Presenza solidale al tribunale in occasione della sentenza dell’“operazione senza nome” (Trento, 8 febbraio 2023) + Un copione senza titolo. Sul processo per “l’operazione senza nome” del 25 febbraio 2022 contro Agnese, Stecco, Massimo e Juan
Pubblichiamo l’indizione per la presenza solidale che si terrà l’8 febbraio davanti al tribunale di Trento in solidarietà con i quattro compagni anarchici coinvolti nel’operazione repressiva del 25 febbraio 2022. Di seguito pubblichiamo – tratto da Il Rovescio – “Un copione senza titolo. Sul processo a Trento per l’operazione repressiva del 25 febbraio 2022“, volantino distribuito il 13 gennaio scorso a Trento, che non erano ancora stato pubblicato in questo sito internet.
Presenza solidale al tribunale in occasione della sentenza dell’“operazione senza nome” (Trento, 8 febbraio 2023)
Per la sentenza contro Agnese, Juan, Massimo, da quasi un anno sottoposti a misure cautelari per l’ennesima operazione antianarchica, accusati di aver lottato e solidarizzato contro il carcere e la repressione.
Al fianco di Juan, già condannato a 28 anni per un attacco ad una sede leghista. In solidarietà ad Alfredo, dal 20 ottobre in sciopero della fame contro 41 bis ed ergastolo ostativo.
Presenza solidale al tribunale di Trento, mercoledì 8 febbraio, alle ore 10:30.
[Ricevuto via e-mail e pubblicato in https://lanemesi.noblogs.org/post/2023/02/07/presenza-solidale-al-tribunale-in-occasione-della-sentenza-delloperazione-senza-nome-trento-8-febbraio-2023/]
«Un copione senza titolo». Sul processo per “l’operazione senza nome” del 25 febbraio 2022 contro Agnese, Stecco, Massimo e Juan
Venerdì 13 gennaio si è svolta a Trento la prima udienza dibattimentale della “operazione senza nome”, ovvero l’operazione repressiva scattata il 25 febbraio 2022 con l’emissione di misure cautelari contro Juan, Agnese, Stecco e Massimo. Mentre in tribunale si è parlato della “prova del DNA” con cui si cerca di attribuire a Juan l’attacco contro il Tribunale di Sorveglianza avvenuto a Trento nel 2014 (“prova” puntualmente smontata dal perito di parte della difesa), fuori si svolgeva un presidio di solidarietà partecipato da una cinquantina di compagni, compagne e solidali.
Ancora una volta, l’iniziativa è stata anche un’occasione per ribadire la solidarietà ad Anna e Alfredo, e allo sciopero della fame di quest’ultimo contro 41 bis ed ergastolo ostativo. Alla fine dell’udienza, il presidio si è sciolto per poi ricomporsi di fronte al Tribunale di Sorveglianza di via Jacopo Aconcio: traffico bloccato per alcuni minuti, slogan e interventi per i compagni e le compagne in carcere (oltre che Alfredo, Anna e Juan, anche Rupert e Poza, recentemente incarcerati) o ai domiciliari con tutte le restrizioni (Sasha). La mattinata è terminata con un breve corteo fino alla stazione centrale.
In serata, presso la sala della Filarmonica di Rovereto, un incontro pubblico organizzato dal Circolo Cabana con l’avvocato Flavio Rossi Albertini sulla lotta di Alfredo Cospito e contro il 41 bis ha visto la partecipazione di oltre 200 persone, che hanno animato un dibattito ricco e vivace.
La mobilitazione in Trentino proseguirà questo martedì 17 gennaio con un’assemblea pubblica presso la facoltà di Sociologia di Trento alle ore 18 (seguiranno aggiornamenti). Mentre la prossima udienza (con possibile sentenza) del processo “senza nome” si svolgerà l’8 febbraio prossimo, alle ore 11,00.
Di seguito il volantino distribuito durante il presidio della mattina, utile a far chiarezza sulla “operazione senza nome” del 25 febbraio 2022, e le foto di alcuni striscioni.
* * *
UN COPIONE SENZA TITOLO
Sul processo a Trento per l’operazione repressiva del 25 febbraio 2022
Da diversi anni, forze dell’ordine e magistratura colpiscono compagni e compagne con accuse di varia gravità (spesso puntellate da “prove” e indizi traballanti), accusandoli di aver costituito «associazioni terroristiche» o «a delinquere». Il copione si ripete talmente uguale a se stesso che queste inchieste non hanno quasi mai prodotto condanne per reati associativi, ma hanno sempre lasciato dietro di sé lunghi strascichi di misure cautelari (in carcere e “fuori”), e a volte condanne per alcuni reati specifici. Una costante di questo storyboard è come gli inquirenti diano alle inchieste nomi fantasiosi («Nottetempo», «Ardire», «Prometeo»…), in modo da solleticare l’immaginazione del pubblico e dare un po’ di serietà ad operazioni che spesso di “serio” non hanno molto. Così anche il Trentino, nel febbraio 2019, ha visto la sua buona «operazione contro il terrorismo anarchico», stavolta con il nome piuttosto modesto di «Renata». Risultato: carcerazioni preventive e lunghe misure cautelari per sette compagni e compagne, e condanne fino a 3 anni e mezzo per sei di loro; ma – ancora una volta – la caduta dell’accusa principale di «terrorismo».
