Comunicato di rivendicazione per l’attacco incendiario contro l’abitazione e contro il servizio di scorta della presidente della Corte Suprema Ioanna Klapa da parte di Fazione dei Provocatori (Atene, Grecia, 27 giugno 2024)

Comunicato di rivendicazione per l’attacco incendiario contro l’abitazione e contro il servizio di scorta della presidente della Corte Suprema Ioanna Klapa da parte di Fazione dei Provocatori (Atene, Grecia, 27 giugno 2024)

“L’ingiustizia non è anonima, ha un nome e un indirizzo”
Bertolt Brecht

Nelle prime ore del mattino del 27 giugno [2024] abbiamo attaccato la casa e la scorta della presidente della Corte Suprema Ioanna Klapa, nella zona di Papagos. Quella sera d’estate, il poliziotto, che si trovava per caso in servizio e che non stava guardando distrattamente foto su Instagram o giocando alle slot machine (nei precedenti sopralluoghi sembrava fosse questo il modo in cui i poliziotti in servizio impiegavano il loro tempo), si è ritrovato a urlare per le bombe molotov che lo stavano bruciando ed è stato trasportato d’urgenza dai suoi colleghi al pronto soccorso, gravemente ferito. Ioanna Klapa, invece di dormire, si è trovata a spegnere disperatamente il fuoco nell’ingresso e nel giardino della sua casa.

Ma perché abbiamo deciso di attaccare Klapa proprio mentre la sua casa era sotto sorveglianza?

In primo luogo, si è trattato di una scelta operativa accompagnata da tre considerazioni politiche. Non si è trattato di una questione di mero desiderio o di convenienza, bensì di un riconoscimento condiviso della necessità di attaccare, sì, sfruttando l’elemento sorpresa, ma su un obiettivo sorvegliato. Una zona in cui, in teoria, il servizio di guardia della polizia studia e prevede i riflessi di un ingaggio diretto per proteggere il personaggio d’alto profilo. In questo campo non c’è spazio per molte analisi. La loro prontezza e lo spirito orgoglioso dei corpi di polizia greci sono stati vanificati. Sebbene la loro preparazione operativa sia stata screditata, in realtà, riconosciamo di non aver ottenuto nulla di particolarmente eccezionale. La vita è continuata come al solito, il mondo è rimasto lo stesso, e la violenza dell’apatia, della miseria e dell’immobilismo persiste. Non ci illudevamo di sferrare il colpo decisivo ai meccanismi della giustizia borghese e della polizia. Tuttavia, per costituire un elemento di sostanziale pericolosità nella guerra sociale, è necessario affinare le risposte violente dal punto di vista quantitativo e qualitativo. Questa constatazione è stata descritta in modo eloquente anche da illustri accademici, in particolare dal giurista Manoledakis: “Il rovesciamento di un potere politico, specialmente oggi che lo Stato ha perfezionato un imponente meccanismo di eliminazione dei suoi oppositori, non può essere fatto sulla carta o attraverso un’idea velleitaria. Per raggiungere il suo obiettivo, il ‘criminale politico’ deve violare, che lo voglia o no, una moltitudine di valori legali, perciò il suo crimine appare sempre molto complicato. Lo Stato è un elemento giuridico che si intreccia con altri elementi giuridici quali la vita umana, la libertà personale, le strutture, i servizi, ecc. Per raggiungerlo bisogna passare attraverso questi valori”. E così abbiamo individuato l’importanza di un’azione di questo tipo e abbiamo raggiunto un obiettivo realistico e incisivo. Ferire la loro sicurezza e la loro arroganza, ferire la tranquillità che provano nelle loro case e nelle loro auto di servizio. Ci siamo riusciti, letteralmente. Le cicatrici della guardia di sicurezza rimarranno a ricordare a lui e ai suoi colleghi, quando le noteranno, che sono vulnerabili, per quanto possano pensare il contrario.

Questo è il secondo aspetto della logica del nostro attacco e delle condizioni nelle quali è stato portato a termine. L’obiettivo centrale del nostro piano operativo era distruggere completamente il veicolo di servizio e ferire il poliziotto, cosa che è avvenuta. Se a qualcuno questo suona troppo violento e straniante per le loro piccole menti umanistiche, allora ci rivolgiamo a chi legge questo testo e che, consapevolmente e con chiaro impegno politico e ideologico, sostiene la violenza rivoluzionaria con ogni mezzo, o a chi ha gioito e riso quando ha sentito la notizia del ferimento di un poliziotto quel giorno. A tutti loro diciamo che quest’azione ha voluto rappresentare un ulteriore contributo al conflitto in corso contro le merde della polizia ellenica. Tale conflitto e la sua prosecuzione lo dobbiamo ai nostri morti. Si tratta di una scelta profonda e consapevole, la cui arma principale è la determinazione che ci spinge a vendicare i nostri morti.

