione del numero 7 del giornale anarchico “Vetriolo” (Genova, 7 dicembre 2022)
Mercoledì 7 dicembre a Genova
Ore 09:00: Presenza davanti al tribunale di Genova per sostenere Evelin e Gianluca, la compagna e il compagno rinviati a giudizio con l’accusa di associazione sovversiva con finalità di terrorismo, tentato delitto, fabbricazione, detenzione e porto di materiale esplodente. Evelin e Gianluca saranno presenti in aula.
Siamo al loro fianco, come siamo al fianco di tutti i compagni colpiti dalla repressione, in difesa delle pratiche di lotta.
Ore 18:00: Presso lo Spazio di documentazione Il Grimaldello (via della Maddalena 31/R), presentazione dell’ultimo numero (n. 7, giugno 2022) del giornale anarchico “Vetriolo”. Si tratta del numero uscito successivamente all’operazione Sibilla – che vede fra gli indagati lo stesso Gianluca –, un’operazione repressiva che pretendeva, fra le altre cose, anche la chiusura del giornale.
Per noi sarà l’occasione per insistere sulla necessità di non farsi tappare la bocca dalla repressione, necessità tanto più impellente in queste settimane di intensa mobilitazione contro il 41 bis e al fianco di Alfredo Cospito in sciopero della fame. Ne parleremo con alcuni redattori di “Vetriolo”.
A seguire aperitivo benefit per i compagni colpiti dalla repressione.
Contributo in solidarietà ad Evelin e Gianluca
È accaduto di nuovo, una operazione repressiva ha portato agli arresti due compagni anarchici, Evelin e Gianluca.
Il ROS, congiuntamente alla procura di Genova (città da dove nasce l’indagine) per mano del PM Federico Manotti, hanno allungato i loro luridi tentacoli sino a Roma.
Il Verme Federico Manotti è ben conosciuto in città per la sua campagna antianarchica in cui è riuscito ad ottenere, tra le altre cose, tre sorveglianze speciali nei confronti di due compagne e un compagno.
Come per le operazioni repressive passate, anche in questa: non importa quale sia l’accusa, non importa se si è colpevoli o innocenti, sempre al fianco dei nostri compagni.
Come è stato gia scritto, “contro la repressione: diffondiamo anarchia”.
Solidarietà a Evelin e Gianluca e a tutti i prigionieri anarchici nel mondo!
Per l’anarchia
da Genova
Gianluca ed Evelin: compagni nostri
Mercoledì 16 marzo sono stati tratti in arresto a Roma un compagno e una compagna anarchici, Gianluca ed Evelin.
La procura che indaga è quella di Genova, su mandato del PM Federico Manotti, in un’operazione congiunta di ROS e DIGOS. Le accuse mosse ai compagni sono di “detenzione di materiale esplodente ed esplosivo, tentata fabbricazione di ordigni esplosivi improvvisati, nonché detenzione di materiale esplodente al fine di attentare alla pubblica incolumità”, in concorso con ignoti. La procura ha contestato anche l’aggravante di terrorismo, aggravante poi esclusa dal GIP che ha firmato l’arresto. Sono fissati per domani gli interrogatori di garanzia.
Per il momento i compagni sono rinchiusi nel carcere romano di Rebibbia.
Conosciamo Gianluca ed Evelin, e sappiamo quanto siano persone valide e di cuore, in questa circostanza non è nostro interesse entrare nel merito dell’indagine. Sappiamo invece quanto sia importate in questo momento rivendicarli come compagni nostri, e rimanere spalla a spalla con i nostri compagni, tra le tante questioni, significa anche assumerci collettivamente tutto ciò loro contestato in quanto parte della lotta anarchica rivoluzionaria. Non ci si può sottrarre dal ribadire ancora una volta l’importanza e la necessità di una solidarietà rivoluzionaria dunque, perchè non abbiamo nulla di cui render conto se non del nostro anarchismo e delle pratiche che ad esso, a noi, appartengono.
Nonostante gli epigoni dei Torquemada dell’Italia Stato facciano di tutto per ostacolarci, non fermeranno i nostri percorsi di liberazione.
A loro tutta la nostra solidarietà, come a tutti i prigionieri anarchici ancora rinchiusi nelle carceri sparse per il mondo.
