È uscito il numero 7 del giornale anarchico “Vetriolo”
Sommario:
— Contro la guerra. Quale internazionale?
— Strage politica. Lo Stato italiano alla liquidazione degli anarchici
— Non staremo al caldo durante la tempesta
— Ci troverete al nostro posto, che al vostro non ci sappiamo stare. A proposito dell’inchiesta “Diamante”
— Appunti sull’internazionalismo. Contributo di Francisco Solar
— Un mondo migliore non è mai NATO
— L’anarchismo rivoluzionario contro la desistenza
— La fase nichilista
— Sullo stato d’eccezione. Anatomia di un equivoco
Per richieste di copie: vetriolo@autistici.org
“Vetriolo”, giornale anarchico, estate 2022, numero 7, 20 pagine. Una copia: 2,00 euro. Per la distribuzione, a partire da cinque copie: 25% di sconto. Spese di spedizione escluse. Gratis per le persone imprigionate.
Dando notizia della pubblicazione di questo numero, ne inviamo l’editoriale:
Contro la guerra
Quale internazionale?
Venti cupi accompagnano la redazione di questo nuovo numero di “Vetriolo”, venti di guerra. È ancora il tempo di sacrifici, di fame, di distruzione. Forse come non mai. La guerra tra le grandi potenze, la crisi economica, le retoriche di Unità Nazionale e la politica con l’elmetto, sono, un secolo dopo, l’incubo nel quale la borghesia ci sta di nuovo facendo precipitare. Con la possibilità dell’olocausto nucleare come ulteriore, mortifera incombenza.
Alla mobilitazione generale fa da contrappasso la smobilitazione intellettuale, l’asservimento, il tramonto del pensiero critico. Così sembra di assistere a una forsennata corsa a chi è più servo, una corsa nella quale l’opinionista e il rettore, il politico e l’antagonista fanno a gara ad allinearsi e ad additare il nemico della patria e del bene comune (che poi, se non ce ne fossimo accorti, è sempre il bene dei padroni). Non siamo sorpresi di tutto ciò. Due anni di gestione militaresca della pandemia hanno anticipato, nella sostanza e nelle retoriche di addomesticamento della pubblica opinione, il disciplinamento di massa.
Nessun fronte è il nostro in questo conflitto. Basti ricordare come fino a pochi mesi fa Unicredit e Intesa San Paolo, Berlusconi e Salvini, facevano affari o davano rappresentanza politica a chi faceva affari con la Russia. Il Partito di Mosca oggi non ha sede alle Botteghe Oscure, ma nelle botteghe e nei capannoni del lombardo-veneto. Quel «noi siamo sempre stati in guerra contro l’Eurasia» con cui oggi questi personaggi si riempiono la bocca, non fa che rimbombare un’eco orwelliana intorno alle loro grottesche figure. Tanto meno, avendo massimamente in odio il nostro Stato e il nostro blocco imperialista, possiamo sottacere le servitù atlantiche della sinistra democratica, il trascinarci tutti verso la carneficina in nome dei diritti progressisti e dei progressivi profitti nelle cedole di borsa dei loro burattinai. Sulla NATO, sul lavoro (vedi il job act), sulle restrizioni sanitarie il Partito Democratico sono anni che incarna il partito-regime di questo dannato paese. Forse è ora che lo comincino a capire anche certi antifa in servizio permanente effettivo.
Ai valori dell’internazionalismo bisogna dare gambe e braccia, vale a dire occorre diffondere l’internazionale. Con questa convinzione negli anni, in queste pagine, è stato intervistato il compagno imprigionato Alfredo Cospito, un’intervista che si è concretizzata nel dibattito Quale internazionale?, a nostro avviso di grande valore perché – tra le varie analisi – riesce a superare agilmente uno scoglio su cui da tempo ci eravamo arenati specialmente noi anarchici: quello dell’azione per l’azione, cioè della mancanza di prospettive concrete e materiali da dare alla nostra lotta. Prospettive concrete che inevitabilmente si mescolano con i nostri sogni, quindi con l’orizzonte ideale di sempre: la distruzione dello Stato e del capitale. Allora, una volta superato – assieme alle altre difficoltà – quello scoglio dove ci eravamo arenati, occorre definire quale direzione intendiamo intraprendere. Se le chiacchiere e i buoni propositi, quando non sono saldamente piantati per terra, se li porta via il vento, così non è per le esperienze, qualcosa in grado di sedimentarsi nella pratica e nella teoria, capace di dissolvere le difficoltà contingenti, quotidiane, superando anche i nostri limiti. Sono queste, le esperienze sedimentatesi nella lotta – frammenti di obiettivi realizzati, bagliori che prefigurano la demolizione dell’autorità e la meraviglia del disordine –, che ci possono aiutare a comprendere quale strada intraprendere.
Quelle stesse esperienze che fanno così tanto paura ai padroni e ai governanti. È in questo clima di guerra che si inseriscono i tentativi di tappare la bocca agli anarchici, come lo sono stati i sequestri del nostro giornale, dell’omonimo libro Quale internazionale? e, da ultimo, l’infame provvedimento di internamento in 41 bis scattato nei confronti di Alfredo Cospito.
Quanto accaduto, siamo convinti, non è che l’inizio. Lo Stato sarà disposto a tutto pur di conservare il suo vecchio mondo in rovina. La borghesia lascerà solo macerie alla fine della sua storia – diceva un vecchio compagno – ma noi non abbiamo paura delle macerie. Questa è la nostra condizione e noi saremo sempre pronti, a ricominciare daccapo.
[Alleghiamo l’ultima pagina di questo numero del giornale, realizzata in occasione dei 150 anni dal congresso di Saint-Imier].