“Il popolo non giudica come i tribunali; non emette sentenze, lancia saette; non condanna i re, li getta nel vuoto”.
Maximilian Robespierre

Sono queste morti che, quella notte, ci hanno spinti a far visita a Klapa e ci hanno spinti a metterla nella posizione di responsabile, invece che in quella di giudice onnipotente a cui è abituata. Klapa ha coperto, e in modo deliberato e ripetuto, il governo per l’omicidio di 57 persone a Tempi, agendo dall’alto della sua posizione di Presidente della Corte Suprema. Abbiamo ritenuto Klapa responsabile di aver coperto e manomesso le tracce lasciate dagli assassini di Néa Dimokratía. Abbiamo ritenuto questa feccia responsabile di non aver provato neanche un po’ di vergogna nell’affrontare i parenti delle vittime. Abbiamo quindi esaminato il suo curriculum come Presidente della Corte Suprema e abbiamo ritenuto che la risposta di fuoco e il terrore dell’attacco nel luogo in cui è ospitato il suo rifugio familiare sia il minimo che si meriti. Non pretendiamo che Klapa e Adilini, insieme ai Bakaimi, possano rendere giustizia. Solo a parlarne ci viene da ridere. Ma vogliamo dir loro una o due cose. Sappiamo bene che tra le peggiori accuse che si possono muovere a un giudice c’è quella di essere controllato dal potere politico. Questo gli provoca una certa allergia. Non hanno nulla di più sacro del mantenimento della facciata del sistema giudiziario civile quale “indipendente”. Dato che non è così improbabile che questo testo finisca nelle mani di Klapa, dato che in fondo la riguarda, le diciamo una cosa che ormai sanno tutti, anche i più ignoranti (a meno che non appartengano all’apparato di partito e al nucleo di Néa Dimokratía): tu zarina di destra, cerca almeno di salvare le apparenze quando proteggi il capo che ti ha nominato e non leccare così tanto il culo al Primo Ministro. Un’altra cosa: ai parenti delle vittime del crimine commesso da coloro che proteggi con tanto zelo farai toubeki1. Risparmia i consigli, perché come hai visto la tua scorta non è stata sufficiente e, come ricorderai, sappiamo dove si trova casa tua.

La necessità di difendere la memoria dei nostri morti non può limitarsi a un gesto violento o a un singolo attacco. Dobbiamo creare in ogni occasione le condizioni che consentano di rispondere direttamente e in modo dinamico ai demagoghi dei nostri pensieri e dei nostri sogni e agli usurpatori delle nostre vite. Lo stesso vale, ovviamente, per chi li protegge. Le condizioni che dobbiamo cogliere nascono anche da esplosioni di violenza di massa come quella del 28 febbraio. Quel giorno gruppi e individui si sono scontrati, esprimendo con forza il desiderio di vendetta per l’omicidio di 57 persone a Tempe. Un’occasione simile non va sprecata. Non nella logica del feticismo della violenza o della semplice opera di epurazione. L’assenza di scontri di massa aggressivi per troppi anni e le poche eccezioni verificatesi hanno danneggiato la capacità di azione delle minoranze militanti e hanno lasciato spazio a una logica complottistica in gran parte di coloro che scendono in piazza. Dalla rettitudine dei rivoltosi di dicembre e dall’ostinazione militante del 2010-2012, siamo passati a un insaziabile securitarismo e al battesimo di poliziotti provocatori con un’ossessione davvero impressionante. La maggior parte delle persone è più o meno consapevole delle responsabilità della sinistra, per non parlare del KKE [ndt. Kommounistikó Kómma Elládas – Partito Comunista di Grecia], in questa opera di propaganda provocatoria. Come se non bastasse, le grandi folle del 28 febbraio dimostrano l’ignoranza generale riguardo al significato e alla necessità di ricorrere a scontri violenti in occasione di manifestazioni di piazza. Non può che far ridere il fatto che tutti costoro, alla notizia di episodi avvenuti in altri Paesi del mondo, tirino fuori dal cilindro le solite grida contro il nuovo greco medio apatico non più in grado di lottare. Solo una presenza conflittuale costante e ripetuta potrà rispondere adeguatamente a tutti questi strombazzatori. Non stupiamoci se tutta questa gente leggerà certe analisi come una provocazione. Rispondiamo loro per strada con la nostra inflessibile e determinata intenzione di attaccare gli sbirri, gli obiettivi capitalisti e le proprietà dello Stato. Se non capiscono a parole, facciamoglielo capire con i fatti. Nello sciopero generale del 9 aprile, le minoranze in conflitto devono, se necessario, rispondere con forza a qualsiasi minaccia alla loro sicurezza da parte di chi si erge a vigilante della pace sociale.