Anarchici Sardi
Con Gianluca ed Evelin. Continuiamo la nostra guerra contro lo Stato e il capitalismo
Mercoledì 16 marzo abbiamo appreso dell’arresto dei compagni anarchici, Gianluca ed Evelin, a seguito di un’operazione congiunta di ROS e DIGOS su ordinanza della procura di Genova.
Gianluca ed Evelin sono accusati di “detenzione di materiale esplodente ed esplosivo, tentata fabbricazione di ordigni esplosivi improvvisati e detenzione di materiale esplodente al fine di attentare alla pubblica incolumità” in concorso con altri.
Di procura in procura, si tenta sempre di costruire nuove accuse nei confronti degli anarchici; solerti funzionari provano a districarsi con “dispositivi” e formule accusatorie trai meandri imprevedibili della libertà. Tuttavia, non ci interessa entrare nel merito delle indagini.
La nostra idea non si ferma davanti alle intimidazioni poliziesche, consapevoli che nel diffondersi della guerra sociale ognuno sta dalla parte che ha scelto in base alla propria volontà e ai propri bisogni.
Esprimiamo vicinanza ai compagni arrestati estendendo la nostra solidarietà rivoluzionaria a tutti gli anarchici imprigionati.
Anarchici a Cosenza
18/03/2022
PDF: Con Gianluca ed Evelin. Continuiamo la nostra guerra contro lo Stato e il capitalismo
Contro la repressione: diffondiamo anarchia. Libertà per Evelin e Gianluca
Libertà per Evelin e Gianluca
CONTRO LA REPRESSIONE: DIFFONDIAMO ANARCHIA
Ieri, mercoledì 16 marzo, nel contesto di un’operazione repressiva sono stati tratti in arresto, a Roma, due compagni anarchici, Evelin e Gianluca. L’indagine e l’operazione sono frutto di un lavoro congiunto del ROS dei carabinieri e della DIGOS, coordinate dalla procura di Genova nella figura del pubblico ministero Federico Manotti. I due compagni sono accusati di «detenzione di materiale esplodente ed esplosivo, tentata fabbricazione di ordigni esplosivi improvvisati, nonché detenzione di materiale esplodente al fine di attentare alla pubblica incolumità», in concorso con ignoti.
Ogni volta che l’apparato repressivo dello Stato ci strappa due compagni, due fratelli, due amici sono ore di rabbia e tristezza. Constatando che le forze repressive svolgono il proprio lavoro, assolvono ai compiti per cui sono state istituite, ai compagni resta la necessità di agire di conseguenza. Anche in questi anni di pace sociale, di restrizioni di massa, di massacri nelle carceri, di disciplinamento, di guerra e di mobilitazione alla guerra totale c’è stato qualcuno che ha agito, che con l’azione ha colpito le strutture e le figure dello Stato e del capitale.
Non siamo interessati ad entrare nel merito dell’indagine, ci interessa invece esprimere chiaramente e ribadire con forza la nostra solidarietà con Evelin e Gianluca e le pratiche di cui sono accusati.
Solidarietà rivoluzionaria con i compagni arrestati e con tutti gli anarchici imprigionati nelle carceri dello Stato.
Anarchici a Spoleto
17 marzo 2022
PDF: Contro la repressione: diffondiamo anarchia. Libertà per Evelin e Gianluca
Arrestati due compagni a Roma
All’alba di oggi, mercoledì 16 marzo, sono stati tratti in arresto a Roma un compagno e una compagna anarchici, Gianluca ed Evelin.
La procura che indaga è quella di Genova, su mandato del PM Federico Manotti, in un’operazione congiunta di ROS e DIGOS. Le accuse mosse ai compagni sono di “detenzione di materiale esplodente ed esplosivo, tentata fabbricazione di ordigni esplosivi improvvisati, nonché detenzione di materiale esplodente al fine di attentare alla pubblica incolumità”, in concorso con ignoti. La procura ha contestato anche l’aggravante di terrorismo, aggravante poi esclusa dal GIP che ha firmato l’arresto. Sono fissati per domani gli interrogatori di garanzia.
Per il momento i compagni sono rinchiusi nel carcere romano di Rebibbia.
A loro tutta la nostra solidarietà, come a tutti i prigionieri anarchici ancora rinchiusi nelle carceri sparse per il mondo.