Comunicato dell’anarchico prigioniero K. K. dal carcere di Kassavetia (Grecia, dicembre 2024)

Comunicato dell’anarchico prigioniero K. K. dal carcere di Kassavetia (Grecia, dicembre 2024)

La nostra vita è
un inutile ansimare
a scioperi pre-programmati
tirapiedi e auto di pattuglia.
Ecco perché ve lo dico.
La prossima volta che ce lo lasceranno fare
non dovremmo scappare. Dovremmo mantenere la nostra linea.
Non vendiamo i nostri culi così a buon mercato, amico.
Non farlo. Sta piovendo. Dammi una sigaretta.
Katerina Gogou [Κ. Γώγου]

Voci e urla risuonano dall’interno delle celle, dietro i muri e il filo spinato. Stormi di uccelli e aerei da guerra sorvolano le prigioni. Per quanto la meschinità dei tempi voglia farci inginocchiare, ci sarà sempre qualcosa di più forte, la capacità di reagire con occhi scintillanti, la caparbietà di chi lotta per un mondo più bello, il fuoco che brucia dentro di noi e che rifiuta di spegnersi.

L’11 ottobre un ordigno esplosivo viene piazzato in un furgone per le indagini della polizia. I media locali e non solo pubblicano articoli a riguardo. Alla fine di ottobre, vengo informato dai miei amici che nella zona in cui vivo c’è una forte e costante presenza di polizia in borghese. Contemporaneamente, circola la notizia di un ragazzo di 16 anni picchiato da un gruppo di studenti fascisti in un paese vicino. Ero fuori da Messolonghi in quel frangente e sono tornato con l’intenzione di incontrare quel ragazzo di persona, per approfondire la questione e trovare il modo di affrontarla.

Il 7 novembre a mezzogiorno, a 100 metri da casa mia, sono stato arrestato da otto poliziotti in borghese. Fin dal primo momento ho chiesto insistentemente il motivo del mio arresto. Invece di una risposta, ho ricevuto insulti e sarcasmo. Mi hanno fatto salire su uno dei due veicoli in borghese e hanno requisito la bicicletta che avevo con me. Mi hanno portato in una zona isolata vicino al mio quartiere e lì gli abusi sono continuati per circa un’ora e mezza fino a quando mi hanno portato a casa mia, dove mi aspettavano già altri due veicoli in borghese. Viene effettuata un’accurata perquisizione durante la quale vengono sequestrati tutti i dispositivi elettronici appartenenti non solo a me, ma anche ai miei fratelli, rendendoci di fatto impossibile comunicare con i nostri genitori, fuori città per lavoro, e rendendo problematici gli studi di mia sorella, per i quali ha bisogno di un computer. Inoltre vengono confiscati vari oggetti considerati sospetti, come bombolette spray, colori, pennelli, libri e materiale stampato dello spazio anarchico. Una volta terminata la perquisizione mi hanno portato all’A. T. (stazione di polizia) dove sono stato trattenuto per molte ore ammanettato dietro la schiena e, nonostante le mie insistenze, senza che mi venisse concessa l’unica telefonata a cui avevo diritto e senza la possibilità di contattare un avvocato.

Più tardi, essendo finalmente riuscito a mettermi in contatto con un avvocato e con i miei genitori, sono stato portato al centro di detenzione e lì sono rimasto fino a martedì 12 novembre, dove mi aspettavano un pubblico ministero e un investigatore. Durante la mia permanenza, le pattuglie di polizia presidiavano tutti i lati della sezione e le guardie di sicurezza circondavano il perimetro dell’area. Il martedì mattina è stato allestito un enorme spettacolo dell’orrore con due furgoni antisommossa, transenne davanti ai tribunali e telecamere che riprendevano il ridicolo show. Alla fine dell’udienza, è stata decisa la mia detenzione preventiva e la mattina di mercoledì 13 novembre sono stato trasferito nel carcere di Kassavetia.

Viviamo in tempi macabri, in cui persino i libri sono moralmente criminalizzati. È una cosa che abbiamo già visto in molti casi simili e che io ora sperimento all’interno del carcere, dal momento che i libri che mi sono stati inviati non sono mai arrivati tra le mie mani, con il pretesto del rischio di turbamento dell’ordine e della sicurezza dell’istituto.

La polizia in borghese e le norme antiterrorismo sono ben note, quindi non sorprendono nessuno. L’osceno circo di comunicazione che stanno per allestire, il lavoro sporco che i media stanno facendo in stretta collaborazione con i poliziotti, le ironie, le minacce e i colpi non mi terrorizzano. Lo devo in gran parte alle persone che ho incontrato lungo i bellissimi sentieri della lotta. Il loro calore mi ha accompagnato nelle fredde notti nei centri di detenzione della stazione di polizia di Missolungi, mi accompagna nel carcere di Kassavetia e mi accompagnerà in tutte le carceri della repubblica. Vado a testa alta e questo è l’atteggiamento che intendo mantenere.

La guerra sociale è qui e si allarga di giorno in giorno, è nostro dovere ampliare le relazioni sociali e i valori dell’autorganizzazione. I focolai di lotta sono ovunque, da Missolungi al Cile, dalla teoria alla pratica e viceversa. Nulla è perduto, nulla è finito, continuiamo a marciare contro lo Stato, il capitale, il fascismo, il patriarcato, lo sfruttamento, fino all’ultimo respiro… per un mondo libero.

Il sostegno che ho ricevuto mi commuove molto. Non importa quanti lacchè reclutino per piegare la resistenza, la solidarietà li schiaccerà. La nostra rabbia è un fiume e li annegherà.

FORZA A COLORO CHE SI OPPONGONO A OGNI FORMA DI AUTORITÀ

SOLIDARIETÀ CON I COMPAGNI INCARCERATI PER IL CASO AMPELOKIPOI

STATO E CAPITALE GLI UNICI TERRORISTI

AMORE INCONDIZIONATO A TUTTI I COMPAGNI

K. K.,
dicembre 2024,
carcere di Kassavetia

[Pubblicato in inglese in https://actforfree.noblogs.org/2024/12/08/position-of-the-anarchist-prisoner-k-k-from-the-prisons-of-kassavetias-greece/ | Tradotto in italiano e pubblicato in https://lanemesi.noblogs.org/post/2024/12/19/comunicato-del-prigioniero-anarchico-k-k-dal-carcere-di-kassavetias-grecia/]