Qualcosa di simile, sempre in Trentino, è successo a tre anni di distanza esatti dalla precedente retata. Il 25 febbraio 2022, su ordine dei pm Raimondi, Profiti e Ognibene – gli stessi dell’Operazione Renata – vengono spiccate quattro misure cautelari contro tre compagni e una compagna, accusati di episodi completamente slegati l’uno dall’altro. Juan, già detenuto per altre ragioni, riceve un’ulteriore carcerazione per il danneggiamento a mezzo di un ordigno del Tribunale di Sorveglianza di Trento (un fatto avvenuto nel 2014!), attribuitogli sulla base della falsificabilissima “prova del DNA”. Per Agnese e Stecco, accusati di avere favorito la latitanza di Juan con l’uso di documenti falsi, viene invece disposto l’obbligo di firma. Ma è a Massimo che tocca l’imputazione più surreale: accusato di aver cercato, nell’aprile 2020, insieme ad altri compagni, di far leggere a Radio80 di Rovereto un comunicato di denuncia sulle torture appena avvenute nel carcere di Santa Maria Capua Vetere, viene accusato di «tentata estorsione con finalità di terrorismo»: forse il culmine di quella giurisprudenza creativa sempre più usata in questo Paese per fermare le lotte. A quasi un anno di distanza, se il nostro Stecco è fortunatamente irreperibile, Massimo è tuttora agli arresti domiciliari con questa scusa imbarazzante, mentre Agnese è ancora sottoposta all’obbligo di firma.
Come vedere questa vicenda? Reduce dallo smacco subito con l’Operazione Renata, la polizia politica e la magistratura trentina sono velocemente tornate alla carica col tentativo di costruire un nuovo teorema associativo. Non trovando altro, però, che una manciata di fatti lontani nel tempo e slegati tra loro, hanno dovuto accantonare la consueta contestazione di «associazione terroristica» senza rinunciare allo spettacolo del «contrasto al terrorismo anarchico». D’altronde, portare in Tribunale quattro compagni tutti insieme, anziché in processi diversificati, contribuisce a una sorta di aggravamento reciproco dei reati loro attribuiti (secondo la logica del «dimmi con chi vai e ti dirò chi sei»). Il sottinteso, di cui si cerca di convincere i giudici, è più o meno il seguente: «Condannateli a pene pesanti, perché questi soggetti sono davvero pericolosi». Di fatto, gli anarchici sono ormai trattati come «terroristi» anche quando non sono formalmente accusati di esserlo.
Mentre la repressione avanza contro tutte le lotte, e i reati associativi sono ormai usati anche contro sindacalisti o occupanti di case (come a Piacenza e a Milano); mentre vengono inflitti secoli di galera per delle manifestazioni appena movimentate (come ai “processi del Brennero”); mentre viene perquisito e indagato persino chi si sfoga sui social contro l’ingiustizia o il politico di turno, l’accanimento contro il movimento anarchico non mira solo a spazzare via un’area di lotta che non ha mai abbassato la testa di fronte ai soprusi di padroni e istituzioni, ma anche a spianare la strada a un attacco capitalistico fatto di sfruttamento, guerra e controllo sociale sempre più invasivo.
È secondo questa logica che, per tanti nostri compagni e compagne, le misure non finiscono mai; che altri ancora (come Rupert, Poza, Sasha) sono in carcere, o ai domiciliari con tutte le restrizioni, per il rifiuto di abiurare le loro idee; che il nostro Juan è stato condannato a 28 anni di galera per un attacco contro una sede leghista a Treviso che non ha provocato né morti né feriti; che gli anarchici Anna Beniamino e Alfredo Cospito rischiano l’ergastolo ostativo per «una strage senza strage attribuita senza prove»; che lo stesso Alfredo è stato sottoposto al regime di tortura 41 bis, contro il quale sta mettendo a rischio la propria stessa vita con uno sciopero della fame a oltranza.
Se è innanzitutto per affetto, complicità e vicinanza di idee che vogliamo lottare per i nostri compagni e compagne, la loro sorte non può che stare a cuore a chiunque non voglia piegarsi a questa organizzazione sociale e ai suoi padroni, ormai non disposti a concedere altra libertà che quella di obbedire.
Per questo, mentre si celebra un processo politico talmente squallido da non meritare neanche un titolo, siamo ancora in strada.
Libertà per Juan, Agnese, Stecco e Massimo!
Libertà per Anna e Alfredo!
FUORI ALFREDO DAL 41 BIS!
Trento, 13 gennaio 2023
Compagni e compagne
PDF: Un copione senza titolo. Sul processo a Trento per l’operazione repressiva del 25 febbraio 2022