KYRIAKOS XYMITIRIS SEMPRE PRESENTE

“Cosa importa se la morte ci trova? L’importante è che il nostro grido venga ascoltato e che un’altra mano sia al nostro fianco per prendere la nostra arma e che altri ribelli si alzino per cogliere il canto, per ascoltare il nuovo grido di guerra e di rivoluzione”

Dedichiamo questa frase di Che Guevara e il suo significato a Kyriakos Xymitiris, militante della guerriglia urbana deceduto. Non c’è bisogno di parlare di Kyriakos. Le sue scelte hanno parlato da sé. Il suo percorso militante è stato segnato da dedizione, fede e impegno senza riserve nella lotta per la speranza in cui tanto credeva. Il 31 ottobre, a mezzogiorno, Kyriakos Xymitiris se n’è andato troppo presto in seguito all’esplosione di un ordigno in Arcadia Street. Ma i sentieri che lo hanno condotto tra i cicloni di una realtà che cerca di imporre l’apatia e la barbarie, quelle strade che Kyriakos ha percorso con la caparbietà e la passione di ribelle armato, quei sentieri saranno seguiti da tutti noi che ricorderemo il suo passaggio nell’ “illegalità” insieme agli altri fuorilegge Lambros Fountas, Michalis Prekas, Christoforos Marinos, Christos Tsouchouvis e Christos Kassimis. Manterremo luminose quelle strade perché la vita stessa di Kyriakos e il suo sacrificio dimostrano in modo eclatante che le persone che amano la lotta per la libertà e per la vita sono disposte a rischiarle senza pensarci due volte. A dedicarle totalmente alla causa rivoluzionaria.

MARIANNA FORTE E DECISA VERSO LA LIBERTÀ

LIBERAZIONE IMMEDIATA DEI PRIGIONIERI POLITICI MARIANNA M., DIMITRIS P., DIMITRA Z., NIKOS R., ARGYRI K.

Φράξια Προβοκατόρων [Fazione dei Provocatori]

1Nota di Dark Nights:
Il Τουμπεκί (in turco: “tömbeki”) è il tabacco utilizzato nel ναργιλέ (shisha, narghilè). Fino al periodo tra le due guerre, il narghilè era molto diffuso nei caffè. Esistono diverse interpretazioni sull’origine dell’espressione “κάνε τουμπεκί, kane tombeki”, che metaforicamente significa ‘zitto’, ‘chiudi la bocca’. Il narghilè veniva preparato dai “tömbeki”, i produttori di narghilè delle caffetterie, e poiché questi si intrattenevano nella conversazione e impiegavano molto tempo per offrirlo al cliente, quest’ultimo gridava a sua volta: “Kane tombeki”, cioè “interrompi le conversazioni e prepara il tabacco”.

[Pubblicato in greco in https://blessed-is-the-flame.espivblogs.net/athina-ellada-analipsi-eythynis-gia-tin-empristiki-epithesi-sto-spiti-kai-stin-astynomiki-fylaxi-tis-proedroy-toy-areioy-pagoy-ioannas-klapa-apo-tin-fraxia-provokatoron/ | Pubblicato in inglese in https://darknights.noblogs.org/post/2025/04/12/athens-greece-provocateur-faction-takes-responsibility-for-the-incendiary-attack-on-the-house-and-police-guard-of-the-supreme-court-president-ioanna-klapa/ | Tradotto in italiano e pubblicato in https://lanemesi.noblogs.org/post/2025/05/21/comunicato-di-rivendicazione-per-lattacco-incendiario-contro-labitazione-e-contro-il-servizio-di-scorta-della-presidente-della-corte-suprema-ioanna-klapa-da-parte-di-fazione-dei-provocatori-atene-grecia-27-giugno-2024]